Vignetta di Natalia Mikhaylenko
A poco più una settimana dal duro scontro con l'Ue, seguito dai disperati tentativi di ottenere ulteriori liquidità dagli investitori russi, Cipro ha dovuto accettare le condizioni di Bruxelles e Berlino sulla ristrutturazione del proprio sistema bancario a spese dei risparmiatori.
È la prima volta che nella zona euro viene adottata una simile strategia per risolvere problemi legati al debito, in totale contraddizione con l'approccio fin qui utilizzato dall'Ue per risolvere le crisi bancarie. La determinazione senza compromessi dei funzionari europei ha fatto prendere un bello spavento ai mercati: a quanto pare l'escalation della crisi finanziaria cipriota è il primo tentativo di Bruxelles di creare un modello parziale delle possibili conseguenze di una dissoluzione dell'eurozona. Solo che a pagare i conti saranno soprattutto i risparmiatori russi. Secondo una stima fatta da Moody's, più di 30 miliardi di euro dei 68 depositati nelle banche cipriote, provengono da imprese e privati russi.
La situazione che è stata generata dal prestito di 10 miliardi di euro concesso a Cipro dall'Ue ha avuto per l'isola risvolti disastrosi. Il neo-presidente Anastasiades si è trovato di fronte alla decisione più difficile della sua vita, che ha portato l'isola a essere privata della possibilità di mantenere lo status, molto vantaggioso dal punto di vista economico, di Paese offshore.
Per la prima volta nella storia della moneta unica europea la responsabilità del salvataggio degli istituti bancari nazionali è stata messa completamente non sulle spalle di azionisti e creditori, i quali comunque vedranno andare in fumo i propri investimenti, bensì su quelle dei risparmiatori, sacrificati in piena coscienza.
Secondo gli accordi Ue con Cipro, solo i più ricchi saranno costretti a “soffrire per l'ideale”: infatti solo i risparmiatori che hanno depositato nelle due maggiori banche dell'isola, la Bank of Cyprus e la Cyprus Popular Bank (Laiki), più di 100 mila euro perderanno parte dei propri soldi. Inoltre se i clienti della prima banca dovranno sborsare una “tassa” del 30 per cento sul valore del proprio deposito, i clienti di Laiki, che a settembre del 2012 aveva già un buco di 1,8 miliardi di euro, perderanno probabilmente tutti i soldi depositati.
Al momento attuale né il mondo finanziario, né le istituzioni russe sono in grado di fare una stima di quello che sarà il volume effettivo delle perdite dei risparmiatori russi, secondo quanto già affermato dal vice-premier Igor Shuvalov. Le ultime valutazioni ufficiose si aggirano intorno ai 4 miliardi di euro, tuttavia secondo l'analista bancario della filiale moscovita di Moody's, Evgenij Tarzimanov, si tratta di una previsione eccessivamente ottimista. Secondo alcuni dati, i russi potrebbero perdere più della metà dei propri risparmi. Come fanno sapere fonti russe sull'isola, il danno maggiore lo subiranno quelle imprese russe che lavorano direttamente a Cipro accumulando sul posto le risorse finanziarie per effettuare gli investimenti.
Secondo gli esperti, la linea dura di Berlino, che già da tempo, ma senza successo, insisteva per una maggiore trasparenza delle operazioni finanziarie su Cipro, ha permesso alla Germania di prendere due piccioni con una fava. L'Ue non solo è riuscita infatti a risolvere la crisi finanziaria di Cipro, ma ha anche ottenuto una drastica riduzione dell'attrattiva che l'isola esercitava sugli investitori stranieri, in particolare russi.
“Ci auguriamo che il sistema bancario cipriota riesca a evitare la fuga in massa dei capitali, tuttavia è ormai impossibile sperare nell'affluenza di nuovi mezzi dall'estero. Berlino ha avuto quello che voleva, anche se le pretese europee sull'isola sono prive di fondamento”, si lamenta Constantinos Loizides, direttore generale di Piraeus Bank, che a differenza di Laiki e Bank of Cyprus è riuscita a preservare i soldi di tutti i propri clienti.
La situazione creatasi a Cipro, con le banche chiuse, le perdite dei risparmiatori e il sistema di controllo sui flussi di capitale, che va contro tutti i principi dell'Ue, ha portato alcuni esperti a ipotizzare che gli eventi a cui stiamo assistendo non siano altro che una specie di prova generale in vista di un possibile crollo su grossa scala della valuta europea.
“Il libero movimento dei flussi finanziari tra le banche di Paesi diversi è una delle caratteristiche principali dell'unione monetaria. Se tale movimento venisse limitato, il valore dell'euro su un conto di una banca cipriota sarà ovviamente inferiore rispetto a quello di depositi bancari in altri Paesi. E questo in sostanza significa che l'euro cipriota non è già più euro. Ponendo dei limiti agli spostamenti di capitale, la Banca Centrale Europea ha di fatto creato a Cipro una nuova valuta”, scrive il vicedirettore di Bruegel Guntram Wolff.
A quanto pare la fine dell'euro sarà proprio così: i Paesi non si metteranno ad annunciare ufficialmente la propria uscita dall'unione monetaria (anche perché non esiste un meccanismo di annullamento dell'appartenenza all'Ue), ma si limiteranno a introdurre delle restrizioni ai trasferimenti di capitale circoscrivendo i sistemi bancari nazionali entro dei confini geografici.
Secondo le previsioni degli analisti, questo modello di condotta di Bruxelles in una situazione di crisi economica potrebbe essere un segnale per altri Paesi europei “non virtuosi”, i cosiddetti Pigs, dove non è da escludere che gli investitori si facciano prendere dal panico provocando una fuga di capitali. Se questo accadesse i funzionari europei potrebbero decidersi una seconda volta a stabilire il proprio controllo sugli spostamenti di capitale, e in tal caso potremmo dire addio alla moneta unica europea come la conosciamo adesso.
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