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Credit: Niyaz Karim |
"Lascia stare la signora!", "Non sederti per terra!", "No, no, così non si fa! Dai che tra poco saliamo in aereo, non siete contenti? Davai davai!". Terminal E dell'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Ancora mi chiedo chi me lo ha fatto fare di accettare uno scalo così assurdo. Italia-Francia-Russia. Andare a Est passando prima verso Ovest. Ad ogni modo il biglietto aereo più conveniente per tornare a Mosca era quello di una compagnia francese. E a me non è rimasta altra scelta che fare una capatina nella città degli Champs-Élysées, prima di tornare nella terra dei Cremlini.
Seduta nella sala d'attesa davanti a me, una giovane mamma super-sprint si fa in quattro per tenere a bada la prole. Non uno, non due, bensì tre pupetti di età compresa, approssimativamente, tra i pochi mesi e i cinque anni. Biberon in una mano, passeggino nell'altra. Fra i denti, in attesa di essere riposte in un posto più sicuro e a distanza di sicurezza anti-bambino, le quattro carte di imbarco. "Misha, prendi le salviette dallo zaino per tua sorella". "Anya, fai ciao all'orsacchiotto. Priveeeeet!".
Un bambino all'aeroporto (Foto: Anastasia Kienya)
Una mamma-superwoman, ai miei occhi. La forza di Mazinga Z unita alla dolcezza delle ragazze russe. Che poi, quando sono belle, come in questo caso, ipnotizzano ancora di più. E io resto imbambolata a guardarla, chiedendomi come si può sopravvivere a un viaggio così, che, tra scali, aerei, controlli di sicurezza e imbarco bagagli, risulta pesante anche a chi viaggia da solo. Figuriamoci con tre bambini piccoli a seguito! Ma lei è perfetta in questo ruolo. Bella, fresca, sorridente, felice di essere totalmente assorbita da quelle tre dolcissime pesti che sgattaiolano via inseguendo una comitiva di coreani carichi di valigie, e strillano coprendo gli annunci dei voli in partenza. E io invece mi sento sfatta e distrutta pur viaggiando da sola. Le borse sotto gli occhi parlano da sé.
Vestita in maniera semplice ma allo stesso tempo elegante, con i capelli biondo cenere raccolti in una lunga coda, questa giovane mamma invece si diverte. Ora presta la voce all'orsacchiotto della piccola Anya; ora fa la voce grossa di Baba Yaga se il più grande non la smette di fare i capricci. Ha una carezza per tutti. E occhi e mani per tutti.
Poi il gate si apre. Le hostess la lasciano ovviamente salire per prima. E quando io, finalmente, monto in aereo, la vedo seduta, con il bimbo più piccolo sulle ginocchia, e gli altri poco lontano. Uno sonnecchia, l'altro guarda un cartone animato sul tablet.
Il mio posto è quattro file più avanti. E per tutta la durata del viaggio la intravedo giocare, calmare e riprendere, sempre con voce dolce, quei tre figli vivaci.
Mi chiedo come mai viaggi da sola. Me la immagino di ritorno dopo una visita al marito che vive all'estero. Chissà.
Quando atterriamo a Mosca ricomincia il rito: bimbo piccolo in braccio, biberon in una mano, documenti tra i denti. Il più grandicello la aiuta a raccogliere le borse.
Uscendo dall'aereo, una signora le si avvicina. E salutando la bimba in braccio, la guarda e le fa i complimenti. "Che mamma!", esclama, sorridendo. Una mamma Mazinga Z. Senza borse sotto gli occhi, nonostante tutto.
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