Caso Snowden, un affare per tre

Vignetta di Niyaz Karim

Vignetta di Niyaz Karim

Dietro la vicenda dell’ex dipendente Cia, che apparentemente coinvolge solo Russia e Stati Uniti, potrebbero celarsi gli interessi di un altro protagonista: la Cina

La vicenda di Edward Snowden, funzionario dell’Nsa in fuga, ha raggiunto il suo apice. Così almeno speriamo. Dopo che Mosca gli ha concesso asilo, e dopo che Washington ha annullato la visita di Barack Obama in Russia, il punteggio di questa strana disputa potrebbe essere di 1-1. Ora, probabilmente, si è arrivati a un punto fermo. Anche se le cose potrebbero svilupparsi in modo leggermente diverso.

Gli Stati Uniti, ad esempio, potrebbero ampliare la lista Magnitsky, mentre la Russia potrebbe porre fine ai suoi dubbi e trasformare Snowden in una star della propaganda impegnata a smascherare l'ipocrisia degli americani, difensori dei diritti e della libertà.

L'impressione, però, è che né il Cremlino né la Casa Bianca opteranno per queste soluzioni: Snowden ha colto tutti di sorpresa, ed entrambe le parti si sono ritrovate in trappola nel momento in cui sono state le circostanze a dettare le loro mosse politiche. E non il contrario. Gli errori sono stati fatti da parte di entrambi.

Le agenzie di sicurezza russe si sono lasciate sfuggire il momento in cui i loro colleghi cinesi, desiderando mettersi al riparo, hanno spedito il fuggitivo fuori da Hong Kong, verso Mosca. E, non avendo valutato tutte le possibili conseguenze della sua presenza in Russia, sono state troppo lente nel rispedire a casa l’ospite. Soprattutto nel momento in cui egli stesso ha espresso il desiderio di ritrovarsi un altro emisfero.

Snowden protagonista
di una tragicommedia

Le autorità statunitensi, infuriate per lo scandalo creato da Snowden, si sono affrettate nel tentativo di neutralizzarlo, lasciandolo nella capitale russa. Ma Washington probabilmente non ha capito che la presenza di Snowden a Mosca ha conferito alla vicenda maggiore risonanza. Molta di più. Molta di più rispetto all’ipotesi in cui Snowden si fosse ritrovato a Caracas o a L’Avana.

C’è una grande smania, da parte degli annalisti russi e americani, di discutere di come i rispettivi governi abbiano approfittato di questa vicenda per mettere nei guai la propria controparte. In realtà, pare che una serie di errori di calcolo abbia costretto le parti ad agire così come hanno fatto.

Il risultato è stato che la Russia, per via della propria incapacità di agire con una certa rapidità, non ha organizzato un trasferimento sicuro di Snowden verso un Paese terzo. E si è ritrovata in una situazione in cui sarebbe stato moralmente e politicamente sbagliato non dargli asilo. Gli Stati Uniti, che hanno deciso di trasformare un episodio piuttosto insignificante e di pertinenza di un Paese straniero in una questione politica importante, non potevano permettersi di fare marcia indietro. Come risultato, tutti sono scontenti di ciò che è successo.

La domanda più frequente dopo che il meeting tra Obama e Putin è stato annullato è come questa vicenda influenzerà i rapporti russo-americani. Anche se sarebbe assurdo sostenere che l'impatto sarà ugualmente positivo, ora che il “danno” è fatto si possono trovare alcuni aspetti positivi: i rapporti bilaterali tra la Russia e gli Stati Uniti, dopo un’impennata nel 2009-2010, da quel momento si sono fatti stagnanti. C'era bisogno di andare avanti, di infondere nuova vita a queste relazioni tramite un 'reset 2' o qualcos'altro. Entrambi hanno espresso sempre più spesso dubbi circa il fatto che queste relazioni, una volta fondamentali per la politica mondiale, avessero ancora uno status prioritario.

La reazione di Mosca alla decisione di Obama di continuare i colloqui sul controllo delle armi durante il suo secondo mandato ha rappresentato una sorta di spartiacque. La reazione non è stata negativa, bensì di totale indifferenza e di totale mancanza di interesse. Si è scoperto che, in assenza della onnipresente questione nucleare, la grande agenda finisce per sgretolarsi. Discutere la disperata situazione siriana o altri conflitti locali non richiede assolutamente la partecipazione personale dei presidenti, il lavoro può essere svolto dai diplomatici, tanto più che gli attuali ministri degli esteri di Russia e Stati Uniti sono degli assi della diplomazia.

Il caso Snowden è giunto al momento opportuno perché ha dimostrato che non c’è nulla di abbastanza significativo tra Mosca e Washington che permetta di superare i giochi politici interni e il fare a testate per questioni di prestigio. Se non fosse stato per questo incidente, Obama avrebbe fatto la sua visita tanto attesa. Ma, a parte il fatto della riunione in sé e della firma di sterili documenti, non ci sarebbe stato alcun risultato.

C’è anche un altro aspetto che si nasconde dietro la vicenda Snowden, ed è legato al ruolo della Cina: è improbabile che le azioni di Pechino siano state dettate da progetti di vasta portata. Più semplicemente la Cina non ha voluto altri problemi con Washington e si è rapidamente sbarazzata di una potenziale fonte di grane. Ma a giudicare dalle apparenze, la Cina sembra aver provocato una controversia tra gli Stati Uniti e la Russia, i cui buoni rapporti non rientrano oggettivamente tra gli interessi cinesi. La Cina ha reso evidente agli americani di non essere alla ricerca di pretesti per un conflitto e ha ricordato ai russi qual è il Paese con cui dovrebbero cercare una vera partnership (cioè la Cina). Il paradosso è che, più peggiorano i rapporti tra Russia e America, più opportunistico diventa l’interesse di Pechino per Mosca, perché una tale situazione porterebbe la Russia a ritenere che la logica della politica globale la rende in ogni caso più vicina alla Cina. Quindi non c’è alcuna necessità da parte della Cina nel cercare di migliorare le relazioni.

Questo ambiguo triangolo formato dai tre Paesi più importanti del mondo rischia di plasmare il futuro dell'agenda russo-americana, e sarebbe molto diverso rispetto alla lista agonizzante dei temi della Guerra Fredda. Nel frattempo, dobbiamo aspettare e vedere cosa ne sarà dello sfortunato informatore dell’Nsa che evidentemente non si aspettava tutti questi colpi di scena.

Fedor Lukjanov è redattore capo di Russia in Global Affairs. Si è laureato presso la Facoltà di Filologia dell'Università di Mosca. Scrive di questioni internazionali dal 1990. Ha lavorato con Mosca Radio International, le testate Segodnya, Vremya MN e Vremya Novostei. È direttore della presidenza del Consiglio per la politica estera e di difesa.

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