Oleg Blokhin (Foto: Imago/Legion-Media)
Lo Zar per eccellenza del calcio sovietico. Con i jeans occidentali e i capelli lunghi, al vento, mentre agli altri era vietata la folta chioma. Oleg Blokhin è rimasto nell'immaginario collettivo degli appassionati del pallone quanto Lev Jascin, il mitico portiere dell'Urss, il Ragno Nero. Perché un gol è l'essenza del football, come una grande parata. Il 9 settembre 1975, con la maglia della Dinamo Kiev, dribblava quattro avversari - i tedeschi del Bayern Monaco - in un fazzoletto di terra e metteva la palla in rete. Tra gli avversari, anche Franz Beckenbauer, che meno di un mese dopo si vide segnare contro una doppietta dall'asso sovietico, nella gara di ritorno.
La Dinamo vinse la Supercoppa Europea (qualche mese prima, anche la Coppa delle Coppe), il mitico Bayern veniva battuto e Beckenbauer diceva che Blokhin era il più forte calciatore mai affrontato nella sua carriera. Attimi di immortalità sportiva. Con Blokhin che vinceva dopo qualche settimana il Pallone d'Oro. Un anno dopo la finale ai Mondiali tra Germania e Olanda. Competizione che l'Unione Sovietica saltò, rifiutandosi di giocare lo spareggio-qualificazione contro il Cile per motivi politici. Così Blokhin perdeva la vetrina (giocherà i Mondiali 1982 e 1986) che l'avrebbe piazzato tra i più grandi di sempre. Nell'era di fuoriclasse senza tempo come lo stesso Beckenbauer, Crujff, Rivera. Ma lui era zar e stella della Dinamo Kiev che vinceva addirittura due Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea in 11 anni (i club del calcio dell'Est difficilmente emergeva a livello continentale), oltre a otto titoli nazionali, cinque Coppe nazionali.
Blokhin, oltre a segnare (42 reti in 112 presenze con la gloriosa maglia della Cccp) era una scheggia. Pare corresse i 100 metri piani in meno di 11 secondi, tempi da cronoman puro. Anche perché si allenava sugli scatti con l'amico Valeri Borzov, lo sprinter amico di Pietro Mennea. Blokhin era soprannominato “La Freccia dell'Est”: quando, dall'ala sinistra puntava a rete, era un triste giorno per l'avversario di turno. Più veloce di lui, solo mamma Irina, una sprinter di valore nazionale sui 400 metri. E Oleg, da ragazzo, era indeciso se scegliere il calcio o l'atletica leggera. Ma anche con il piede destro non andava male. Con ore di allenamento a calciare bendato in una porta divisa in zone numerate da centrare. L'asso della Dinamo Kiev fu tra i primi campioni a lasciare l'Urss, nel 1988 con il governo sovietico che apriva le frontiere. Prima in Austria, poi a Cipro.
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