La quinta meraviglia di Mosca

Disegno di Natalia Mikhaylenko

Disegno di Natalia Mikhaylenko

L’avvocato russo più famoso fu Fedor Plevako (1842-1908). Il suo nome divenne un luogo comune: per trovare un avvocato si diceva “cercare, rivolgersi a un plevako”

Riceveva posta indirizzata semplicemente così: “Mosca, all’avvocato Plevako”. Da giovane per poco non divenne un rivoluzionario, ma in seguito si tenne accuratamente alla larga dalla politica. Cercò di non intervenire nel processo politico, ma qualsiasi cosa facesse non poté evitarlo del tutto. Plevako assunse la difesa degli studenti che avevano organizzato manifestazioni politiche, dei contadini in rivolta, degli operai. Le sue cause fecero scalpore: in tribunale quasi certamente erano presenti combattenti pronti a lanciare bombe e per bloccarne l’accesso si schieravano reggimenti di polizia. Quando difese i contadini, Plevako affermò: “Ho trovato alcuni facinorosi e li voglio consegnare alla giustizia. Si tratta dell’indigenza senza via d’uscita, del regno dell’arbitrio, dello sfruttamento disinvolto che trascina tutti alla rovina…Ecco, questi sono i facinorosi!”. Il giudice dovette assolvere i contadini.

È a Plevako che Lev Tolstoj indirizzò i suoi coloni in difficoltà, e gli chiese: “Fedor Nikiforovich, salvate questi disgraziati”. Plevako non difese soltanto imputati innocenti, anzi. Nella sua arringa in occasione del processo a una donna accusata di aver avvelenato il marito, lo disse chiaramente: “Se mi domandate se sono convinto della sua innocenza, non vi risponderò in modo affermativo. Non voglio mentire. Ma non sono neppure convinto della sua colpevolezza. Quando si tratta di scegliere tra la vita e la morte, tutti i dubbi devono giocare a favore della vita”. Tuttavia, evitò di assumere la difesa nelle cause palesemente perse in partenza.

Ai poveri non chiedeva di essere pagato, ma ai commercianti faceva pagare ingenti onorari. Un giorno un cliente che non aveva compreso la parola “anticipo” gli chiese che cosa significasse. Egli rispose: “Sai che cosa è un acconto?” – “Sì, lo so” – “Beh, un anticipo è come l’acconto, ma tre volte più grande”. Con quei soldi noleggiava battelli sul Volga e organizzava feste scatenate ad Astrakhan e a Nizhnij Novgorod. Era un oratore nato. Non scriveva mai le sue arringhe prima di farle, ma dopo il verdetto, su richiesta dei giornalisti e, se trovava il coraggio, talvolta scriveva tutto ciò che aveva appena detto.

Un esempio tipico della sua arte oratoria fu il caso del prete ladro. Un prete rubava i soldi nella sua stessa chiesa. Le prove erano evidenti e del resto il prete aveva confessato. La situazione sembrava disperata. Ma Plevako scommise che avrebbe parlato soltanto un minuto e fatto prosciogliere il prete. Per tutta la durata del processo mantenne il silenzio più assoluto e non formulò neppure una domanda. Poi, alla fine, si alzò e pronunciò un’unica frase: “Signori giurati, per tutta la sua vita il mio cliente ha perdonato i vostri peccati, adesso, per una volta sola nella vostra vita, perdonate il suo!”. Il prete fu prosciolto.

Un altro esempio è il caso della vecchia che aveva rubato una teiera. Il procuratore incaricato dell’accusa insistette sul fatto che la proprietà è privata, che non si deve insidiare questo principio senza il quale il paese andrebbe incontro alla rovina. Plevako si alzò in piedi e disse: “La Russia ha dovuto sopportare molte sventure, superare molte prove nel corso dei mille anni della sua esistenza. L’hanno dilaniata i pecheneghi, come pure i polovesi, i tatari e i polacchi. Popoli di almeno una dozzina di lingue diverse si sono scagliati contro di lei e hanno conquistato Mosca. La Russia ha sopportato di tutto, vissuto di tutto, e dopo queste prove è diventata più forte. E adesso…una vecchia ha rubato una teiera di latta del valore di 30 copechi. Questo, naturalmente, la Russia non potrà sopportarlo. Sarà la sua rovina…”. La vecchia fu prosciolta.

Un giorno si giudicò un caso di omicidio: un uomo aveva ucciso la moglie. Quando venne il turno dell’arringa per l’avvocato, nella sala si levò un forte rumore che gli impedì di parlare e tutti si agitarono. Plevako si alzò in piedi e disse: “Signori giurati!”. Il chiassò diminuì. Plevako riprese la parola e ripeté: “Signori giurati!”. Un brusio attraversò la folla, ma nessuna arringa ebbe inizio. “Signori giurati!”. Il pubblico ricominciò ad agitarsi. E poi ancora: “Signori giurati!”. La sala scoppiò in un urlo, la situazione era inconcepibile. Ed ecco che Plevako alzò una mano e disse: "Ecco fatto. Avete sopportato appena un quarto d’ora. Che cosa deve aver sopportato questo povero uomo che per quindici anni ha ascoltato le lamentele di una moglie biliosa?”. La sala rimase paralizzata, poi scrosciarono gli applausi. All’inizio del secolo scorso si riteneva che Mosca contenesse cinque meraviglie principali: la campana dello zar, il cannone dello zar, la cattedrale di Basilio il Beato, la galleria Tretjakov e… l'avvocato Fedor Plevako!

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