Il ministro turco degli Esteri Feridun Sinirlioglu, il segretario di Stato USA John Kerry, il ministro degli Esteri di Arabia Saudita Adel al-Jubeir e il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov durante il loro faccia a faccia a Vienna
AFP/East NewsDall’inizio dell’operazione militare russa in Siria, il 23 ottobre a Vienna si è tenuto il primo incontro tra il ministro russo degli Affari Esteri Sergei Lavrov e il segretario di stato americano John Kerry. Al termine di un faccia a faccia a porte chiuse, alla discussione si sono aggiunti i capi dei Ministeri degli Esteri di Arabia Saudita e Turchia. In entrambi i casi si è parlato del processo di regolazione e della creazione di una larga coalizione anti-ISIS.
La possibilità di una grande coalizione
Dalle dichiarazioni di Lavrov è emerso che non vi sono stati accordi in merito all'uscita del Presidente Bashar al-Assad; quanto al “quartetto” invece, è ormai chiaro che non si è trattato del formato in cui si progettava di condurre le trattative. Ai partecipanti, la Russia, sperava infatti di aggiungere almeno Iran ed Egitto e, in prospettiva, anche Qatar, Emirati Arabi Uniti, Giordania e altri stati chiave della regione. Nel corso di quella stessa giornata, Lavrov è riuscito a confrontarsi con il ministro degli Affari Esteri della Giordania. Esito dell'incontro è stato l'accordo di coordinare le operazioni militari ad Amman. Indispensabili sono gli incontri su larga scala fra Bashar al-Assad e tutti i fronti dell'opposizione, “tanto interni, quanto esteri e con l'attivo sostegno di tutti i giocatori coinvolti”, ha sottolineato di nuovo con forza il ministro russo.
Il fatto di essere riusciti da subito a coinvolgere nelle trattative alcune delle forze in campo è visto da alcuni esperti come un progresso sostanziale. “Era piuttosto ovvio che dopo un solo incontro non sarebbe stato possibile trovare una soluzione, e le divergenze sono talmente ampie che persino il semplice fatto dell'incontro rappresenta già un passo in avanti. I giocatori internazionali stanno realmente considerando un modello di possibile coalizione internazionale”, questa l'opinione del direttore del Centro per l'Asia e il Medio Oriente dell'Istituto russo di ricerche strategiche Elena Suponina.
Non perdere la faccia
Uno dei principali punti di disaccordo riguarda, come in precedenza, la sorte del Presidente siriano. La variante più realistica è quella di lasciare momentaneamente questo tema in secondo piano e di concentrarsi piuttosto sulla lotta al terrorismo, “in presenza di una volontà politica, la questione di Assad è pienamente risolvibile”, sostiene Suponina. Ma se vi sia volontà politica o no da parte del Presidente Obama rimane un punto interrogativo, tanto più che negli USA si è in periodo pre-elettorale, aggiunge l'esperto.
Un'attiva campagna pre-elettorale è ora in corso in Turchia, dove la prossima settimana si terranno le elezioni in parlamento e al Presidente Tayyip Erdogan occorrerà raggiungere la maggioranza parlamentare.
Rinunciare alla propria pretesa
“Assad deve andarsene ora”, significherebbe fare la figura del perdente in politica estera, nonché quella del politico fallito: “Io non posso immaginare una situazione in cui Erdogan, con il suo stile autoritario di governo, possa fare un passo indietro e agire come politico debole di fronte al suo elettorato”, ritiene l'arabista, professore della cattedra di politologia generale della VshE Leonid Isaev Isaev.
In altri termini, attualmente la questione principale per molti partecipanti ai colloqui è quella d'immagine. La cosa più importante al momento è individuare una costruzione comune in cui nessuno debba ritrovarsi a perdere la faccia.
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