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Credit: Niyaz Karim |
18 ottobre 2013
In un bel libro-guida su Mosca che ho letto tempo fa (“Mosca, autobiografia di una città”, di Tatjana Pigareva), l’autrice raccontava di come in una vecchia opera teatrale, intitolata “L’amore del cosacco”, l’eroina, perseguitata da un amante respinto, rievocasse gli incontri col suo Ivan, “all’ombra di un frondoso cespuglio di kljukva”: la “kljukva” è in realtà una bacca rossa, frutto di piccolissimi arbusti che crescono raso terra e molto usata in cucina. Da allora “kljukva” è diventato un sinonimo di tutti gli stereotipi folkloristici e un po’ ridicoli riguardo alla Russia e ai suoi abitanti.
Quando ci si chiede se la Russia sia o no “un altro mondo” rispetto all’Italia, bisogna fare attenzione a non cadere nei luoghi comuni e a non scambiare le proprie impressioni con il “senso comune”. A non finire, insomma, per descrivere cespugli di kljukva.
Non è banale ricordare che la Russia è un Paese tanto grande quanto ricco di culture e tradizioni differenti tra loro: anche senza considerare la varietà delle etnie, un russo di Mosca è diverso da un cittadino di Kaliningrad, di Pskov o di Krasnodar, così come un italiano del Nord può esserlo da uno del Sud, o un abitante di Milano da uno della provincia.
Il mio punto di vista, lo ricordo, è quello di una milanese trapiantata a Mosca. Vi ho detto in proposito che la capitale russa potrebbe essere una Milano al quadrato, dove l’indifferenza verso gli estranei talvolta mette paura. Ma non è sempre così: forse ricorderete della mia avventura notturna in taxi.
Bene, di recente mi è capitato di nuovo che un tassista gentile mi offrisse un passaggio gratis in pieno centro nell’ora di punta. O che durante un trasloco a tarda sera un ragazzo, vedendomi dispersa e carica di valigie, mi aiutasse coi bagagli fino al provvidenziale arrivo della mia coinquilina.
Le tipiche bacche russe dei cespugli di kljukva (Foto: Lori/Legion Media)
Spesso agli italiani si rimproverano due grossi difetti: la rigidità della burocrazia e, per contro, la scarsa cultura civica. Succede anche qui. Molti russi tengono alle “procedure” e ai permessi, tanto che spesso sono i loro stessi connazionali a lamentare atteggiamenti puntigliosi, al limite dell’assurdo, da parte di impiegati e funzionari. Questo non significa che non si possa trovare un po’ di disponibilità anche dietro ai volti severi di chi controlla che abbiate “le carte in regola”: a me è accaduto pochi giorni fa, quando in un ufficio l’addetto al controllo dei permessi ha chiuso un occhio sul fatto che, a causa di un disguido, il mio “propusk” risultava non più valido.
Quanto alla buona educazione, ci sono altrettanti pro e contro (come in Italia?): oltre alla brutta abitudine di gettare mozziconi ancora accesi nei cestini, c’è da notare che la coscienza ecologica, si tratti degli scarichi delle auto o della raccolta differenziata (assente quasi ovunque), lascia a desiderare. Far la fila sembra a molti un’usanza bizzarra e nemmeno si può dire che il rispetto per pedoni e ciclisti sia all’ordine del giorno.
Ma c’è un altro volto nell’"animo russo" anche per quanto riguarda l’attenzione per l’ambiente e le persone: penso al grande amore per le dache e gli spazi incontaminati, o ai piccoli gesti che scaldano il cuore nel trantran anonimo di una metropolitana affollata.
Mi rendo conto di non aver davvero risposto alla domanda, se cioè italiani e russi siano fatti per capirsi o se appartengano a due pianeti diversi. Probabilmente nessuna delle due ipotesi è quella giusta: sta ad ognuno, in base ad aspettative, abitudini ed esperienze personali, soppesare pregi e difetti di entrambi i popoli e decidere se siano davvero simili oppure no.
Dal canto mio posso solo consigliarvi di guardare agli altri, siano stranieri o vostri connazionali, con mentalità aperta e senza preconcetti: soprattutto, occhio a non finire nei cespugli di kljukva!
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