Inversione di rotta in Medio Oriente

Vignetta di Alexei Iorsh

Vignetta di Alexei Iorsh

La crisi siriana avvicina Washington e Mosca?

L’accordo Usa-Russia sulla dismissione dell’arsenale di armi chimiche in possesso di Damasco rappresenta un importante passo avanti verso la risoluzione del conflitto in Siria. Il suo significato, tuttavia, (sempre qualora, ovviamente, l’accordo venga rispettato) va ben oltre la semplice questione siriana.

Durante i colloqui a Ginevra, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il Segretario di Stato americano John Kerry hanno raggiunto un accordo secondo cui la Siria è tenuta a fornire alle Nazioni Unite una lista dettagliata delle sue armi chimiche, entro una settimana. Gli ispettori internazionali dovranno poi avere libero accesso a questi arsenali in modo da poterli trasportare al di fuori dei confini del Paese, dove verranno distrutti entro la metà del 2014. Il processo è di fatto già iniziato: la Siria dopo aver accettato il piano, ha subito aderito alla Convenzione internazionale per la proibizione delle armi chimiche. Tutte le procedure, previste da Lavrov e Kerry, saranno ora gestite dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per la proibizione delle armi chimiche, la Opcw.

La Russia, in qualità di promotrice dell’accordo di Ginevra, ha dimostrato di poter influenzare la situazione non solo passivamente, attraverso il diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma anche attivamente, attraverso iniziative diplomatiche di pace. Questa è una delle nuove qualità della politica estera di Putin, e non si limita solo al Medio Oriente.

È evidente che Damasco, in questo modo, si è risparmiata un attacco devastante contro il Paese, già “sull’orlo dell’abisso” dopo due anni e mezzo di guerra civile. “Si tratta di una vittoria per la Siria, che è stata raggiunta grazie ai nostri amici russi”, ha dichiarato a RIA Novosti il ministro siriano per la Riconciliazione Nazionale, Ali Haidar.

L’accordo di Ginevra consente, inoltre, di preservare il sistema internazionale di sicurezza collettiva, basato sui meccanismi delle Nazioni Unite.

Un attacco americano sulla Siria, senza il consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, potrebbe seppellire non soltanto il regime di Assad, ma anche l’intero sistema postbellico costruito sul diritto internazionale. “Nessuno vuole che le Nazioni Unite facciano la stessa fine della Società delle Nazioni, collassata perché incapace di esercitare una reale influenza sullo scacchiere internazionale. Ciò è possibile, qualora i Paesi più influenti intraprendano azioni di forza, scavalcando le Nazioni Unite, e senza incorrere in sanzioni del suo Consiglio di Sicurezza”, sottolineava Putin nel suo intervento pubblicato sul New York Times. Ed è proprio per questo motivo che l’accordo di Ginevra ha ricevuto l’appoggio di Gran Bretagna, Francia, Germania e di altri importanti attori internazionali.

Contro Ginevra si è pronunciata solo l’inconciliabile opposizione siriana, a cui un attacco su Damasco avrebbe dato la possibilità di arrivare al potere. Ora questa possibilità si è drasticamente ridotta.

Nel corso dell'incontro stampa di Ginevra, Lavrov ha dichiarato che la conferenza, indirizzata a una risoluzione pacifica della crisi siriana, potrebbe essere convocata già nel mese di ottobre 2013. Kerry ha fatto eco alle parole del ministro russo, sottolineando che la soluzione del conflitto deve essere politica.

A Ginevra, questa parte dell’accordo russo-americano non è stata approfondita nel dettaglio, ma è proprio la conferenza di pace di “Ginevra-2”, e non il tema delle armi chimiche, la chiave che permetterà di raggiungere una soluzione pacifica del conflitto.

È ovvio che, nel complesso, tanto il processo di eliminazione degli arsenali chimici siriani quanto quello di pace saranno piuttosto ardui: la guerra in Siria non si ferma, e l’opposizione siriana non è la sola a volere che essa continui. Tuttavia, il semplice fatto che Russia e America abbiano riallacciato il dialogo, ci permette di essere ottimisti. E non solo per quanto riguarda la situazione siriana.

Sembra che dopo il gelo nelle relazioni tra Mosca e Washington, culminato con la cancellazione della visita ufficiale di Barack Obama in Russia, i due Paesi siano di nuovo d’accordo sulla necessità di una cooperazione.

In un’intervista alla ABC, il 15 settembre 2013, Obama ha sottolineato che la Russia e gli Stati Uniti devono lavorare assieme: “Riguardo al Presidente Putin, ho sempre detto che Stati Uniti e Russia dovrebbero lavorare assieme, laddove i loro interessi convergano”.

Putin ha subito risposto. “Apprezzo molto l’interesse mostrato dal presidente Obama nel continuare il dialogo con la Russia sulla Siria. Dobbiamo sederci al tavolo dei negoziati per mantenere questa speranza di pace viva”, scriveva il Presidente russo sul New York Times.

La posta in gioco è alta. Putin osserva: “Se riusciremo ad evitare l’uso della forza contro la Siria, questo migliorerà il clima negli affari internazionali e rafforzerà la fiducia reciproca. Ciò costituirà il nostro successo comune e aprirà la strada alla cooperazione in altre questioni critiche”.

In termini più concreti, Stati Uniti e Russia potrebbero rafforzare la loro cooperazione nella lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, in particolare, nel quadro dei negoziati sul “dossier nucleare” iraniano.

D’altra parte, tanto la distruzione degli arsenali siriani quanto i colloqui tra l’Iran e le sei potenze mondiali dell’Onu (Cina, Francia, Germania, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) hanno come obiettivo la creazione, in Medio Oriente, di zona libera da armi di distruzione di massa.

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