Corea del Nord, né guerra né pace

Vignetta di Niyaz Karim

Vignetta di Niyaz Karim

Ecco perché, secondo l'autore del commento che è un esperto di Asia, un conflitto non converrebbe al Nord della Penisola, ma nemmeno al Sud

La Corea è di nuovo sotto i riflettori. I media internazionali assicurano ai propri creduloni lettori che la penisola coreana è sull'orlo di una guerra, un conflitto che potrebbe scoppiare in qualsiasi momento. Di solito viene opportunamente dimenticato che simili servizi compaiono sugli stessi media ogni due o tre anni nel corso degli ultimi due decenni. Naturalmente, la temuta (o forse attesa) guerra non si è verificata, e probabilmente non si verificherà.

È un dato di fatto geopolitico in Corea che nessuna delle due parti vuole una guerra, e ciò non perché il Sud o il Nord possiedono una notevole avversione alla violenza o allo spargimento di sangue, ma piuttosto a causa di considerazioni geopolitiche e strategiche che sono condivise sia da Pyongyang che da Seul.

Dal momento che è il Nord a fare molto più rumore e a mostrare atteggiamenti ostili, ha senso iniziare con Pyongyang. C'è una ragione molto importante per cui la guerra non è nell'interesse di Pyongyang: non può vincerla. Il suo esercito è equipaggiato con armi sovietiche obsolete che sarebbero più adatte a un museo di storia militare. Il suo esercito può essere enorme, ma rappresenta essenzialmente una massa di reclute scarsamente addestrate e denutrite. Un tale esercito, come l'esperienza degli ultimi dieci anni ha dimostrato, non può competere con la Corea del Sud o con le forze militari statunitensi.

Anche sul fronte delle armi nucleari non c’è molta differenza. Dopo tutto, la Corea del Nord non ha un sistema di consegna affidabile. Pertanto, anche se fosse in grado di consegnarle attraverso metodi non convenzionali – ad esempio, nascondendo un ordigno nucleare in una nave da trasporto o in un piccolo sottomarino - la mezza dozzina di dispositivi nucleari che probabilmente possiede  non sarebbero sufficienti per esercitare un impatto decisivo sul risultato di una guerra. Semmai, l'utilizzo di tali dispositivi probabilmente renderebbe gli avversari ancora più determinati nel dare la caccia ai responsabili (ossia ai leader della Corea del Nord).

In altre parole, la guerra significa un suicidio per i leader del regime della Corea del Nord e loro ne sono perfettamente consapevoli. Senza dubbio ci sono alcuni regimi disposti a sacrificare tutto per il nobile obiettivo di colpire qualche migliaio di infedeli, ma la Corea del Nord non è uno di questi Paesi.

Il Sud, nonostante la sua superiorità militare, notevole e in costante crescita, ha anche una buona ragione per non iniziare una guerra. Anche se il Sud è quasi sicuro di vincere una guerra, la vittoria verrebbe conquistata a un prezzo molto alto. Il problema principale è la posizione di Seul, capitale della nazione e principale centro urbano del Paese.

Seul si trova molto vicino al confine e quindi circa 25 milioni di persone - quasi la metà di tutta la popolazione sud-coreana - vive sotto il tiro dei pezzi di artiglieria della Corea del Nord (la maggior parte dei quali sono posizionati appena a Nord dei sobborghi di Seul, localizzati nella parte più settentrionale del Paese). In caso di guerra, Seul subirebbe brutali bombardamenti.

A complicare ulteriormente le cose, l'avanzata delle forze della Corea del Sud nel territorio nord-coreano non sarà facile. La Corea del Nord è un Paese montuoso e l'esercito nordcoreano ha impiegato decenni per trasformare lo Stato in quello che amano descrivere come un’impenetrabile fortezza. Questo cosiddetta “fortezza” in realtà non è impenetrabile, ma occuparla è destinata a rivelarsi un’operazione molto difficile e costosa.

Ultimo ma non meno importante, una vittoria implica che la Corea del Sud si troverebbe a fronteggiare l'enorme compito di ricostruire la Corea del Nord, un compito verso il quale la maggior parte dei sudcoreani non nutre alcun entusiasmo.

In altre parole, la Corea del Sud si troverebbe di fronte a una vittoria di Pirro. Il Paese tornerebbe indietro economicamente di qualche decennio e ciò potrebbe richiedere una generazione per recuperare.

Non vi è quindi motivo di preoccuparsi circa l’ipotesi di una guerra nella penisola coreana. Anche se un'eccessiva dimostrazione di forza portasse ad alcuni inopportuni episodi (una possibilità remota, ma reale), entrambi i governi cercheranno di circoscrivere il danno rapidamente e, naturalmente, nessuna delle due parti ha intenzione di commettere un suicidio politico ed economico iniziando una guerra.

Nessuno dei due Paesi vuole perdere una guerra ed essere messo sotto processo per reali e presunte violazioni dei diritti umani, e una vittoria di Pirro non rappresenta un affare allettante per nessuno dei due Stati.

L'autore è uno studioso russo di Asia e uno specialista in studi coreani

Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie