Una volontaria assiste a una gara di hockey (Foto: Mikhail Mordasov)
Col passare dei giorni finisci quasi per non farci più caso. Questo accade perché arrivi a un punto in cui ti mancano anche le forze per avere reazioni emotive troppo intense, come quando ti aggiri stancamente, guardando per terra, e t’imbatti per caso in qualcuno, e poi sollevi gli occhi e scopri che davanti a te c’è Martin Fourcade, oppure Shaun White o Marcel Hirscher. E quando vedi questi atleti ogni giorno nelle più svariate situazioni quotidiane, il loro carisma di stelle e la loro immagine pubblica si dissolvono e ti appaiono soltanto delle persone comuni.
Tuttavia, non tutti sono capaci di controllare le proprie emozioni. Benché ai volontari sia severamente proibito di avvicinare gli atleti nel periodo delle gare e soprattutto di importunarli, chiedendo loro autografi o foto insieme, può accadere talvolta di sentire qualcuno strillare di gioia: “Guardate, guardate sono qui con Ovechkin e Scheibe sullo sfondo”. E si possono creare anche situazioni difficili, specialmente quando si tratta di sport amati e popolari dove campioni di fama mondiale finiscono sotto il tiro dei loro focosi ammiratori, inclusi i volontari in divisa. Per infrazioni come queste sono previste pene piuttosto severe che arrivano fino all’espulsione dai Giochi.
Una conoscente, in servizio all’impianto per lo sci e il biathlon “Laura”, mi ha raccontato di recente un episodio davvero divertente. Si trovava nella cabina della funivia con due ragazze volontarie e una signora in tuta sportiva che per tutto il tragitto non aveva sollevato gli occhi dal telefonino, evitando di attirare l’attenzione su di sé. Le ragazze si erano messe a parlare a voce alta, in tono eccitato, dicendo che lavoravano in un posto bellissimo, ma che non avevano mai chiesto agli atleti né un autografo, né una foto. La questione era che nessuno aveva mai visto prima gli atleti in faccia. In quel momento la mia conoscente ha dovuto mordersi il labbro per non scoppiare dentro la cabina in una fragorosa risata, mentre la ragazza col telefonino accennava un largo sorriso. Le ragazze non avevano capito che si trattava di Justyna Kowalczyk, che, tra l’altro, capisce piuttosto bene il russo.
Le cose vanno in modo più tranquillo quando si tratta di discipline sportive meno popolari. I neomedagliati, non abituati ad attirare su di sé troppa attenzione, cedono con piacere alle richieste di foto e autografi, con sommo gaudio di tutti. Gli addetti stampa delle squadre cercano di opporsi a questa consuetudine, ma poi s’inteneriscono, concedendo ai loro protetti la possibilità di ricorrere anche a queste forme meno ufficiali di comunicazione. A dire il vero, talvolta si assiste a scene davvero comiche: da me, per esempio, sono venuti più di una volta dei colleghi a mostrarmi delle fotografie nel telefonino, dicendo sottovoce. “Sono riuscito a beccarlo… Ma tu sai chi è?”.
E, naturalmente, è inevitabile che le ragazze si innamorino. Quando si è circondati da tanti atleti così fantastici e attraenti, provenienti da tutti gli angoli della terra, non è facile manternere il controllo. Perciò a una domanda del tipo: “Perché non hai portato il programma delle conferenze stampa?” spesso accade di sentirsi rispondere “Ero andata a prenderlo, ma poi è apparso LUI. Sono rimasta lì a guardarlo e me ne sono dimenticata”. Per fortuna, ora che siamo arrivati alla metà dei Giochi, la maggior parte di noi ha imparato a controllare le emozioni e a dirottare tutto l’entusiasmo nel lavoro, senza abbandonarsi ai sospiri per l’irraggiungibile oggetto delle proprie simpatie.
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