La "diplomazia digitale" sta diventando popolare tra i funzionari pubblici russi. Anche il Ministero russo degli Esteri ha aperto un account su Twitter (Foto: Kommersant)
Secondo i politologi, una delle più evidenti innovazioni introdotte nella politica estera Usa durante il primo mandato presidenziale di Barack Obama è stata la comparsa della cosiddetta "diplomazia digitale". I social network nelle mani dei funzionari si sono trasformati in uno strumento che ha permesso loro di comunicare in maniera diretta con milioni di cittadini.
Nel 2012 l'agenzia francese Afp ha pubblicato il primo rating al mondo sull'efficacia della "diplomazia digitale" dei vari Paesi. Sono stati valutati il livello di attività delle più alte cariche dello Stato e degli enti diplomatici sui social network, il numero di iscritti ai loro account e la frequenza delle citazioni dai loro siti. Al primo posto (su 151 partecipanti), come era prevedibile, si sono piazzati gli Stati Uniti. Attualmente nella top ten rientrano anche Turchia, Egitto, Arabia Saudita, Venezuela, Messico, India, Gran Bretagna, Colombia e Giappone. La Russia è al tredicesimo posto
L'ex Segretario di Stato Usa Hillary Clinton aveva definito la "diplomazia digitale" "una forza intelligente" (smart power), sottolineando con ciò stesso la differenza rispetto ai termini diplomatici tradizionali di "hard power" (ossia la forza militare) e "soft power" (la propaganda e le azioni umanitarie).
Quando la Clinton divenne capo del Dipartimento di Stato, quest'ultimo possedeva solo una paginetta ufficiale su Internet. John Kerry invece ha ereditato un Ministero con oltre 200 account di Twitter, più di 300 pagine su Facebook e con delle rappresentanze virtuali anche su YouTube, Tumblr e Flickr in ben 11 lingue diverse.
Il sistema viene coordinato da 150 collaboratori del Dipartimento di Stato a Washington e da 900 specialisti nelle rappresentanze estere. Ai numerosi blog e account del Dipartimento di Stato sono iscritte quasi 20 milioni di persone.
L'esempio del Dipartimento di Stato Usa ha contagiato i Ministeri degli Esteri di molti altri Paesi, soprattutto europei. Il maggior successo in questo nuovo campo è stato ottenuto dal ministro degli Esteri svedese Carl Bildt (al suo account di Twitter sono iscritte quasi 190mila persone) e dal titolare degli Esteri della Gran Bretagna William Hague (il cui account conta più di 130mila iscritti).
Anche il Ministero degli Esteri russo ha già preso confidenza con la "diplomazia digitale". Per indicare il nuovo fenomeno il Ministero ha coniato un apposito termine, "diplomazia innovativa", definendola come "uno strumento della politica estera della Russia atto a influenzare l'opinione pubblica per mezzo delle tecnologie informatiche e della telecomunicazione".
Attualmente il Ministero degli Esteri russo conta circa 70 account di Twitter. Il più frequentato (@MID_RF) viene letto da circa 65 mila persone.
Gli interventi del capo del Ministero Sergei Lavrov si possono trovare sulla pagina ufficiale del Ministero degli Esteri (MID) su YouTube e da febbraio 2013 anche su Facebook, dove vengono pubblicate le sue dichiarazioni e i commenti dei mass media. A breve dovrebbe essere rinnovato anche il sito Web principale del Ministero.
Mosca, a quanto pare, ripone grandi speranze in questi nuovi strumenti. Nella nuova redazione della Concezione della politica estera della Federazione Russa firmata da Vladimir Putin a febbraio 2013 si afferma che "le potenzialità delle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione verranno ampiamente sfruttate" per "formare una percezione obiettiva della Russia nel mondo" e per "sviluppare mezzi propri in grado di influenzare efficacemente attraverso la comunicazione l'opinione pubblica straniera".
Dall'altra parte, dai passaggi fondamentali del documento programmatico appare chiaro che Mosca considera Internet e i social network soprattutto come potenziali fonti di minacce per la sua stabilità e sovranità.
Secondo il parere di alcuni esperti, questi timori potrebbero essere fondati. Come afferma il redattore del periodico americano The Atlantic Brian Fung, la "diplomazia digitale" serve almeno ad altri due scopi che non vengono tanto "pubblicizzati": a raccogliere informazioni di intelligence dalle fonti aperte e a influenzare l'opinione pubblica di altri Paesi al fine di preparare il terreno per lo svolgimento di questa o quella battaglia diplomatica.
Secondo Fung, i social network per il momento stanno facendo più danni che favori ai diplomatici. "Nelle prime ore delle proteste degli egiziani contro l'uscita del film anti-islamico L'innocenza dei musulmani l'ambasciata degli Stati Uniti al Cairo aveva pubblicato su Twitter uno dopo l'altro una serie di messaggi favorevoli al film. I messaggi non erano stati concordati con Washington e hanno causato agli Stati Uniti molti problemi ulteriori", spiega il giornalista.
Il vice presidente del Fondo Carnegie Tom Carver in occasione della tavola rotonda tenutasi recentemente a Washington e dedicata alla "diplomazia digitale" ha citato altri due esempi di uso maldestro di Twitter da parte dei rappresentanti del Dipartimento di Stato: "Tutti noi ricordiamo a quali difficoltà è andato incontro l'ambasciatore degli Stati Uniti nella Federazione Russa Michael McFaul con l'amministrazione del Presidente Vladimir Putin, quando l'ambasciatore ha parlato su Twitter delle manifestazioni dell'opposizione russa. L'ambasciatore americano in Siria Robert Ford per i suoi cinguettii sulla rivolta popolare è stato addirittura espulso dal Paese".
"La diplomazia digitale è un'arma a doppio taglio", mette in guardia l'esperto.
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