Alan Khugaev, campione russo di lotta greco-romana alle Olimpiadi di Londra 2012 (Foto: Ria Novosti)
Dallo spartano Euribato, primo vincitore ai Giochi, a Rio de Janeiro 2016. Ultima occasione di ammirare la lotta nella manifestazione a cinque cerchi. Esclusa dalla commissione esecutiva del Cio dalla lista dei 25 sport previsti per il 2020, con sede ancora da definire.
Questione di soldi, poco conta la tradizione e lo spirito dei cinque cerchi. Via la greco-romana, via la libera. E tanti saluti a una tradizione millenaria. Partita nel 708 a.C. dall’Antica Grecia e che ha visto prima l’Urss, poi la Russia (dove ora si contano circa 500mila tesserati), assieme ad altri pochi Paesi – Stati Uniti, Iran, Turchia - primatista di medaglie, custode di campioni famosi nel mondo.
Una decisione complessa, maturata dopo il flop mediatico e commerciale di Londra 2012. Audience tv, vendita biglietti, praticanti. I numeri non tornavano. Con il Cio che ha ammesso ai Giochi 2020 atletica leggera, canottaggio, badminton, basket, pugilato, canoa, ciclismo, equitazione, scherma, calcio, ginnastica, sollevamento pesi, pallamano, hockey, judo, nuoto, pentathlon moderno, taekwondo, tennis, tennistavolo, tiro, tiro con l’arco, triathlon, vela e pallavolo. La lotta sarà in lizza solo per essere ammessa come sport aggiuntivo.
Molte le polemiche in Russia. Che alle Olimpiadi di Londra 2012 ha portato a casa quattro ori nella disciplina. Vladimir Uruimagov, allenatore di Khasan Baroev, oro ad Atene 2004 nella lotta greco-romana e di Alan Khugaev a Londra 2012, attribuisce il tramonto della lotta olimpica a una cospirazione degli attivisti per i diritti degli omosessuali, ritenendo che una minoranza gay nella delegazione del Cio sia stata determinante nella decisione finale.
Con l’addio della lotta ai Giochi, la Federazione subisce un duro colpo alla sua tradizione sportiva, conservando nella memoria storica ed emotiva fuoriclasse divenuti divinità laiche per forza, risultati, carisma.
Come Aleksandr Medved, il più forte “liberista” di sempre, categoria 97 kg, oro a Tokyo 1964, Città del Messico 1968 e Monaco 1972. O Arsen Fadzayev, categoria 68 kg, sul gradino più alto a Seul 1988 e Barcellona 1992. E in Spagna vinceva l’oro nella greco-romana, supermassimi, Aleksandr Karelin, l’”orso siberiano”. Il mito imbattuto per 13 anni (1987-2000). Oro pure a Seul 1998 e Atlanta 1996, argento a Sidney 2000. La sua mossa più famosa era la “Karelin lift”. L’ascensore. Afferrava l’avversario disteso in terra, lo sollevava di peso per poi alzarlo in aria, sbattendolo poi con violenza sul tappeto.
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