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Credit: Niyaz Karim |
Mosca è come un vecchio fidanzato. Ci si ama e ci si odia. Se ne conoscono i pregi e si cerca di contenerne i difetti. Dopo anni di “convivenza” si crede di aver orami scoperto tutto, di conoscerne gli angoli più nascosti e quelli meno accessibili agli “estranei”. Ma, nonostante tutto, Mosca, proprio come un vecchio fidanzato, riesce sempre a stupire. E stupisce soprattutto nel preludio della bella stagione, quando ormai il sole resta alto fino a tardi e nei parchi la gente passeggia anche di sera.
E io, come una vecchia fidanzata, sarei in grado di stilare pregi e difetti di questa passione che non mi porta via da qui.
Foto: Kommersant
Ciò che amo di Mosca:
I negozi aperti 24 ore su 24 sono un’attrazione irresistibile. E andare al supermercato alle due della mattina - col silenzio e senza fila alle casse - non ha prezzo;
In primavera i moscoviti sembrano impazzire. Diventano irriconoscibili: si balla ovunque. Nei bar e nei parchi. Sul lungofiume risuonano sempre note di tango e di khastl;
A Mosca tutto è possibile. Ma veramente tutto tutto;
L’odore della metropolitana di Mosca è una cosa che crea dipendenza;
Le luci della Nuova Arbat. Non sono forse un vortice contagioso?
Le cupole del Cremino: ti spiano da qualsiasi angolo della città. E infondono sicurezza, perché sai che, ovunque ti trovi, avrai sempre un punto di riferimento per tornare indietro;
I ristoranti di cucina georgiana. E le ryumochnye. Dove faccio sempre indigestione di cibo;
La dolce cadenza della lingua russa. E il mio perdermi tra i verbi di moto;
I quartieri dormitorio, ipnotici nel loro grigiore;
Allungare il braccio e fermare la prima auto per passa per strada per farsi accompagnare da qualche parte, concordando il prezzo. Mi sembra sempre un gesto molto cinematografico.
Al contrario, non amo:
Il poco rispetto dei cittadini di Mosca nei confronti della natura: perché sprecare litri di acqua e non contenere i consumi di gas?
L’indifferenza di molte persone; un male comune a tante metropoli;
L’odore dolciastro dello smog: la prima cosa che percepisco appena esco dall’aeroporto;
Il rumore. Infinito, stressante rumore. E il dover dormire con i tappi nelle orecchie anche quando le finestre sono chiuse;
La carestia di sorrisi;
Il “non doversi mai fidare di nessuno” (una frase che ho sentito pronunciare molte volte, e che ancora non so se mi sento di condividere);
La maionese nell'insalata (non mi ci abituerò mai!);
Le strade allagate durante i temporali, perché non ci sono tombini;
Le attese infinite al bar per ordinare un semplice caffé;
La gente che spinge inutilmente per salire in metropolitana. Come se non sapesse che dopo 40 secondi ne passa subito un'altra.
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