Cile-Urss e quella partita mai giocata

La partita mai giocata nello stadio della Nazionale cilena (Credit: fonte libera)

La partita mai giocata nello stadio della Nazionale cilena (Credit: fonte libera)

Il golpe di Pinochet. Un calcio di inizio mai fischiato. E il rifiuto della Nazionale sovietica a disputare lo spareggio per la qualificazione ai Mondiali nello stadio della discordia

La partita più famosa al mondo che non ha avuto un calcio di inizio. Con il calcio che diventava ancora una volta organico ai disegni misteriosi, a volte, meschini, della politica. Ventuno anni fa, novembre 1973, Cile – Urss valeva la qualificazione ai Mondiali tedeschi, vinti poi dai padroni di casa contro l’Olanda del calcio totale di Johann Crujff. Sudamericani contro sovietici, due visioni del mondo contrapposte.

In Cile la giunta militare del generale Augusto Pinochet prendeva il comando del potere con un golpe militare, con l’occhio benevolo degli Stati Uniti. Salvator Allende si suicidava, per non consegnarsi vivo. Finiva il suo sogno socialista.

Lo stadio della nazionale cilena, l’Estadio Nacional, che avrebbe dovuto ospitare la partita contro la CCCP era un campo di concentramento per i dissidenti della legge del regime. Operai, studenti, artisti, semplici sospetti. Tutti sotto sequestro, molti non più ritrovati, tante vittime accertate.

Così i sovietici non ci stavano a scendere in campo, dopo lo 0-0 della gara d’andata a Mosca, poche ore dopo la presa del potere di Allende. Niente calci e tiri in porta in uno stadio dove tanti prigionieri – circa un migliaio - avevano perso la vita pochi giorni prima. Meglio giocare in campo neutro, come propose il segretario del Pcus Leonid Breznev, ma la richiesta arrivata negli uffici della Fifa non diede effetti sperati, anche perché in quel periodo erano tanti i Paesi che non brillavano per democrazia interna. Quindi, in campo, davanti a 20mila spettatori, allo stadio più grande del Paese, a Santiago. Per la farsa più macroscopica della storia del pallone.

Cileni al completo, nonostante la vittoria a tavolino, l’ordine governativo stabiliva che la rete del successo simbolico fosse messo a segno dal capitano, Francisco Valdes, a pochi passi dalla porta dopo un’azione corale di tutti quelli in campo. L’idolo del Colo Colo, in pratica la Juventus del campionato cileno. Sulle tribune, la schiera di gerarchi che incutevano il terrore nel paese sudamericano. Tra i calciatori cileni, c’era chi meditava il gran rifiuto. Carlos Caszely, uno dei migliori cileni della storia, voleva calciare la palla fuori dal rettangolo di gioco. Ma non lo fece. In futuro si rifiuterà di dare la mani a Pinochet in un incontro pubblico. E altri compagni di squadra poi vomiteranno negli spogliatoi per il disonore.

Dopo aver perso 5-0 l’amichevole successiva alla farsa contro i brasiliani del Santos. L’anno dopo, Cile ai Mondiali, Urss a casa. E calcio sconfitto. 

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