Il genio della lampada

Vignetta di Konstantin Maler

Vignetta di Konstantin Maler

Il conflitto di opinioni e di aspirazioni dei principali attori mondiali, innescato dagli eventi in Ucraina, sta già esercitando un’influenza sui principi fondamentali dell’ordine mondiale così come è stato concepito negli ultimi vent’anni

C’è molta strada ancora da percorrere prima che lo scontro possa dirsi risolto e di sicuro la fase più pericolosa è quella che abbiamo davanti, con tutto ciò che è previsto in occasione delle elezioni presidenziali fissate per il 25 maggio. Vale quindi la pena esaminare con attenzione in quali posizioni si trovano gli attori principali e comprendere se hanno modalità caratteristiche di comportamento. La situazione in Ucraina è allo stallo. Il governo è inadeguato a occuparsi di risolvere il disordine che si è venuto a creare e i problemi economici del paese. Le “repubbliche popolari” dell’est non riescono a presentarsi come potenze responsabili che godono dell’appoggio della maggioranza della popolazione locale. Gli attori presenti sulla scena e dietro le quinte sono incapaci di passare alla fase di assestamento del regime. E non è soltanto una questione di reciproca e grave ostilità.

C’è un bisogno concreto di un modello comune. Fin dai tragici eventi di Kiev alla fine di febbraio, la compagine giuridica è andata distrutta e ogni tipo di azione non fa altro che peggiorare la situazione. Le norme legislative sono venute meno prima sotto la pressione della rivoluzione e poi, in seguito, sono state rimpiazzate dal principio boomerang secondo il quale “se voi potete fare una cosa, la possiamo fare anche noi”. Nel caso di un paese disomogeneo, lacerato da divergenze culturali e storiche, ciò provoca un’immediata polarizzazione. Agli eventi di piazza Maidan si è risposto con un movimento anti-Maidan. I gruppi nazionalisti hanno determinato la nascita di gruppi “antifascisti”. I tentativi di monopolizzazione del potere centralizzato da parte di un gruppo hanno dato adito all’alienazione degli altri e il diritto all’autodeterminazione della nazione ucraina si è riflesso in operazioni speculari in Crimea e così via.

 
L'integrazione delle minoranze

Le elezioni invocate per riportare il processo nell’alveo di un ambito legislativo di fatto sono esterne a esso, in quanto non risolvono il problema ma lo esacerbano. In ogni caso, senza elezioni l’Ucraina precipiterà in un vuoto giuridico una volta per tutte. L’ideale per qualsiasi elezione sarebbe attenersi alla versione preceduta da un processo di riconciliazione nazionale, come quello che in Polonia si svolse con “la tavola rotonda” del 1989, o con un’assemblea costituzionale. Non è chiaro tuttavia su quali premesse sarebbero scelti i suoi delegati. Il tracollo del sistema politico e la perdita di appoggio interno ha creato una sorta di fumaiolo dal quale le potenze straniere stanno letteralmente risucchiando l’aria, rispondendo di fatto agli appelli di coloro che essi considerano in linea con i loro stessi interessi.

L’annessione della Crimea è stata un evento unico per la Russia, che ha avuto una motivazione distinta storico-psicologica, e sembra che l’impulso di Mosca ad acquisire territori sia giunto al termine. L’obiettivo a lungo termine è la ristrutturazione dell’Ucraina al fine di privarla della possibilità di trasformarsi in uno stato che cova un sentimento anti-russo. Sostenere le azioni degli attivisti a est rientra nella logica d'insieme della politica estera russa. Malgrado la presunta presenza in massa di “agenti” russi nel sudest dell’Ucraina, non sono state ancora prodotte prove convincenti. In ogni caso, la ferma intenzione di evitare la sconfitta delle “forse di autodifesa” non è velata. L’eventuale insuccesso delle forze di auto-difesa sarebbe interpretato come un fallimento del Cremlino, quindi la Russia non può prendere le distanze da questi gruppi. Il movimento anti-Kiev del sudest dell’Ucraina è considerato a Mosca la garanzia che durante la ristrutturazione dell’ossatura statale sarà necessario prendere in considerazione gli interessi dei cittadini di questa parte del paese e di quelli della Russia.

In ogni caso, il radicato conflitto in Ucraina è soltanto uno strato di un gioco su più livelli. Le azioni di Mosca sono state accolte da un’energica disapprovazione dell’Occidente e lo scontro è irreversibile. La Russia sta entrando con l’Occidente in un rapporto paragonabile a quello della Guerra Fredda, dal punto di vista psicologico. Al momento regna l’indolenza, ma presto si renderanno necessari una ristrutturazione del sistema delle relazioni internazionali e un aggiustamento del modello economico a favore di un respingimento dell’integrazione nei mercati globali. Non è chiaro quanto accuratamente il Cremlino abbia calcolato l’impatto economico di tutto ciò, ma la risposta dell’Occidente è stata presa in considerazione e i danni ritenuti accettabili. L’obbiettivo di Mosca è quello di fissare rigidamente la “linea rossa” che fu tracciata nel periodo post-sovietico, ma anche migliorare in modo sostanziale il proprio status alla vigilia della formazione del nuovo ordine mondiale.

