Le drammatiche immagini di Parigi presa d’assalto dai terroristi (Foto: AP)
Più ancora di quello dell’11 settembre, l’attentato nella redazione di Charlie Hebdo a Parigi ha dimostrato che i valori fondamentali della civiltà occidentale sono esposti a minacce considerevoli. Quanto è accaduto a Parigi non è un attentato nel senso classico del termine. Si tratta piuttosto di un’aggressione di guerra locale, di un colpo inferto a una delle istituzioni-faro della società civile, la libertà di stampa. L’importante, in questo caso, non era uccidere quante più vittime possibile a caso, ma annientare persone precise, colpevoli di “comportamenti sconvenienti”. L’attentato non è stato portato a termine da attentatori suicidi, ma da assassini a sangue freddo che non avevano alcuna intenzione di limitarsi a uccidere le loro vittime, ma di scappare alle forze dell’ordine e alla giustizia. Questi terroristi non rappresentano una forza esterna, lontana, che lancia una sfida a uno stato nemico: sono terroristi che se la prendono con le istituzioni più importanti dello stato, quelle che addirittura definiscono i comportamenti in società. Il significato degli eventi che si sono svolti a Parigi supera ovviamente di molto l’ambito della sola Francia, e perfino dell’Europa, e ciò vale soprattutto per la Russia, le cui eventuali reazioni a queste azioni potrebbero avere conseguenze profonde, tanto in politica interna quanto in politica estera.
Nelle attuali circostanze, la solidarietà antiterroristica con il governo e il popolo francese potrebbe permettere di superare la crisi innescata dal conflitto ucraino, tanto più che il Presidente francese François Hollande ha evidenziato negli ultimi mesi un desiderio autentico di trovare una soluzione a questo problema nell’ambito delle relazioni con la Russia. Ma per dare un nuovo impulso positivo alla cooperazione tra Russia e Occidente coerentemente agli eventi di Parigi, sarebbe necessario prima di ogni altra cosa superare alcuni considerevoli ostacoli che potrebbero semplicemente trasformarsi in una nuova escalation di scontro. Molto dipenderà dai toni che la politica estera russa assumerà nel 2015, anno decisivo per questo paese. In verità, l’opinione pubblica russa negli ultimi anni si è dimostrata sempre più moralmente critica nei confronti della civiltà occidentale: l’Europa è definitivamente “caduta”, la sua popolazione ha perso ogni legame possibile con il senso del sacro, e avrebbe bisogno del conservatorismo salvifico della Russia, e così via.
In base a questa prospettiva, non è che il mestiere delle vittime dell’attacco terroristico abbia suscitato un’autentica corrente di simpatia in molti russi, che ritengono che in virtù della legge russa adottata nel 2013 le loro azioni avrebbero potuto benissimo essere definite “oltraggio ai sentimenti religiosi”, reato che prevede condanne al carcere fino a tre anni di reclusione. La Russia, costantemente sotto la minaccia di attentati terroristici, è ovviamente e istintivamente pronta a sostenere qualsiasi vittima di tali attentati, a prescindere dalle preferenze ideologiche o perfino morali. A partire da questi principi difficilmente compatibili, la reazione russa al massacro di Parigi potrebbe evolvere in molteplici direzioni, di gran lunga diverse tra loro. Una delle possibilità, più benevola ma difficilmente realizzabile, sarebbe la rinascita dello “spirito dell’11 settembre”, sorta di “periodo dorato” per la collaborazione antiterroristica tra Russia e Stati Uniti che Vladimir Putin rimpiange indubbiamente con una certa nostalgia. Tuttavia, i ricordi di un Occidente che va oltre gli interessi del suo alleato nella coalizione antiterroristica suscitano nondimeno seri equivoci nei confronti di tale nostalgia, mentre l’importanza delle divergenze nate dalla crisi ucraina non permetterebbe oggi di poter contare su un ripetersi dello scenario del 2001. È ancora possibile cercare di realizzare con la Francia ciò che non si è riusciti a fare con Washington, ma ciò dipende in maggior misura da un sogno molto diffuso in Russia, che auspica “l’esplosione dell’Occidente”.
Una coalizione internazionale contro l'Isis
Per la diplomazia russa l’altro scenario, molto più verosimile nelle attuali circostanze, comporta seri rischi di una rottura definitiva con l’Europa e un inasprimento dello scontro. Nel contesto di tale ipotesi, ci si può attendere educate condoglianze da parte della Russia, accompagnate da allusioni discrete, o meno, sul fatto che le vittime dell’attentato non si sono comportate in maniera molto responsabile, tenuto conto che hanno provocato i fanatici religiosi con le loro caricature, mentre lo stato francese non faceva nulla per riportare alla ragione questi giornalisti fuori di testa ed evitare così la tragedia. Nel complesso, questa interpretazione degli eventi da parte delle autorità russe può essere ritenuta la più probabile, in quanto rilancia in realtà il concetto di “whataboutism” così ricorrente nella politica estera del Cremlino, ma il cui significato è qui ribaltato, e passa dal “non guardatevi, siete così cattivi” a “guardateci, siamo molto migliori di voi”. La tesi secondo la quale l’ideologia russa è più avanti di quella dell’Occidente, tiene conto della nuova minaccia mondiale proveniente dai fanatici religiosi, ed “educa” in maniera preventiva i propri cittadini grazie a una limitazione giudiziaria della libertà di espressione, difficilmente permetterà alle due controparti di capirsi meglio. L’attacco contro il valore fondamentale della civiltà occidentale, la libertà d’espressione, spingerà la popolazione europea a fare causa comune per tenere testa a questa nuova minaccia, mentre Mosca, che reputa che i terroristi non siano gli unici responsabili, potrebbe essere vista come una complice segreta degli estremisti. L’opinione pubblica occidentale di conseguenza farà fatica a mostrare simpatie per la Russia.
L’opzione migliore per la Russia sarebbe quella di proporre un aiuto multilaterale alle forze di sicurezza francesi, senza tentativi di moralizzazione o di giocare con il fiorire di sentimenti antislamici, senza simpatie di facciata per i partiti di estrema destra, e così via. Tutto ciò sarebbe in effetti del tutto inappropriato e controproducente. L’attentato terroristico di Parigi dimostra che tutti i paesi della civiltà moderna sono su una stessa barca e si oppongono a una minaccia comune.
La versione originale dell'articolo è stata pubblicata su Russia Direct
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