Spief, si volta pagina?

Il Forum economico di San Pietroburgo è arrivato alla ventesima edizione e quest’anno ha voluto l’Italia come ospite d’onore. Nella foto, un visitatore al Forum.

Il Forum economico di San Pietroburgo è arrivato alla ventesima edizione e quest’anno ha voluto l’Italia come ospite d’onore. Nella foto, un visitatore al Forum.

: Konstantin Chalabov/RIA Novosti
Gli esiti del Forum economico internazionale di San Pietroburgo hanno suscitato reazioni controverse. A detta di alcuni la Russia si starebbe di nuovo orientando sulla linea di un partenariato con l’Ue. Secondo altri, invece, il Vecchio Mondo, consapevole dell’impasse provocato dalla politica di isolamento nei confronti di Mosca, intenderebbe ora recuperare un rapporto di cooperazione reciprocamente vantaggioso

L’atmosfera è senz’altro cambiata. In Europa gli avversari della politica sanzionatoria nei confronti della Russia hanno fatto sentire con più forza la loro voce. Solo un anno o sei mesi fa i rappresentanti del mondo dell’imprenditoria interessati al mercato russo preferivano tacere, sapendo che nel clima politico che si era venuto a creare le loro prese di posizione sarebbero state ininfluenti. Man mano che si è progrediti verso uno “scongelamento” dei rapporti è diventato possibile opporsi ai divieti politici. Anche nell’angolo russo del ring si è accresciuto l’interesse per una ripresa della cooperazione e una focalizzazione del dibattito sul versante socio-economico. 

Gli scenari che si delineano per i prossimi mesi appaiono chiari. Le sanzioni dell’Ue contro la Russia (la cui parte settoriale più dura era stata introdotta nell’estate 2014) sono state rinnovate. Tuttavia, tale risoluzione ha provocato forti proteste e una discussione sul futuro algoritmo per un’abolizione graduale delle sanzioni. A meno che non si assista a un brusco inasprimento della situazione in Ucraina, da gennaio dovrebbe essere avviato lo smantellamento del regime sanzionatorio.

Il problema, tuttavia, è capire cosa accadrà dopo. Sergej Lavrov, intervenendo al pannello di Valdai dello Spief, ha dichiarato che il Ministero degli Esteri russo ha proposto alla Commissione Europea un inventario di tutti gli accordi per definire ciò è foriero di sviluppi per il futuro e ciò che non lo è. Si tratta di un’iniziativa necessaria, che però non può prescindere da un approccio tecnocratico.

La crisi cominciata nel 2014 ha prodotto una profonda sfiducia a vari livelli e le dichiarazioni ufficiali al forum ne sono state ancora una volta l’ennesima dimostrazione, pur tenendo conto che gli ospiti europei intervenuti allo Spief rappresentavano la parte più ben disposta dell’establishment nei confronti della Russia. Tuttavia, quasi nello stesso momento in cui il premier italiano Matteo Renzi proponeva nel suo eloquente discorso di voltare questa brutta pagina, l’Italia approvava in tutta tranquillità l’estensione delle sanzioni contro la Russia a causa della Crimea.

Nicolas Sarkozy, intervenendo come sincero amico della Russia, ha esortato il nostro Paese a non tergiversare e ad andare avanti perché presumibilmente è la parte più forte. E l’indomani Vladimir Putin ha replicato che Mosca potrebbe anche annullare le controsanzioni, ma di non essere sicuro che anche dopo ciò “non ci avrebbero scartato”. Viviamo in un clima talmente carico di sospetto che ogni episodio di routine, come, per esempio, i disordini provocati da una partita di calcio, può degenerare in un aspro conflitto politico.

È emblematico osservare che l’immagine sempre più inquietante della Russia che viene diffusa in Europa è in gran parte un riflesso speculare di un’immagine creata da noi stessi. La coscienza politico-sociale russa, che ha come fulcro il principio della sovranità e il ruolo dello Stato (e il suo rafforzamento), ruota intorno a una società sempre più consolidata a favore del governo statale. In Occidente si ritiene, e sono in molti a esserne convinti, che in Russia niente accada senza il consenso e la volontà di autorità superiori. Che si tratti dell’uso del doping da parte di atleti, di disordini creati da tifosi o di dichiarazioni individuali rilasciate nello spazio pubblico russo. All’esterno la Russia appare come un monolite autoritario e quegli osservatori stranieri che conoscono i meccanismi della società nazionale restano talvolta perplessi davanti a certe descrizioni occidentali, inadeguate a rappresentare una realtà così complessa e variegata.

Il processo più sorprendente oggi in atto è quello della costruzione di un’opposizione pseudoideologica. Non si delineano all’orizzonte conflitti ideologici simili a quelli maturati negli anni della “guerra fredda”, ma la rapida polarizzazione e la semplificazione delle valutazioni e delle percezioni reciproche sembrano farci rivivere quel vecchio film in bianco e nero. Si ascrive a questa categoria anche la costante opposizione (non solo in Occidente, ma anche da noi) tra la componente occidentale e quella orientale della politica estera russa. Tutti sembrano riconoscere che uno sviluppo equilibrato in entrambe le direzioni non solo è normale, ma persino indispensabile. Tuttavia, non appena si cerca di realizzarlo nella pratica, prevalgono pulsioni irrazionali che si esprimono in giudizi come “rifiuto dell’Europa”, “capitolazione davanti alla Cina”. Vale a dire la tendenza a mettere i puntini sulle “i” e a rendere inappellabile il verdetto finale.

Occorre solo convincere tutti quanti (noi stessi compresi) che nel mondo attuale non ci sono giochi a costo zero e che una pellicola in bianco e nero potrà anche essere apprezzata dai cinefili, ma in realtà è irrimediabilmente fuori moda.

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