Una sconfitta, punto più alto di una carriera di successi. Ai Mondiali di nuoto di Perth di quindici anni fa Aleksandr Popov perdeva sui 50 metri stile libero, contro lo statunitense di origine polacca Bill Pilczuk. Dopo sette anni d’imbattibilità, dagli Europei di Atene 1991.
“Non si può vincere sempre, complimenti al mio avversario, dopo tanti ori, ora è il momento degli argenti”, disse lo Zar. Prima e dopo i Mondiali in Australia, una striscia di vittorie che l’hanno reso uno dei più grandi atleti della storia dello sport russo. Un fuoriclasse, che trascinava una generazione impoverita dal taglio alle risorse per lo sport, dopo la dissoluzione dell’Urss. E che vinceva in piscina senza essere contaminati dal virus della vita mediatica.
Popov, il prototipo del nuoto moderno. Attorno a lui cambiavano gli avversari, i regolamenti, i materiali, le competizioni. E continuavano a fioccare successi con disarmante regolarità. Elegante, tecnica purissima. Senza cuffia e la rasatura a zero, che serviva ai suoi avversari per limare qualche centesimo. Lui non ne aveva bisogno.
Quattro ori e cinque argenti olimpici, sei ori mondiali, 21 ori europei, record del mondo nei 50 stile libero (battuto dall’australiano Sullivan nel 2008) e sui 100 (superato da Van der Hoogenband, l’”olandese volante” suo grande avversario, nel 2000).
Solo un accenno di sorriso sul podio, per ogni trionfo, per un campione che da bambino aveva paura dell’acqua. Ai Giochi di Barcellona 1992 la prova che era il più forte velocista al mondo. Dissolta l’Urss, Popov gareggiava per la Confederazione di Stati Indipendenti sotto la bandiera del Cio, vincendo due ori individuali (50 e 100 sl) e due argenti nelle staffette. La cartolina delle Olimpiadi spagnole era lui, assieme a Michael Jordan, Magic Johnson, i fenomeni Nba del Dream Team Usa.
Dopo due ori e altrettanti argenti ad Atlanta 1996, Popov veniva ferito ad addome, reni e polmoni mentre cercava di sedare una rissa in cui erano coinvolti alcuni suoi amici. Intervento d’urgenza in un ospedale di Mosca, sopravvissuto per miracolo. Per le sue cure, il Presidente russo Boris Eltsin mise a disposizione il suo staff sanitario. Quarantacinque giorni di convalescenza.
Un anno dopo, quattro ori tra 50 sl, 100 sl e staffette agli Europei di Siviglia. Nell’ultima parte di carriera trovava avversari, come Van der Hoogenband, più giovani e forti di lui. Ma Popov continuava a lottare per argenti, bronzi. Unico, forse più umile, tra i fuoriclasse.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta