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Valentin Ivanov (Foto: soccer.ru / Wikipedia) |
Ecco i Mondiali brasiliani. Il torneo degli esterni offensivi, le vecchie ali (da Neymar a Ribery, Robben, Di Maria, Cuadrado) che sono tornate di moda in Europa, facendo sollevare trofei importanti a big come Bayern Monaco o Real Madrid. Ai tempi dell'Urss, della prima Urss che sfidava l'Occidente, a fine anni Cinquanta, all'altezza del fallo laterale con la maglia numero otto e licenza di andare in porta c'era Valentin Ivanov. Dribbling, accelerazione, fiuto del gol. Un campione, senza mezzi termini.
Uno degli uomini cardine della Nazionale sovietica di quel periodo, che vinceva anche le Olimpiadi del 1956, che si fermava per due volte ai quarti di finale nei Mondiali del 1958 e del 1962, partita al centro di rumorosissime polemiche contro l'avvantaggiatissimo Cile padrone di casa. E che per poco non bissava il successo agli Europei del 1964, persi in finale dopo i tempi supplementari a Madrid contro la Spagna dei fenomeni Gento e Suarez. Assieme a Ivanov, alcuni soliti noti delle narrazioni calcistiche, quando si parla e si scrive di Unione Sovietica: dal portiere mito Lev Jascin al talento di Eduard Streltsov, alla leadership di Igor Netto.
E poi c'era lui, che davanti alla porta non sapeva perdonare. E che ai Mondiali cileni fu anche capocannoniere del torneo. Un trono diviso con i divi del calcio ricordati ancora oggi: da Garrincha, il funambolo brasiliano, all'altro brasileiro Vavà allo slavo Jerkovic. Non male per un talento che entrava nella scuola calcio della Torpedo Mosca da ragazzino. Un tipo con talento: la sua gavetta sui pesanti campi sovietici appesantiti dal freddo fu relativamente breve.
Già nel 1952, infatti, Ivanov passava in pianta stabile nella rosa della prima squadra: centravanti puro, col fiuto del gol, un venerabile maestro, nonostante la giovane età. Tre anni appena e arrivava il debutto in Nazionale, accanto al mitico bomber Nikita Simonjan, che proprio in quella stagione aveva stabilito il record assoluto di reti in una stagione per il campionato russo, a quota 34. Con la Torpedo che vinceva il titolo nel 1960 e si ripeteva nel 1965.
Ma è proprio il 1960 il suo anno indimenticabile: oltre al campionato, si aggiudicava la Coppa nazionale sovietica, guidando la Nazionale con la gloriosa sigla Cccp al successo agli Europei, mettendo a segno tre gol nella fase finale della competizione. La sua è stata una vita per il calcio, passione trasmessa anche al figlio che è stato famoso arbitro, fischiando anche in alcune edizioni dei Mondiali.
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