Una giornata d’inverno in Russia (Foto: Dmitri Porechniy)
Della mia Russia
Della mia Russia vituperata
Mi manca in quest'inverno
Mediterraneo la neve santa,
La neve fredda, la neve fragile,
La neve bianca a scendere,
A fioccare a lungo, addormentando;
Sulle strade dei villaggi, sulle vie
Della mia città - Kiev di tutta la Rus'
Che come Roma Eterna
Al mio pensiero è cara.
Giornate brevi, neve alla finestra,
Il fiume ghiaccio. Le piccole orme,
Sul soffice manto, del nostro gatto
Che attende di entrare in casa,
E i libri letti di sera al focolare;
Carbone e legna portati dentro
Hanno l'odore freddo che spezza
Di gioia il fiato, come un miracolo.
Questo solo mi manca,
Come le poesie di Esenin,
Come il primo batticuore
Che non dimentico.
Questa poesia la scrissi qualche anno fa, quando non si parlava ancora della crisi ucraina e della presa di posizione della Russia. Scrissi già "della mia Russia vituperata" perché sulla Russia si è sempre detto molto e non sempre bene. Non vorrei qui parlare di politica e non lo farò, voglio solo dire che per me la Russia è la mia patria spirituale. È la terra dove venni alla luce e dove udii e dissi la mia prima parola. La mia è un'appartenenza fisica al paesaggio, alla neve, al colore del cielo, al respiro della terra russa. Forse è per questo che i russi chiamano la Russia - madre. Io non saprei dire cos'ha di speciale per i russi la loro terra, so solo che è così. E non credo sia frutto di propaganda. L'amore è frutto solo d'amore: che sia esso per un uomo, una donna, i figli, la patria.
Una giornata d’inverno in Russia (Foto: Dmitri Porechniy)
Nata in Russia, sono cresciuta in Ucraina, e non avevo mai percepito la differenza né tanto meno l'inimicizia o l'odio tra i due popoli. Ma mi rendo conto che la storia delle diverse etnie in Russia, dopo la fine dell'Unione Sovietica, è una storia complicata: è un po' come fu a Roma antica - una mescolanza di popoli, culture, tradizioni, religioni, civiltà, anche se lo stesso possiamo dire della Roma d'oggi, dove convivono le persone di tante nazionalità, in prevalenza e volutamente in comunità separate tra loro, e non vedo, per ora, l'integrazione di cui tanto si parla. E non è che ciò sia determinato dalla cattiva volontà dell'una o dell'altra parte - lo è semplicemente perché il processo dell'integrazione non è un processo breve o facile. Non a caso i romani dicono che un vero romano è colui che possa vantare le sette proverbiali generazioni.
E tornando all'Ucraina sovietica: a scuola noi si studiava sia lingua e letteratura ucraine che quelle russe. Io parlo l'ucraino e il russo e scrivo oggi la mia poesia in italiano, perché vivo in Italia. A volte sono presentata come poetessa russa e altre volte - come poetessa italiana. Se sono integrata? Forse sì, fermo restando che il mio amore per la Russia e il mio dispiacere per le scene che ho visto via Internet e ai telegiornali, trasmessi dalla piazza centrale di Kiev distrutta, rimangono tali. E spero tanto che il manto stradale dei famosi viali di ippocastani, un simbolo della città di Kiev, non sia stato distrutto per estrarre delle pietre a d'uso dei manifestanti della tristemente nota piazza dove insieme ai copertoni da bruciare si è tentato di distruggere i sentimenti d'amicizia e d'amore tra le persone.
Trovo che la violenza porta inevitabilmente alle manifestazioni di disamore. Come trovo che siano di disamore e poco corrette le contestazioni di alcuni intellettuali russi rivolte alla linea politica della Russia con le lettere e contro lettere aperte e, soprattutto, le conseguenze che ne derivarono: e non certo per i contestatori, per l'assurdo che possa apparire. Quello che più mi spiace è che tra questi intellettuali di professione ci siano dei poeti. Scusate questo mio disappunto che altro non vuole essere che una riflessione. E parlando di poesia russa, ch'è il nostro tema principale, vorrei presentarvi un poeta e musicista lettone, Sergej Timofejev, che scrive in russo. Ho trovato per voi questa sua poesia in traduzione di Paolo Galvagni.
I giorni degli angeli
Gli angeli sono ragazzi molto lenti,
Che fumano nel pugno certe
Sigarette di cioccolato.
Fanno vuote chiacchiere
Là, nei cieli.
Le nubi sanno di vaniglia.
Tutto è così pulito, sicuro, curato,
Come la colazione in un aereo,
Che sta in aeroporto
In una sosta perenne.
Talora guardano vecchi film d’azione
E pensano che anche loro potrebbero…
Poi vanno insieme chissà dove,
Un po’ cupi.
Arrivano – è un giardino,
Camminano sotto i meli, scelgono
I frutti dall’albero della conoscenza del bene
E del male. Mordono. Masticano. Per loro
Sono innocui, come tutto il resto.
Passa la giornata, ne giunge un’altra.
Guardano ancora i film d’azione in una tv
Grande come il cielo.
E essendoci presto la festività di Pasqua ortodossa che quest'anno è in concomitanza con la Pasqua cattolica, chiudo con la poesia del poeta ucraino Taras Shevcenko, sempre in traduzione di Paolo Galvagni.
Il giorno di Pasqua, sul fieno,
Rivolti al sole, i bambini
Giocavano con le uova colorate (*) –
Cominciarono a vantarsi dei regali.
A uno per le feste avevano
Adornato con un ricamo la camicetta.
A quella avevano comprato
Un nastrino, un fiocco all’altra.
A chi un cappellino di agnina,
Scarpette di pelle di cavallo,
A chi un panno grosso. Solo una
Sedeva senza nulla da spianare,
Un’orfanella, con le manine
Nascoste nelle maniche.
– La mamma me l’ha comprato.
– Il babbo me l’ha aggiustato.
– E a me la madrina
Ha ricamato un ricamo.
– E io ho pranzato dal pope, –
Disse l’orfanella.
[Prima metà del 1849, Kos-Aral]
(*) Sono tradizionali per la Pasqua ortodossa le uova colorate (“krašanky”).
Sergej Timofeev è nato nel 1970 a Riga, dove vive tuttora. Ha cominciato a scrivere versi in russo alla fine degli anni Ottanta. È stato uno dei primi nello spazio post-sovietico a elaborare il genere del video poetico. È il leader del gruppo Orbita. Ha pubblicato le raccolte poetiche Sobaka, skorpion [Cane, scorpione] (San Pietroburgo 1994), Vospominanija disk-žokeja [Ricordi di un disc-jockey] (Riga 1997), 96\97 (Riga 1998), Počti fotografii [Quasi fotografie] (Riga 2003), Sdelano [Fatto] (Mosca 2003), Stereo (Riga 2012). Suoi versi sono apparsi in traduzione italiana nelle riviste “Poesia”, “L’Immaginazione” e nei volumi La nuova poesia russa (Crocetti 2003), Nell’orbita di Riga (L’Obliquo 2006).
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