Lavoro a prova di macchina della verità

Mosca vista dal basso di un'italiana. I post
Credit: Niyaz Karim

3 luglio 2013
Come ai tempi della Guerra Fredda. O come in un film di James Bond. A voi la scelta. Mosca ogni tanto regala pillole di esilarante bizzarria. L’ultima mi è stata raccontata davanti a mezzo litro di Baltika (mai e poi mai dimenticarsi di precisare al cameriere che si vuole una birra piccola, altrimenti sopra al vassoio comparirà inevitabilmente un boccale di birra da 0,5. E non ci sono scuse!). Dicevo, l’ultima bizzarria Made in Moscow mi è stata raccontata poco tempo fa in un locale, da un’amica reduce da un colloquio di lavoro.

Sapevo che lei, architetto ormai affermato, era alla ricerca di un nuovo impiego. Non perché non le piacesse ciò che già faceva. Non perché la pagassero poco o la spremessero più di quanto non spremano in tanti altri ambienti. Semplicemente per un desiderio di aria nuova. Per una voglia di cambiare. Quel desiderio che noi italiani, ahimé, stiamo ormai dimenticando, visto che, quando si ottiene un lavoro, al giorno d’oggi, lo si tiene stretto con le unghie. Periodo di vacche magre, sentenzierebbe mia nonna.

Colloqui di lavoro sempre più selettivi a Mosca: l'ultima moda prevede anche una prova con la macchina della verità (Foto: PhotoExpress)

L’invio dei suoi curricula è terminato con qualche silenzio, un “le faremo sapere” e qualche colloquio di lavoro fissato per i giorni successivi. Fra questi, anche un appuntamento con un grosso studio di architettura, con sede in centro a Mosca. Il massimo, mi ha detto, per le sue ambizioni.

Dietro al suo entusiasmo, però, si nascondeva il tranello della macchina della verità. Esatto: la macchina della verità. Tra i vari colloqui, le prove attitudinali e le valutazioni, la mia amica ha dovuto affrontare anche un test con uno strumento che misura le sue reazioni involontarie a una serie di domande.

“Ultimamente a Mosca hanno iniziato a valutare i candidati per un posto di lavoro anche in questa maniera”, ha precisato lei, davanti al mio stupore. Lo ammetto, inizialmente ho stentato a crederci. Mi sembrava assurdo, se non addirittura illegale, valutare l’idoneità di una persona attraverso un meccanismo simile. Evidentemente si riconferma la mia tesi secondo la quale a Mosca tutto è possibile.

Con lo stesso animo di una cavia da laboratorio, la mia amica si è prestata a questo insolito colloquio di lavoro. Ha mai rubato? È una persona onesta? Qual è il suo orientamento sessuale? Fa uso di droghe? Ha avuto un’infanzia serena?

Una raffica di domande - alquanto opinabili - l’hanno investita come un treno in corsa.

Legata come un salame, questa ragazza ha risposto, una a una, alle varie questioni che le sono state rivolte, mentre la macchina consegnava il suo spietato responso. “Signorina, lei ci ha detto di non fare uso di droghe. Mentre l’apparecchio segna il contrario”, si è sentita dire, con sdegno, dalla persona che conduceva il colloquio. Posso solo immaginare il suo imbarazzo: le sue parole, messe in discussione da una macchina. E conoscendola, non è sicuramente il tipo che fa uso di certe sostanze.

Da quanto mi è stato riferito, infatti, sono state parecchie le risposte messe in discussione dall’apparecchio, dubbioso dell’onestà della mia amica. Anche la fedina penale di questa amica, secondo la macchina, sarebbe stata poco pulita.

Nemmeno i datori di lavoro, però, a quanto pare, nutrivano particolare fiducia in questo sistema: dopo aver storto la bocca e guardato con aria interrogativa la mia amica, si sono congedati. Chiamandola il giorno dopo per comunicarle che era stata assunta. Nonostante tutto.  

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