La presentazione al Bie e alla stampa della candidatura di Ekaterinburg a Expo 2020 (Foto: Pavel Lysizin / RIA Novosti)
L’ex sindaco di Ekaterinburg, Arkadij Cherneckij, attuale rappresentante del consiglio di supervisione del comitato di candidatura “Expo 2020”, ha raccontato a Aleksandr Gubskij del quotidiano Vedomosti come mai Ekaterinburg abbia deciso di presentare la propria candidatura per ospitare l’Esposizione Universale e che cosa significhi l’evento per la città, la regione e il Paese in generale.
Com'è nata l’idea di proporre Ekaterinburg quale sede dell’Expo-2020?
Nel piano strategico di sviluppo di Ekaterinburg,
adottato nel 2003, vi era un’intera sezione dedicata al potenziamento
delle attività espositive. Il punto
principale era la costruzione di
un quartiere fieristico. Ad oggi, l’“Ekaterinburg-Expo”, il complesso dove si
svolge la mostra “Innoprom”, è uno dei padiglioni espositivi più grandi del Paese. È da qui che ci è venuta l’idea di organizzare un evento fieristico
globale come l’Expo 2020.
Negli ultimi dieci anni, Ekaterinburg, che ricordiamo era una città
chiusa, ha subito una trasformazione incredibile.
Secondo lei, che cosa ha contribuito a
questo cambiamento?
Mi è difficile
individuare una ragione specifica. L’importante è che all’inizio non contavamo sull’aiuto di
nessuno e siamo stati in grado di valutare in maniera adeguata i nostri punti
di forza e quelli di debolezza. Abbiamo iniziato a dedicarci seriamente allo
sviluppo delle piccole e medie
imprese, abbiamo puntato sulla posizione favorevole
della città, così da utilizzarla come
centro di distribuzione: la città copre
una zona piuttosto densamente
popolata, con un buon potenziale
umano; e abbiamo dovuto trasformare
Ekaterinburg in un punto di attrazione non solo per gli abitanti della città e dell’oblast di Sverdlovsk, ma della regione intera. In secondo luogo, abbiamo puntato su uno sviluppo
sistemico e integrale, senza balzare da un punto all’altro. Il piano strategico di
sviluppo di Ekaterinburg era un
documento innovativo e di qualità, nel
quale venivano stabilite priorità molto diverse rispetto a quelle del periodo sovietico.
La creazione di un ambiente confortevole
per i suoi abitanti era l’idea dominante.
Quali sono i vantaggi di Ekaterinburg rispetto
alle altre città candidate a ospitare l’Expo-2020?
Un buon clima, un’atmosfera
sociale rilassata e le dinamiche di sviluppo che la città
ha dimostrato negli ultimi anni. Ekaterinburg è una città giovane, con un gran numero di studenti universitari e
ricercatori: un ambiente davvero creativo.
Per questo motivo è importante che l’esposizione
si svolga qui: i semi cadono su
un terreno fertile, e i risultati
si vedranno.
Che
cosa darà l’Expo 2020 alla città e alla regione?
Parecchio. Dal posizionamento, che
determinerà il destino della città e della regione, a benefici più materiali,
in particolare la costruzione di una
serie di nuove infrastrutture.
Si prevede che l’Expo 2020 di Ekaterinburg attirerà 32 milioni di visitatori. Come
siete riusciti a calcolare questa cifra?
Vi sono
delle tecniche che permettono di realizzare una stima del
numero potenziale di visitatori.
Per presentare la candidatura e la
valutazione dei costi era necessario un
punto di partenza. Ritengo che questa cifra sia
realistica, ma per raggiungerla,
dovremmo compiere dei seri sforzi organizzativi all’interno del Paese, in primo luogo per
migliorare la situazione con la rete dei trasporti pubblici.
Qual
è, dal punto di vista tecnico, la procedura di lavoro dei Paesi-candidati con i
rappresentati degli Stati, che voteranno un progetto piuttosto che un altro?
Ci sono diverse forme di lavoro. Il lavoro più importante è quello a
livello internazionale. Perché se le organizzazioni sportive internazionali sono costituite da federazioni nazionali,
organizzazioni non governative, allora l’Ufficio
Internazionale delle Esposizioni (Bie) è un’organizzazione intergovernativa,
e qui la posizione dello Stato risulta
determinante. Naturalmente, il
lavoro di contatto con i rappresentanti
degli Stati-membri del Bie è condotto da noi.
Secondo lei, quale tra le città
che concorrono al diritto di ospitare l’Expo 2020,
ha buone opportunità di vincita?
Ogni città ha i suoi pro e i suoi contro. È il
secondo anno che Smirne avanza la propria candidatura. La prima
volta aveva perso contro Milano, che ospiterà l’Expo universale del
2015. Ciò le è servito per correggere tutta una serie di errori. La città di Dubai è la
migliore in termini di infrastrutture. San Paolo del Brasile, dal punto di vista delle dimensioni della città e della regione,
è il pretendente più temibile. La Thailandia sta prendendo molto seriamente la fase di presentazione.
Nella storia recente dell’Expo
mondiale ci sono state sia esposizioni che si sono concluse con
successo, come Shanghai 2010, e altre che sono state degli autentici fallimenti, come Hannover 2000. Che cosa bisogna fare a Ekaterinburg e in Russia affinché il progetto abbia successo?
A mio parere, è estremamente
importante sviluppare bene il tema dell’esposizione. Il tema della nostra mostra – “La mente
globale” - offre la possibilità di parlare
di vie alternative di sviluppo dell’umanità. E ci piacerebbe che ci fosse un dibattito approfondito su
questo argomento. È necessario “separare
i semi dalla buccia”, e discutere i lati positivi e quelli negativi della globalizzazione.
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