Voronin, l'antidivo del pallone

Icona del calcio sovietico. Alter ego del fenomeno Streltsov. Un fuoriclasse capace di imporsi a livello internazionale, prima di quell’incidente d’auto che segnò drasticamente la sua carriera

L'anti eroe più forte nella storia del calcio sovietico. Poco si sa, poco è stato scritto su Valerij Voronin, talentuoso centrocampista dell'Urss negli anni Sessanta, ricordato come l'Alain Delon russo. Pezzo di una selezione di fuoriclasse che si impose a livello internazionale, dal portiere mito e Pallone d'Oro, il Ragno Nero Lev Jascin, passando per Netto, Chislenko e Ponedelnik. Atleti con cognome poco impresso nella memoria emotiva degli appassionati. Anche perché nessuno di loro ebbe mai il permesso di giocare lontano dall'Unione Sovietica.

Voronin era il fulcro della Torpedo Mosca negli anni Cinquanta. Collante di ottimi calciatori come il trequartista Gennady Gusarov, la punta Valentin Ivanov, il difensore Viktor Shustikov. Lui li teneva assieme come solo un grande cervello sapeva fare in campo. Nell'Urss non c'era la star calcistica come nei campionati europei. O meglio, era ai lavori forzati per sette anni in un gulag siberiano. Eduard Streltsov, il Pelè bianco, raffinato e controverso prodigio che perdeva la libertà per uno stupro mai commesso. Pagava il carattere ribelle, il rifiuto di giocare nel Cska Mosca mettendosi contro il Partito comunista, con la Torpedo che perdeva il suo calciatore migliore.

Ma c'era Voronin, antidivo del pallone. Meno talento di Streltsov, di cui era grande ammiratore due anni in meno ma tanta materia grigia sul terreno di gioco. Tattica e tecnica, con lui l'Urss partiva forte ai Mondiali 1962 finendo fuori ai quarti di finale contro il Cile, padrone di casa. Ma Voronin era la stella dell'Unione Sovietica. Inserito nella squadra ideale degli Europei 1964, con i sovietici sconfitti in finale dalla Spagna. E pure con la Torpedo Mosca il successo finale non arrivava mai. Ma l'anno dopo Strelsov riemergeva dal gulag. C'era la possibilità di mettere assieme i due talenti per dare successi alla Torpedo e alla Nazionale sovietica. Streltsov più avanzato, ancora forte ma indebolito dalla prigionia, Voronin a coprirgli le spalle. La Torpedo vinceva il campionato dell'Urss.

Per il primo, ancora niente Nazionale. Mentre il secondo era perno ai Mondiali (quarto posto finale, miglior piazzamento nella storia dell'Urss) e agli Europei, due anni dopo. Poi, il colpo di coda del destino. Un incidente stradale dovuto al sonno lo portava lontano dal campo a meno di 30 anni. Vivo per miracolo, segnato nella mente, non nel corpo. Depressione, alcolismo, cattive compagnie. Fino alla fine, nel 1984, a 45 anni, ritrovato in mezzo ad alcuni cespugli nei pressi di un autostrada. Morto senza motivazioni, con autori ancora sconosciuti. 

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