L'ex magnate della Yukos, Mikhail Khodorkovsky (RIA Novosti)
La Corte europea per i diritti dell’uomo ha respinto l’appello dei due ex top manager della società Yukos, Mikhail Khodorkovsky e Platon Lebedev, che sostenevano di essere detenuti per motivi politici.
Mikhail Khodorkovsky, imprenditore e attivista russo, sta scontando una condanna a 11 anni in una colonia penale. Dal 1997 al 2004 è stato co-proprietario e direttore del gigante petrolifero Yukos. È stato arrestato nel 2003. Al momento del suo arresto, era considerato uno degli uomini più ricchi del mondo
Il 25 luglio 2013 la Corte europea per i diritti dell’uomo ha espresso il proprio giudizio riguardo il ricorso presentato dai due ex dirigenti della Yukos in merito al loro primo processo. Stando al verdetto, la Corte ha stabilito che “non c’è stata nessuna violazione dell’articolo 18 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (sul limite all’applicazione delle restrizioni ai diritti) per quanto riguarda la denuncia avanzata da Khodorkovsky e Lebedev, che sostenevano che il loro arresto fosse dettato da ragioni politiche”. Inoltre, secondo quanto riportato dall’agenzia Interfax, Strasburgo ha deliberato che il diritto di Khodorkovsky e Lebedev di ricevere un processo equo non è stato violato.
Nel 2005, Khodorkovsky fu riconosciuto colpevole di una serie di gravi reati, che portarono la società Yukos alla bancarotta e alla sua successiva liquidazione. Nel 2010 venne sottoposto a un altro processo, in cui l'imprenditore venne nuovamente dichiarato colpevole.
Questi due procedimenti giudiziari provocarono reazioni controverse in seno all’opinione pubblica. Amnesty International ha definito Khodorkovsky un “prigioniero di coscienza”. Platon Lebedev, collega di Khodorkovsky, è stato condannato per favoreggiamento. Khodorkovsky dovrebbe essere rilasciato il 25 ottobre 2014.
Nella sentenza di maggio 2011, la Corte europea evidenziò violazioni procedurali durante l’arresto, stabilì che Khodorkovsky era stato sottoposto a un trattamento degradante durante la detenzione, nel corso delle indagini preliminari e del processo giudiziario, nonché dell’esame dei ricorsi relativi alla sua carcerazione. Ciononostante, la Corte dichiarò di non aver ricevuto prove inconfutabili che dimostrassero la motivazione politica del verdetto contro Khodorkovsky.
La Corte di Strasburgo decise inoltre di condannare le autorità russe a pagare a Khodorkovsky un risarcimento di 10mila euro; per Platon Lebedev, ex direttore del gruppo finanziario internazionale Menatep, invece, non venne prevista nessuna compensazione.
Secondo Nikolai Svanidze, membro della Camera pubblica della Federazione Russa e rinomato giornalista, la decisione di Strasburgo fa più male che bene all’immagine della Russia. “La Corte europea ha dei criteri rigorosi che, a quanto pare, non le hanno permesso di scorgere la natura politica del caso. Ha, in ogni caso, esaminato diverse richieste e, per esempio, la disgregazione del gigante petrolifero Yukos è stata giudicata illegale. A seguito della sentenza della Corte europea, andranno riviste diverse decisioni riguardanti il primo processo della Yukos, giacché esso non sembra essersi svolto in conformità alle regole. Questa decisione è giusta, ma è piuttosto dannosa per il governo”, ha sottolineato.
Svanidze ha spiegato che processi di questo tipo trasmettono un’immagine negativa del sistema giudiziario russo. “I processi giudiziari vengono costantemente messi in discussione, i giudici accusati di faziosità politica o di corruzione. Il fatto più preoccupante non è tanto l’immagine della Russia quanto il clima all’interno del Paese. I tribunali non vengono percepiti come delle istituzioni indipendenti, bensì come degli strumenti nelle mani del potere. Come risultato, vengono messe in discussione la libertà di espressione e l’economia reale e competitiva”, ha aggiunto.
Ludmila Alexeeva, direttrice di "Helsinki Group" a Mosca, è convinta che Khodorkovsky sia un prigioniero di coscienza ed è rimasta sorpresa dinanzi alla decisione della Corte europea per i diritti dell’uomo. “La Corte non ha il diritto di decidere se Khodorkovsky sia un prigioniero politico o meno. Gli imprenditori sono stati riconosciuti quali prigionieri di coscienza dall’organizzazione internazionale Amnesty International. Dal mio punto di vista, la Corte europea, che non vede in questo caso delle motivazioni politiche, ha, per la prima volta, emesso una decisione ingiusta e dubbiosa”, sostiene. “Questa decisione macchierà la reputazione della Corte europea per i diritti dell’uomo, che, in precedenza, era sempre stata tenuta in alta considerazione dai cittadini russi”.
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