La Russia non farà marcia indietro di fronte alla questione ucraina. La decisione di cui ha dato prova in Crimea non dimostra soltanto la serietà delle sue intenzioni, ma costituisce anche una sorta di taglio netto rispetto a un eventuale ripensamento. Ormai è diventato impossibile abbassare la posta in gioco. L’Unione Europea è profondamente disorientata. Non riesce a trovare una propria posizione naturale nel conflitto concernente l’Ucraina. La politica del potere non rientra nel suo profilo e in nessun modo essa riesce a prendere una posizione indipendente. Anche se in base alla sua stessa logica l’Ue dovrebbe compiere il suo sforzo più grande per risolvere la crisi ucraina, ha perso slancio e iniziativa. L’Europa non è pronta a un simile drastico cambiamento di scena.

 
La distanza di Mosca

Dopo la “Guerra Fredda”, il Vecchio Mondo si è abituato a occupare una posizione comoda nella quale non temeva la Russia in particolar modo, ma non permetteva lo scontro e nella quale ha avuto l’opportunità di godere dei benefici della cooperazione. Le azioni del Cremlino hanno sconvolto l’Europa, risvegliando tutte le sue fobie storiche, il timore che si ripetano gli incubi della storia europea del XX secolo, dalle guerre mondiali e il ritiro dei confini alla spaccatura dei sistemi sotto la minaccia nucleare. Gli Stati Uniti, la cui politica in Ucraina all’inizio dell’anno era relegata all’acquisizione di alcuni personaggi meno importanti, sono ora costretti a esserne coinvolti completamente. La motivazione, ovviamente, non è l’Ucraina in sé e per sé, ma il fatto che per la prima volta da molti anni a questa parte l’America ha incontrato una resistenza accanita e inflessibile nei confronti delle sue azioni. Washington non si aspettava una risposta così potente da parte di Mosca. Di conseguenza, la sua prospettiva è cambiata.

Fino agli eventi in Ucraina, gli Usa consideravano la Russia alla stregua di un fastidioso mal di testa, non un problema fondamentale. Adesso, se nella Russia non vede un vero e proprio rivale, quanto meno vede qualcuno che compete al ruolo di sfidante. Washington non si immergerà in indagini sulla composizione chimica della torbida politica interna ucraina, quindi per andare avanti si palesa chiaramente il seguente schema: un governo forse imperfetto, ma che nondimeno ama la democrazia che cavalca l’onda della resistenza alla tirannia e ai criminali, ispirato e guidato dagli eredi dell’ “impero del male”. Utilizzando le sanzioni contro Mosca, gli Stati Uniti si aspettano di ottenere con la forza un cambiamento di rotta. Le possibilità che ciò accada sono trascurabili e la pressione dovrà essere elevata fino a un arginamento più generalizzato. Dato che il problema in discussione non è l’Ucraina, in linea di principio la situazione di stallo si allargherà. Le sanzioni contro la Russia potranno avere anche un effetto a lungo termine.

Gli Stati Uniti per la prima volta hanno dimostrato chiaramente di essere in definitiva i controllori più importanti del sistema economico mondiale. I sistemi di pagamento con Visa e MasterCard possono far “chiudere” istituzioni finanziarie che ricadono sotto quanto prevedono le sanzioni americane; le società globali di information technology sono decise a porre fine ai rapporti con i clienti “indesiderabili”. Iniziative simili sono state prese già in passato, ma applicate a paesi di gran lunga inferiori alla Russia in termini di peso politico ed economico e in ogni caso meno integrati nell’economia globale.

Ricorrere a questo metodo nei confronti della Russia rende quanto mai scottante la domanda che si devono porre le grandi potenze non alleate con gli Usa: possiamo fare affidamento su un sistema economico globale (e su sistemi globali in generale, per esempio internet), se è così facile per le potenze dominanti intromettersi quando ciò va a vantaggio dei loro interessi particolari? Sullo sfondo di una tendenza alla segmentazione del commercio mondiale e dello spazio finanziario, la pressione delle sanzioni di questo tipo non potrà che stimolare la ristrutturazione multipolare del mondo. Non soltanto quella politica, ma anche quella economica. Osservando questa gigantesca paletta di colori, è perfino strano ricordare quanto fosse piccola agli inizi. Quando sei mesi fa ha rimandato la firma di un accordo di associazione con l’Ue, Viktor Janukovich avrebbe mai potuto immaginare quale genio avrebbe fatto uscire dalla lampada?

Fyodor Lukyanov è presidente del Presidio del Consiglio per la Politica estera e la Difesa

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