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Credit: Niyaz Karim |
21 luglio 2013
Mi viene da sorridere se ci penso, perché è un tipico modo di fare tra bambini. È noto che di una lingua straniera le prime cose che si imparano sono le brutte parole. Così, fin dalle prime volte che tornavo in Italia da Mosca, a colloquio con amici c'era sempre la domanda di rito: Hai imparato le parolacce?
In italiano (e lo stesso si evince guardando i film hollywoodiani in lingua originale) le imprecazioni, purtroppo, sono oggi diventate un intermezzo tra una parola e l'altra, in qualsiasi frase.
In Russia, invece, vale ancora la regola del decoro che vigeva ai tempi dei miei genitori: è sconveniente l'uso delle parolacce, soprattutto se messe in bocca a una ragazza.
Confesso che, invece, anche per me ormai fanno parte del linguaggio quotidiano, però mi accorgo subito che qualche brutta esclamazione, stando tra amici russi che parlano l'italiano, viene colta da loro sempre con un certo imbarazzo e anche disgusto.
Anche nei diverbi è difficile sentir volare parole grosse (Foto: Getty Images / Fotobank)
Come dar loro torto, anche se spiego che ormai le brutte parole sembrano essersi svuotate del loro originario - e pesante - significato. Difficile convincerli, insomma, che siano state "sdoganate". Così, però, mentre loro le conoscono e le riconoscono se le dico, io di parolacce in russo non ne so. In verità, una sola, che viene ripetuta dai più giovani di oggi come intercalare, come capita anche me in italiano. Ma in realtà è davvero difficile che un russo usi brutte parole, anche in un colloquio informale.
Difatti, mi ripetono le mie amiche, le cattive parole sono in bocca solo a ubriachi e persone senza dignità. Sarà per questo che io in russo non le conosco né le imparerò e, contagiata da questo revival di buona educazione in cui sono immersa, anche io sto perdendo l'abitudine di dirle nella mia lingua madre.
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