Vignetta di Niyaz Karim
Il 14 giugno 2013 la Casa Bianca ha annunciato di disporre di prove sull’uso di armi chimiche da parte dell’esercito siriano ed è pronta per questo ad avviare le forniture di armamenti all’opposizione. La mossa americana è stata fatta alla vigilia dell’incontro del G8 in cui i leader d’Occidente alla guida del presidente americano cercheranno probabilmente di convincere Vladimir Putin a rifiutare di sostenere il presidente siriano.
Come ha dichiarato Ben Rhodes, vice consigliere del presidente americano per la sicurezza nazionale, “il nostro (americano, ndr) servizio d’intelligence ha stabilito che l’anno scorso in alcune occasioni il regime di Assad si è servita di quantità limitate di armi chimiche, tra cui il sarin, un gas nervino che colpisce il sistema nervoso”, causando la morte di 100-150 oppositori, secondo quanto riferito dal funzionario. “Il presidente ha detto che l’impiego di armi chimiche avrebbe cambiato il suo giudizio e così è stato”, ha rilevato Rhodes, aggiungendo che in seguito all’episodio Obama ha preso la decisione di estendere l’aiuto all’opposizione siriana che da ora contemplerà anche l’“appoggio militare”. Rhodes tuttavia non ne ha specificato gli aspetti concreti.
Ricordiamo che l’Ue aveva deciso di non prolungare la moratoria per la fornitura di armi in Siria, permettendo così a Regno Unito e Francia, molto favorevoli alla decisione, di iniziare a sostenere militarmente l’opposizione. Nel frattempo, Washington, Parigi e Londra non si sono espresse sulle scadenze e l’ordine delle forniture.
Il problema in realtà non riguarda l’appoggio militare. Sono ormai più di due anni che i rivoltosi combattono contro l’esercito regolare siriano, e non certo a mani nude. Basti pensare al Qatar che, secondo i comunicati delle agenzie informative, ha finanziato aiuti per oltre un miliardo di dollari.
La questione è capire se il regime di Assad utilizzi armi di distruzione di massa, in questo caso particolare di tipo chimico. La sostanza è inaccettabile nel mondo di oggi, dove le armi di distruzione di massa sono prima di tutto mezzi di repressione. Si tratta di una vera e propria “linea rossa”, se Assad la oltrepasserà sarà messo al bando dalla comunità internazionale.
Mosca ritiene che le accuse indirizzate a Damasco siano infondate. Il consigliere del Presidente russo per gli Affari internazionali Yuri Ushakov ha dichiarato ai giornalisti: “Volevo ribadire l’effettivo incontro tra i nostri rappresentanti e quelli americani, durante il quale questi ultimi hanno cercato di presentarci informazioni sull’utilizzo da parte del regime di Assad di armi chimiche, ma dirò subito che quanto esposto dai colleghi statunitensi a noi non appare convincente”.
Ushakov ha ricordato che, alla vigilia dell’attacco all’Iraq, il segretario di Stato Usa Colin Powell aveva mostrato dalle tribune dell’Onu una provetta con una sostanza bianca, sostenendo che Saddam Hussein sarebbe stato pronto a impiegarla in qualsiasi momento. Tuttavia gli americani non sono stati in grado di trovare conferme di un reale impiego di armi di distruzioni di massa in Iraq.
Il funzionario vicino al Presidente russo ha tenuto a precisare la sua personale opinione in merito alla situazione creatasi, sostenendo che “per gli americani era importante utilizzare a proprio vantaggio il fatto che l’informazione fosse stata presentata” alla parte russa.
In sostanza, con la sua dichiarazione, Washington ha indicato il tema principale del summit del G8, previsto per il 17 e il 18 giugno 2013 nell’Irlanda del Nord, oltre a stabilire l’ordine del giorno dell’incontro tra Putin e Obama, in programma “a margine” del convegno.
Come ha annunciato il 13 giugno 2013 ai giornalisti l’ambasciatore americano a Mosca Michael McFaul, “quando i nostri presidenti si incontreranno l’impiego di armi chimiche in Siria sarà una delle questioni fondamentali da discutere”. Egli aveva anche aggiunto che in questo caso gli interessi di Mosca e Washington convergono. “Quando il segretario di Stato americano John Kerry è venuto in visita a Mosca ha fatto chiaramente capire che avremmo voluto lavorare a fianco della Russia e non contro di lei nell’affrontare le sfide comuni”, ha sottolineato l’ambasciatore americano.
Mosca è contraria alle armi chimiche, chiunque voglia utilizzarle. La collaborazione tra le due potenze in merito alla questione è uno degli elementi chiave di tutto il sistema di rapporti internazionali. Il Cremlino ha detto più volte di essere pronto a interagire su basi paritarie con l’America nella risoluzione dei problemi globali.
È perciò probabile che a Putin verrà offerta la possibilità di cambiare posizione sulla Siria, rinunciando a sostenere Assad senza perdere la faccia. A giudicare dalle dichiarazioni di Ushakov, però, il numero uno del Cremlino non sembra essere interessato all’offerta e rimane, come prima, contrario all’impiego di forze esterne per un cambio di regime.
Ci sarebbe anche un’altra strada: l’aiuto militare all’opposizione, che potrebbe includere non soltanto la fornitura di armi e un appoggio informativo, ma anche l’introduzione di una no fly zone menzionata dal Wall Street Journal, con riferimento ai soldati americani.
Queste misure possono azzerare la supremazia delle truppe governative e alterare l’equilibrio delle forze alla vigilia della conferenza di pace sulla Siria in programma a Ginevra, i cui promotori sono la Russia e gli Stati Uniti. L’incontro tuttavia potrebbe essere messo a rischio dal fatto stesso di un’aperta ingerenza dall’esterno nella crisi siriana.
“Per ora non è la fine di Ginevra 2, - ritiene Fedor Lukyanov, il capo del presidium del Consiglio per la politica estera e di difesa della Russia. - Obama è da tempo sotto forti pressioni, accusato di non fare niente, e da molto ormai si parla del fatto che verrà fornito qualche appoggio militare. L’averlo deciso comunque non vuol dire che lo si faccia già. In effetti tutte le parti, sia la Russia sia l’Unione Europea, dicono che inizieranno i rifornimenti, per ora stiamo a vedere come finisce il processo di preparazione alla conferenza. Per il momento mi sembra di essere ancora nell’ambito di un gioco diplomatico”.
Lukyanov stima che nel caso in cui il processo di preparazione al summit non abbia un esito positivo, prenderà il via un’intensa escalation che includerà “l’armamento di tutte le parti e da tutte le parti. In questo modo il prossimo periodo segnerà senza dubbio la fine di tutti questi tentativi di pace”.
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