Divisi tra amici e famiglia

Come si relazionano russi e italiani con le nuove conoscenze? Che ruolo hanno i parenti nella vita delle persone? Alcune riflessioni per capire differenze e analogie tra le due culture
 
Niva Mirakyan
(Archivio personale) 

Una vita senza amici, soprattutto in un Paese straniero, può risultare difficile e monotona. Questo post è dedicato all’arte di fare amici in Italia e in Russia.

Quando mi sono trasferita da Mosca a Roma, lasciando i miei innumerevoli amici, accumulati nel corso di vari anni, non avevo il minimo dubbio che con il tempo anche in Italia sarei riuscita a farmi il mio piccolo giro e a iniziare una nuova vita.

Mi ritengo una persona socievole, in grado di stabilire rapidamente un contatto con le persone. "Che problemi potrei mai avere in Italia, dove la gente è così aperta e amichevole”, pensavo ingenuamente. Tuttavia, alla fine, nella realtà delle cose, non si è rivelato tutto così semplice.

Innanzitutto, per esperienza mia, alcuni italiani, come anche tanti russi, non si fidano molto degli stranieri. Soprattutto quando il rapporto di conoscenza ha inizio sul posto di lavoro dove, di colpo, nella "testa" dei colleghi inizia a ronzare la parola “straniero”, che qui la gente associa di solito direttamente alla categoria dei personaggi "strani” e incomprensibili. Ho provato tutto ciò sulla mia pelle, quando lavoravo come stagista in una grande azienda italiana. Durante i primi mesi, i miei nuovi colleghi mi trattavano in maniera molto cauta e circospetta, perché per loro, non ero solo una nuova collega ma anche una straniera - per non dire una sorta di alieno giunto da un pianeta freddo e misterioso chiamato Russia. Per la prima volta nella mia vita mi sentii come un’autentica "pecora nera". Una sensazione, devo dire, per nulla piacevole. Poi, però, col passare del tempo, i miei colleghi si sono abituati alla mia presenza e si sono resi conto che non costituivo nessun pericolo per loro, né che volevo rubare loro il posto di lavoro, e con molti ho iniziato ad avere dei normali rapporti personali (seppure non ancora del tutto amichevoli). E ora inizio a capire che non era dovuto tutto solo alla mia nazionalità.

Foto: Getty Images/Fotobank

Sempre nella medesima società notai una tendenza interessante: i colleghi, a volte anche di uno stesso dipartimento, non sono soliti fare amicizia tra di loro. Vanno, ovviamente, a pranzare assieme, si scambiano pettegolezzi sul capo, ma per sviluppare un rapporto autentico di fiducia, di solito, scelgono o chi hanno seduto direttamente affianco o, in casi estremi, qualcuno del dipartimento vicino. Tutto ciò mi sembrava davvero strano, considerato che in tutti i miei lavori precedenti, in Russia, avevo sempre avuto un rapporto stretto con i miei colleghi e con molti, a distanza di anni, mantengo ancora relazioni cordiali. In Italia, in base alla mia esperienza, i rapporti tra colleghi raramente varcano i confini dell’ufficio, a meno che, ovviamente, non si tratti di un’impresa familiare.

Guardando con più attenzione, mi sono resa conto poi, con grande sorpresa, che gli italiani, non solo sul posto di lavoro, ma anche nella vita in generale, sembrano non sentire molto il bisogno di avere degli amici: nessuno, nemmeno l’amico più stretto è in grado di competere con la potente “istituzione” che in Italia è la famiglia. Ciò non significa che gli amici non esistano come categoria, solo che, a livello di importanza, vengono dopo tutti i parenti e i famigliari, i quali occupano quasi tutto lo spazio vitale degli abitanti degli Appennini, di modo che al resto tocca “mettersi in fila”.

Anche da noi, in Russia, la famiglia è, senza ombra dubbio, molto importante, ma gli amici hanno un peso maggiore. Si può persino dire che arriva un momento nella vita di qualsiasi russo (di solito sono gli anni dell’università), in cui gli amici spodestano quasi completamente genitori e parenti. Poi, con gli anni, tuttavia, arriva il ritorno alla realtà e con esso la consapevolezza che nessuno mai ti capirà e ti sosterrà come la famiglia. Tuttavia, la celebre frase: "l'amicizia è un compito di ventiquattro ore" per i russi non è solo un mucchio di parole al vento. Per un amico, i russi sono disposti, se necessario, a passare per fuoco e fiamme, mentre in Italia (e mi potrei, ovviamente, sbagliare), per un amico, la gente non rischierebbe più di tanto. Tutto perché qui le priorità sono altre.

Ho avuto la prova definitiva della devozione degli italiani nei confronti della famiglia, quando in Italia si sono tenute le ennesime elezioni. Quando ho chiesto a un politologo come mai esse durassero due intere giornate, ho ricevuto una risposta esauriente ma che a momenti quasi mi commuoveva.

"Be’, non è evidente?", mi ha risposto, sorpreso dalla mia domanda, l'esperto, "In Italia siamo soliti trascorrere la domenica con la famiglia, e se qualcuno non ha avuto il tempo di andare alle urne in questa giornata, può andarci senza problemi il lunedì”.

Personalmente, trovo questa posizione, che, di fatto, è appoggiata a livello statale, una cosa molto carina. Alla fine, senza la propria famiglia una persona si sente indifesa e molto sola. Tuttavia, è stato proprio a causa di questo approccio, che a persone come me, i cui cari vivono a centinaia di migliaia di chilometri, è costato parecchio fare degli amici veri in Italia.

Di solito è abbastanza facile trovare qualcuno che voglia prendersi un caffè o chiacchierare davanti a un aperitivo, ma trovare qualcuno che sia disposto a costruire rapporti di amicizia più profondi, è quasi una chimera. Senza contare poi che arriva un’età in cui trovare qualcuno compatibile con voi è molto difficile. Ma i "miracoli", per fortuna, esistono, e mio marito ed io siamo riusciti a trovare degli amici intimi, nonostante, anche loro, nel rispetto delle tradizioni locali, cerchino, a volte, con un pretesto plausibile, di “liberarsi di noi” per trascorrere il tempo libero con i genitori e i numerosi fratelli e sorelle. Non c’è niente da fare: la famiglia in Italia è sacra!

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