(Foto: Itar-Tass)
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Pavel Florenskij (Foto: Itar-Tass) |
“Quando mai la pienezza di vizi si è manifestata con più abbondanza? Quando mai si è ceduto tanto all’avidità?”, si domandava Giovenale agli inizi del II secolo. Da allora poco è cambiato nella sostanza, magari ci siamo evoluti nella forma.
Oggi il cinismo e l’arroganza sono nel segno del progresso e la mediocrità è più che legittimata. Sempre di gran moda rimane il dio denaro: atletico, palestrato, scarpe costose e giacca di sartoria. Dimenticavo, ha gli occhi verdi e profondi (licenza poetica). E che dire del Demonio, con la cui ingerenza l’uomo giustifica le proprie scelte? Già, perché di scelte si tratta. E proprio oggi vorrei parlarvi di un uomo che della scelta del bene fece la sua ragione di vita.
“La mia più intima persuasione è questa: nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo. Ciò che è immagine del bene e ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo. Senza questa consapevolezza la vita si perderebbe nel vuoto e nel non senso”. Pavel Florenskij. Scienziato, fisico, matematico, filosofo della religione e teologo, teorico dell’arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica, di simbologia e di semiotica, sacerdote ortodosso.
Urss, 1937, dintorni di Leningrado. “Fucilate Florenskij Pavel Aleksandrovich!”. L’ordine fu eseguito al mattino dell’8 dicembre 1937.
“La vita vola via come un sogno e spesso non riesci a far nulla prima che ti sfugga l’istante della sua pienezza. Per questo è fondamentale apprendere l’arte del vivere, tra tutte la più ardua ed essenziale: colmare ogni istante di un contenuto sostanziale, nella consapevolezza che esso non si ripeterà mai più come tale”, scriveva Florenskij ai suoi familiari dalla terribile e bellissima isola Solovki, luogo di martirio di tanti controrivoluzionari: sacerdoti, vescovi, religiosi.
Capita spesso di non avere un’opinione lusinghiera dei sacerdoti, e non sempre per colpa del nostro cattivo cuore. Di Pavel Florenskij, invece, ci resta la testimonianza di un vero apostolo di Cristo. Lo fu con l’esempio della propria esistenza. Nemmeno per un istante la sua vita si è discostata dall’essersi votato al bene supremo.
Poteva evitare il tragico destino dell’esilio e della fucilazione? Poteva, ma non lo fece. Rimase coerente fino alla fine alle proprie idee e parole, alla propria visione del mondo. Una personalità stupefacente e luminosa della cultura e della spiritualità russa del XX secolo. Oltre alla sua opera filosofica, teologica e scientifica ci rimangono le preziose lettere che scrisse ai suoi dall’esilio.
Vi ho trovato le descrizioni dell’isola e della natura dell’estremo Nord della Russia e vi ho trovato il suo pensiero limpido e appassionato. Amava Novalis e gli antichi greci. Mi ha particolarmente emozionato la sua critica della letteratura russa. Ne salva ben pochi! Tra questi,Tjutcev: “Il caos presso Tjutcev, come presso gli antichi greci, è la legge suprema del mondo che muove la vita stessa” .
“Ha letto l’opera narrativa di Leontev? Se no, la legga. In essa c’è l’affermazione del mondo, mentre la letteratura russa raramente non pecca del contrario”. E non me ne vogliano gli estimatori del padre della letteratura russa, ma su Dostoevskij il suo parere (che condivido appieno) era molto differente da quello comune.
“Poco fa, alla radio (anche alla radio, che odio!), ho ascoltato un brano di un concerto di Mozart. E ogni volta, con stupore, riconosco di nuovo questa chiarezza, il paradiso d’oro, perduto dall’umanità”.
E non una parola di rancore, di giudizio, di lamento! È attento e preoccupato per la salute, l’istruzione e il bene dei suoi figli e ha un solo dispiacere: non poter essere loro accanto. Così queste commoventi lettere diventano un testamento spirituale. Una partecipazione autentica e radicale alla “chiarezza del mondo”, che egli mette per iscritto. Un lascito morale non solo ai suoi familiari, ma a tutti gli uomini di buona volontà.
“ … Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, quando qualcosa non vi riuscirà, quando la tempesta si scatenerà nel vostro animo, uscite all’aria aperta e intrattenetevi da soli col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete”. Pavel Florenskij, 9.01.1882 – 8.12.1937
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