Un augurio di buona estate anche attraverso i versi di Aleksandr Pushkin (Foto: Photostock)
“C’è qualcosa del tutto particolare nelle calde e chiare notti delle piccole città russe di provincia alla fine dell’estate. Quale pace, quale benessere! Va in giro per l’allegra città notturna un vecchio con il mazzuolo, ma solo per il proprio piacere: non c’è niente da sorvegliare; dormi tranquilla, brava gente, sei protetta dalla benevolenza divina, da questo alto cielo splendente al quale il vecchio ogni tanto getta occhiate spensierate, vagabondando per il selciato riscaldato durante il giorno e, solo ogni tanto, per divertimento, diffonde col mazzuolo note danzanti” (1938, Ivan Bunin, 1870–1953).
Quando, quando sognerò questa estate,
Quando, quando essa verrà ancora,
Per baciare i fiori come le sigarette
E riempirsi dei loro petali la bocca?
La loro sottile pelle è percossa dagli schiaffi,
Essi crescono ardendo sulle gote,
Io questi petali non li sputo, li ingoio,
Li nascondo dentro di me,
Non mi perderanno di vista i calabroni,
Non si smarriranno su di me gli scarabei,
Sono qui – di fiori gialli riempita,
Sono qui – di acqua rosa colma,
E cadere, perdersi così in questi fiori -
Di calabroni, scarabei un vortice! –
Come solo i bambini possono e i morti,
Nascondendo in bocca le cose, care a loro.
Nata Suchkova, 1976
Estate chiara e ardente
Delle quattro stagioni dell’anno
L’estate è la più chiara e la più
Ardente, fa maturare i frutti
E sparge risa e luce:
Com’è bello, discendendo al fiume
Fermarsi sopra l’acqua,
Per ascoltare in lontananza il cuculo,
Per vedere la giovane luna.
Nikolaj Aseev (1889 – 1963)
A Natasha
Appassirà, appassirà, la bella estate;
Voleranno via i chiari giorni;
Si stenderà la nebbia piovosa
Sull’ombra sonnolenta della notte;
Sono deserti i campi di grano,
Freddo è il gioioso ruscello:
Il riccioluto bosco si è diradato;
Pallida è diventata la volta celeste.
1815, Aleksandr Pushkin (1799 – 1837)
Compleanno (in aereo)
Guardando un’icona nell’angolo rosso del cielo,
Accolgo la quarantesima estate,
Appena sospesa sulla terra dorata,
Con una bottiglia di vino, un pomodoro e il pane.
Tutto ciò che finirà dura ancora.
E anche se il fuoco è ormai poco in me,
È tutto sotto la lingua – come in un uccello.
1988, Elena Shvarts (1948 – 2010)
Com’è fresco qui sotto il folto tiglio –
Qui non penetra la canicola del mezzogiorno.
E, su di me sospese, ondeggiano
Mille odorose ventole.
In lontananza, risplende l’aria rovente,
Fluttuando come nel dormiveglia.
Così tagliente-secco, soporifero e scoppiettante
È delle cicale l’incessante canto.
Dietro il velo dei rami, azzurra è la volta celeste,
Appena striata di foschia,
E, simili ai sogni della natura addormentata
Passano le nuvole ondulate.
Afafanasij Fet ( 1820 – 1892)
10
La sera d’estate è alla finestra.
Simili ai cavalli stanno i meli schiumanti.
Accorsi da chissà quali luoghi, nella nebbia e polvere.
Il mio cuore è in fiamme.
Lo scialle nero della sera sulle spalle ho messo
E guardo fuori dalla finestra. E scorre sul palmo della mano,
Dal tramonto schizzato, il veleno rosastro.
Il vento va errando per le vie, come per le vene – in eccesso il sangue.
E la luna si netta dalle macchie grigiastre ai lavatoi dei tetti.
Boris Ryzhy
Le foglie gialle (U- F)
Le foglie gialle, come le monete di rame,
Piovono nel palmo della tua mano. Oh, estate,
L’autunno è più affidabile e generoso
In questo senso. Sul viale deserto
Un uomo sta con la mano tesa.
È greve come un’ombra alle spalle.
Amaro vento e fredda sera,
È divenuto un segno nero.
Una voce sommessa,
Acquisito sul bianco il riflesso
Prosegue:
“Amico mio, ricolmo di malinconia,
Raccogli pure, alzando le spalle, quelle
Cadute nella fanghiglia. E, nascosto
Dalla nebbia, mettile in tasca.
Per debolezze e perdite e addii
L’autunno versa nelle tue mani –
Che magari, non seppero il peggio-
La più stabile valuta,
La più bella – l’importante è saldare il conto –
Delle foglie, amico mio. Accetta almeno le foglie”.
Boris Ryzhy ( 1974 – 2001)
Buona estate con la Poesia!
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