Una coppia si abbraccia guardando il tramonto su Roma (Foto: Getty Images/Fotobank)
Ottobre 2013. Io e Sergei ci incontriamo nell'atrio di uno degli alberghi a cinque stelle di Roma. Sergei ha 35 anni, è biondo e ha gli occhi azzurri. D'aspetto interessante, a parte le orecchie stranissime, il ricco giovanotto russo mi accoglie con una flemma quasi irritante. Dopo aver sbrigato le pratiche necessarie per alloggiarlo nell'hotel, iniziamo la nostra passeggiata romana. La prima tappa è via Condotti. Shopping. Negozi di scarpe. Fino all'ora di pranzo non fa altro che misurarsi le scarpe senza acquistare nulla. Pranziamo in una osteria vicino al Pantheon. Sergei è piacevolmente sorpreso dall'abbondanza delle portate. Gli dico che è una tradizione romana, quella di sfamare il forestiero. Specialmente in un'osteria.
Durante il pranzo lo scopro essere un commensale gradevole: conosce la poesia, la storia, la letteratura e ne parliamo. Gli piace Roma. Mi dice, anche lui come tutti i russi, che i russi assomigliano agli italiani in tante cose. Magari non è proprio così, ma so che ai russi piace pensarlo e non lo contraddico. Mi dice anche che vorrebbe visitare il Colosseo. Sono curiosa: come mai è solo? Apprendo così che è sfortunato in amore. Ha avuto qualche fidanzata ma alla lunga si rivelarono storie senza seguito. "Vorrei trovare una ragazza che mi voglia bene così come sono, senza cercare di cambiarmi". Pensiero universale.
Dopo il pranzo visitiamo il Pantheon, la piazza del Campidoglio, il Colosseo, la Basilica di Santa Maria Maggiore e la Scala Santa. La Scala Santa. Sergei sale in ginocchio. Forse sta chiedendo al Signore di concedergli una brava ragazza che non abbia voglia di cambiarlo a tutti i costi? Comincia a diventarmi simpatico, orecchie a parte, e, mossa dall'impeto altruistico, decido di portarlo a Santa Maria in Cosmedin (la Bocca della Verità per i romani). Per fare prima, al parcheggio di San Giovanni prendiamo il taxi. Forse non tutti sanno che la chiesa di Santa Maria in Cosmedin è nota non solo per la Bocca più famosa del mondo ma lo è pure per l'altare della reliquia (il capo) di San Valentino, il patrono degli innamorati. Una volta dentro la chiesa spiego a Sergei dove siamo e quello che dovrebbe fare. Sergei accende una candela all'altare del Santo e rimane lì fermo, a lungo. E questo a ottobre.
Poi nei primi di gennaio squilla il telefono e la voce flemmatica di Sergei mi annuncia che saranno a Roma, domani. Saranno, plurale. Bene, sono impaziente. Lei è una bella ragazza, semplice e forte della sua bellezza quieta, lui è persino emozionato. Pranziamo nella solita osteria, vicino al Pantheon. Lei è vegetariana, sorride spesso e parla poco. Nel pomeriggio facciamo un giro della città. Fuori fa freddo ma lei resiste e non dà a vedere. E naturalmente, non sa niente di Santa Maria in Cosmedin. Chiedo a Sergei se è il caso di ringraziare il Santo? Mi risponde di sì e questa volta vi andiamo a piedi. Il nostro è una sorta di pellegrinaggio.
Entriamo in chiesa, io vado a sedermi in disparte e attendo, mentre loro accendono le candele all'altare di San Valentino e all'immagine bizantina di Santa Maria. Vi si trattengono un bel po'. Pregano, senza meno. Chissà se chiedono a San Valentino la stessa cosa? Sicuramente chiedono amore. Io non so se lei è quella giusta e se staranno insieme per sempre ma mi viene da pensare che se i poeti considerano "la poesia come un essere vivente", quasi una divinità che si prende cura dei nostri sogni, a maggior ragione lo è la preghiera. E magari lei è proprio quella che fa per lui. Ma se dovesse essere il contrario non vorrei davvero saperlo, poiché credo nella preghiera così come ho sempre creduto nella poesia.
Ci sono creature, i cui sogni
Sono preghiera.
Appena si addormentano -
Corrono sempre più in alto,
E veloci e ardenti dicono
Il Nome del Signore
Contro il cuscino,
E si svegliano improvvisamente
Ripetendo - Salvatore, Elohim.
Di giorno invece hanno
Gli occhi vuoti,
Parole più incerte di un'ombra
Sottile, tutti i loro giorni sono -
Detrazione. Aspettano le notti,
Sapendo a malapena -
Di essere semplici
Monaci delle loro visioni
(Elena Schwartz, Leningrado, 1948 - San Pietroburgo, 2010)
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