Da sinistra, il Presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko, il Presidente russo Vladimir Putin, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il Presidente francese Francois Hollande e il Presidente ucraino Petro Poroshenko, riunitisi a Minsk per cercare un accordo sulla questione ucraina (Foto: Konstantín Zavrazhin / Rossiyskaya Gazeta)
Dopo oltre quindici ore di colloqui, si è concluso a Minsk l’incontro tra il Presidente russo Vladimir Putin, il Presidente ucraino Petro Poroshenko, il Presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel, riunitisi per cercare di trovare un accordo sulla crisi ucraina. E mentre si svolgeva il vertice tra i quattro leader, la capitale bielorussa ha ospitato anche l’incontro tra i gruppi di contatto dei rappresentanti di Russia, Ucraina, Osce e separatisti.
I difficili negoziati si sono conclusi con l’approvazione, da parte dei partecipanti del gruppo di contatto, di un documento che prevede la realizzazione dell’accordo di Minsk, siglato a settembre.
Allo stesso tempo i leader dei quattro paesi hanno sottoscritto una dichiarazione con la quale si esprime il proprio sostegno al documento.“è stato possibile raggiungere un accordo sui punti essenziali”, con il cessate il fuoco previsto dalla mezzanotte del 15 febbraio. Le controparti hanno inoltre concordato il ritiro delle armi pesanti e la creazione di una zona di sicurezza lunga dai 50 ai 140 chilometri.
A vigilare sul cessate il fuoco sarà l’Osce, che dovrà inoltre supervisionare il ritiro delle forze straniere dal territorio ucraino.
Con l’accordo si vuole poi indire al più presto nuove elezioni nella zona del Donbass, concedere l’amnistia ai combattenti, approvare uno statuto speciale per le regioni del Donbass, e realizzare una riforma costituzionale nel paese.
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Gli occhi del mondo puntati su Minsk |
Tale riforma costituzionale presuppone l’adozione di una nuova legge, considerata “l’elemento chiave”, che preveda la decentralizzazione del potere in Ucraina.
Con la nuova costituzione e l’adozione di una legge speciale sembra risolto anche l’accordo su una delle principali questioni per l’Ucraina, ovvero il controllo della frontiera tra le regioni separatiste e la Russia.
Secondo il documento, il ristabilimento del controllo delle autorità di Kiev lungo i confini avverrà gradualmente a condizione che venga attuata una riforma costituzionale.
Risultati incoraggianti
I risultati del vertice di Minsk sono stati accolti positivamente dagli esperti russi. Così come sostiene Dmitri Danilov, capo del dipartimento per la Sicurezza Europea dell’Istituto RAN, si è riusciti a trovare un accordo sulle questioni principali, necessarie per avviare un processo di pace: ovvero il cessate il fuoco e la demarcazione della linea di separazione.
Viktor Mizin, esperto internazionale, capo collaboratore scientifico del Centro di ricerca post-sovietica Mgimo, ha definito gli accordi di Minsk incoraggianti, visto che prevedono il cessate il fuoco. Gli analisti guardano invece in maniera più scettica gli accordi raggiunti dai leader politici, nell’ottica di una soluzione futura: così come chiarisce Danilov, c’è il rischio che le parti interpretino in maniera diversa il compromesso raggiunto, soprattutto in relazione alle questioni più delicate come lo statuto delle regioni del Donbass e il controllo delle frontiere. Così come sottolinea l’esperto, molto dipenderà dall’atteggiamento del governo di Kiev. “Ora Poroshenko dovrà negoziare con i propri colleghi a Kiev e con l’opinione pubblica”, sostiene l’esperto, facendo notare che, d’altro canto, anche i miliziani hanno la responsabilità di interpretare l’accordo in maniera tale da non rendere vani gli sforzi fatti fino ad ora.
Secondo Mizin, anche dopo i nuovi colloqui di Minsk la questione dello status delle regioni separatiste resta “un enorme problema ancora irrisolto”, così come la questione dei confini russo-ucraini in alcune regioni del Donbass. Così come fanno notare gli esperti, se l’accordo non dovesse funzionare, si rischia un grave collasso nell’est del paese. Un esito che né la Russia né l’Occidente vogliono.
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