Elena Vjalbe (Foto: Sergei Guneev / Ria Novosti)
La Ragazza del secolo di sci di fondo. Che non ha mai vinto in carriera un oro olimpico nelle gare individuali. Un paradosso, forse un'offesa commissionata direttamente dagli déi dello sport. Elena Vjalbe è la regina delle piste bianche per eccellenza. Ha corso e dominato la specialità sotto la bandiera dell'Unione Sovietica, nota anche al pubblico italiano per i suoi duelli con Stefania Belmondo e Manuela Di Centa, le due fuoriclasse dello sci nordico italiano degli anni Novanta. Mai nessuna come la russa di origine estone. Cinque successi finali in Coppa del Mondo con 45 successi parziali (davanti a lei, in campo maschile, solo la leggenda norvegese Bjorn Dhaelie), sette allori olimpici (tre ori, quattro bronzi ma nelle prove a squadre della 4x 5 chilometri, assieme a quattro bronzi), 17 medaglie vinte ai Mondiali, 14 d'oro.
E nel 1997 a Trondheim, ai Mondiali norvegesi, faceva centro in ciascuna delle cinque gare del fondo femminile. Primato assoluto, mai battuto neppure tra gli uomini. Una schiacciasassi, nonostante il valore della Valanga azzurra. Ma anche atleta anticonformista, che amava il pop, che rifuggiva agli schemi, tra amori turbolenti con colleghi o allenatori e la passione per un buon cicchetto anche prima di una gara per un metallo importante. Complicata da gestire anche per i tecnici russi. Come alle Olimpiadi di Albertville 1992 con la critica in diretta televisiva alle connazionali trovate positive all'antidoping, come Ljubov Egorova. La Vjalbe volle scusarsi con gli appassionati sportivi. Perché quello non era sport pulito. Ma la campionessa russa festeggiava i successi con vodka e cognac, anche il giorno prima di una massacrante 30 chilometri individuale. Così avvenne in Norvegia con Stefania Belmondo, idolo italiano tante volte finita alle sue spalle.
La Vjalbe, cresciuta con il mito di Raisa Smetanina, era decisamente un passo avanti. Bottiglie stappata tra due campionesse anche amiche fuori dal Circus bianco, con il tedesco lingua complice. L'italiana sempre un passo indietro alla “farfalla di Magadan”, soprannome dovuto alla leggerezza - assieme alla potenza - espressa sugli sci, soprattutto nelle prove di tecnica classica. Elena, nata nel porto siberiano di Magadan, a nove anni era già sugli sci. Lo spettacolo era appena cominciato. Sino agli esordi nella Nazionale sovietica, ai successi, alla scelta della bandiera russa dopo la fine dell'Urss. Poi, gli amori: il primo marito, l'estone Urmas Vjalbe, anche lui fondista. E un altro sportivo di prima classe, Nikolai Zimjatov, tre volte campione olimpico e suo appassionato skiman.
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