Otto anni di Obama, dal reset alla nuova guerra fredda

Il 44esimo Presidente Usa Barack Obama, a destra, stringe la mano all’allora Presidente russo Dmitrij Medvedev durante il G20 di Londra, aprile 2009.

Il 44esimo Presidente Usa Barack Obama, a destra, stringe la mano all’allora Presidente russo Dmitrij Medvedev durante il G20 di Londra, aprile 2009.

: AP
Al suo arrivo alla Casa Bianca il 44esimo Presidente degli Stati Uniti si era detto favorevole a ripristinare i rapporti con Mosca. Ma gli interessi contrastanti e il clima di scarsa fiducia hanno vanificato ogni sforzo. E oggi, al termine del suo mandato, le relazioni tra Washington e il Cremlino appaiono più tese che mai

Barack Obama lascia la Casa Bianca. Nell’ultima conferenza stampa del 18 gennaio, il 44esimo Presidente degli Stati Uniti ha dichiarato di aver sempre puntato a relazioni costruttive con la Russia. Ma per la fine del suo mandato ci si aspettava molto di più sotto questo profilo, e di certo non l’espulsione dei diplomatici russi dagli Usa e le accuse lanciate a Mosca di aver minato l’ordine mondiale. 

D’altronde negli ultimi anni Obama ha usato più di una volta toni duri contro il Cremlino, criticando la sua politica con l’Ucraina e “l’appoggio al regime dell’assassino” Bashar Assad in Siria. Mosca da parte sua ha reagito accusando gli Usa di russofobia e di infondate pretese alla leadership mondiale.

L'arrivo di Obama

Ma le relazioni tra Russia e Stati Uniti non sono sempre state così negative. La vittoria di Obama alle presidenziali del 2008 era stata accolta in Russia con un cauto ottimismo. Obama aveva accennato a piani per ripristinare le relazioni con Mosca, interrotte dopo il conflitto esploso in agosto tra Russia e Georgia per l’Ossezia del Sud.

Particolare significato era stato attribuito allora alla spinosa questione dell’eventualità di un dispiegamento di sistemi antimissile in Polonia e Repubblica Ceca e anche alla firma del nuovo accordo sulla riduzione e limitazione delle armi strategiche (Start).

Il sistema di difesa missilistico come pietra del contendere

Il “reset” delle relazioni tra i due Paesi promosso da Obama e Medvedev nei primi tempi ha prodotto qualche risultato. Nell’aprile 2010 i Presidenti di Russia e Stati Uniti hanno siglato l’accordo Start III, che sanciva le regole del “gioco nucleare” fino al 2021: in base all’accordo le due superpotenze avevano l’obbligo di ridurre il numero di testate nucleari a 1.550 e dei missili a 700.  Gli Usa, inoltre, a detta di Obama, avevano agevolato nel 2012 l’ingresso della Russia nel Wto.

Ad assestare il primo duro colpo al processo di “reset” è stata, a detta di Evgenij Minchenko, presidente della holding di comunicazioni “Minchenko consulting”, la questione dell’EuroPro. “Malgrado si fossero affrettati a sottoscrivere lo Start III, gli americani hanno annunciato il loro programma di dispiegamento dei sistemi di difesa missilistici (Pro) nell’Europa Orientale e ciò ha segnato l’inizio del raffreddamento dei rapporti tra le due superpotenze”, afferma l’esperto intervistato da Rbth. Le dichiarazioni secondo le quali il sistema di difesa missilistico sarebbe stato diretto contro l’Iran e non contro la Russia, non ha convinto Mosca.

Dello stesso avviso è anche Aleksej Arbatov, esperto del Centro Carnegie di Mosca e coordinatore del programma sulla non proliferazione nucleare. “I sistemi di difesa missilistici in Europa Orientale e negli Stati Uniti sono stati ritenuti la condizione necessaria per la prosecuzione del dialogo con la Russia. Ma dal punto di vista russo hanno, al contrario, bloccato il dialogo”, spiega Arbatov. Secondo l’esperto, in tale contesto Obama si sarebbe comportato in modo pragmatico, gestendo gli interessi nazionali degli Usa, mentre le sue qualità personali passavano in secondo piano. 

Il Presidente russo Vladimir Putin, a sinistra, con Barack Obama durante un loro faccia a faccia in Russia. Fonte: APIl Presidente russo Vladimir Putin, a sinistra, con Barack Obama durante un loro faccia a faccia in Russia. Fonte: AP

Da Gheddafi alla rielezione di Putin

In seguito si sono succeduti uno dietro l’altro una serie di eventi come la “primavera araba” e l’intervento degli Usa e dei Paesi europei in Libia nel 2011che hanno deteriorato le relazioni bilaterali delle due superpotenze. “L’assassinio di Gheddafi ha provocato in Russia un’ondata di sconcerto”, ricorda Arbatov. Le autorità russe hanno recepito la guerra civile in Libia e la disintegrazione del Paese come una conseguenza della politica pericolosa e irresponsabile degli Usa.

Il fulcro del successivo deterioramento delle relazioni tra i due Paesi sono state le elezioni della Duma di Stato del 2011 e le conseguenti proteste di massa. “Durante l’ondata di proteste degli anni 2011-12 il governo russo ha realizzato che gli americani avevano interferito in modo alquanto rozzo nelle questioni interne della Russia”, sostiene Evgenij Minchenko. 

Nel 2012, dopo la rielezione di Vladimir Putin alla presidenza della Russia, le relazioni si sono ulteriormente raffreddate. Arbatov rileva che, a partire dal secondo mandato di Putin, la Russia per la prima volta dal 1991 “si è allontanata dalla via dello sviluppo europeo”. Mosca ha cominciato a posizionarsi come Paese eurasiatico, indipendentemente dall’opinione di Washington e dell’intero Occidente.

Spiragli di luce nel buio

A detta di Minchenko, la frattura definitiva tra la Russia e gli Usa si è verificata nel 2014 dopo l’adessione della Crimea e l’esplosione della guerra civile in Ucraina. Gli Stati Uniti hanno appoggiato l’Ucraina nella controversia territoriale con la Russia e hanno introdotto delle sanzioni economiche come reazione all’“aggressione russa”. Tuttavia, il Presidente Putin ha dichiarato che l’operazione di “reset” è finita dopo la Libia, ben prima quindi della Crimea.

La crisi siriana in cui la Russia ha appoggiato il Presidente Bashar Assad, e gli Stati Uniti l’opposizione, ha avuto ripercussioni negative sulle relazioni bilaterali. La retorica aggressiva ha raggiunto l’apice nell’autunno 2016 dopo il fallimento dell’ennesimo tentativo di regolamentare il conflitto. “Nelle relazioni russo-americane ha regnato uno spirito da ‘guerra fredda’ col rischio di chissà quali sviluppi”, ha scritto in ottobre il politologo Fedor Lukyanov.

D’altro canto, rilevano gli analisti, persino nel periodo più negativo delle loro relazioni Russia e Usa hanno sempre dimostrato la loro capacità di cooperare su singoli problemi. “Durante il mandato di Obama e già all’epoca di Putin abbiamo cooperato insieme sul programma nucleare iraniano e sulla sfida rappresentata dalle armi chimiche siriane. Ma tale collaborazione è stata selettiva e mirata - afferma Arbatov -. Complessivamente ormai le parti si sono mosse su due linee contrapposte”.

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