Foto: AFP/East News
Nell'ultimo anno la Moldavia si è avvicinata all'Europa come nessun altro paese della CSI che Mosca consideri area di proprio interesse. E quanto più forte si faceva la crisi in Ucraina, tanto più l'Unione Europea si dimostrava benevola verso la piccola repubblica, nonostante i molteplici problemi irrisolti: dalla palese corruzione del sistema giuridico, al conflitto congelato in Transnistria.
Alla fine di giugno, quando sono iniziati gli scontri nel sud-est dell'Ucraina, la Moldavia ha firmato con l'Europa un accordo di associazione (ratificato questo mese dal parlamento europeo), mentre a settembre è divenuta operativa la zona di libero commercio con l'UE. Le autorità moldave definiscono l'accaduto un successo meritato e assicurano che questo è il risultato di serie riforme. Ma è difficile scrollarsi di dosso la sensazione che andando così incontro agli abbracci
di Bruxelles, Kishinev abbia lanciato la scintilla esplosiva del conflitto ucraino.
Al processo accelerato di eurointegrazione di Kishinev, Mosca ha risposto in maniera tradizionale: nel 2013, la Federazione Russa ha introdotto l'embargo sull'alcool di provenienza moldava, mentre quest'estate ha imposto forti limitazioni all'importazione dei prodotti agricoli. Ancora sovrintendente ai rapporti con Kishinev, il vice-premier Dmitri Rogozin ha più volte avvisato le autorità moldave del danno dell'avvicinamento con l'Europa e del beneficio invece di tornare sotto l'ala russa.
Equilibrio delle forze
Stando ai sondaggi, nel parlamento moldavo rientrano sei partiti, parimenti divisi in due gruppi: filo-russi e filo-occidentali. Gli occidentalisti sono rappresentati dai liberal-democratici, dai democratici e dai liberali. In precedenza essi facevano parte dell'alleanza di destra e patteggiavano per un avvicinamento all'UE. I liberali insistono addirittura su un rapido ingresso nella NATO.
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Agli “occidentalisti” si contrappone il blocco di sinistra: i comunisti, il partito Patria e i socialisti di Igor' Dodon. Questi ultimi sono categoricamente contro la NATO e a diversi livelli criticano l'Unione Europea. I comunisti sostengono che nell'accordo con l'UE non vengano considerati gli interessi nazionali e che pertanto esso necessiti di essere rivisto e modificato. Patria invece si batte affinché al referendum venga definito un vettore politico estero, mentre i socialisti promettono una immediata svolta a est, non appena ottenuto il potere.
Nessuno dei suddetti partiti otterrà alle elezioni la maggioranza che permetterebbe di formare il governo. Vale a dire, o dopo le elezioni i gruppi si accordano sulle coalizioni, oppure queste elezioni saran ben altro che le ultime.
Le puntate salgono
In un modo o nell'altro, Mosca supporterà il gruppo di sinistra. Ancora un anno fa si parlava di collaborare con i comunisti. Come ha messo in evidenza KommersantVlast, nel novembre 2013 il leader del partito comunista Gennadij Zjuganov ha spedito al Presidente della Russia un appello a cooperare con i comunisti moldavi in quanto principali alleati sul fronte moldavo, e l'accordo era stato ottenuto.
Ancora all'inizio di quest'anno la vittoria sembrava essere molto verosimile. I comunisti avevano portato la gente nelle strade, avevano definito l'associazione con l'UE illegale, cercando così di ottenere il referendum per l'ingresso all'Unione doganale. La loro popolarità crebbe a scapito di quella europea e del partito al potere.
Ma rapporti con i comunisti moldavi non vennero instaurati. Nel mese di maggio, il leader dei comunisti moldavi, Vladimir Voronin ripulì il partito, eliminando dai posti dirigenziali i critici più acerrimi del potere, cambiò nettamente la sua retorica abbandonando le critiche all'UE.
Dopo questo episodio al Cremlino rivolsero la loro attenzione al presidente del partito dei socialisti Igor Dodon. Il 4 novembre, durante il ricevimento in occasione della Giornata dell'unità Nazionale, incontrò il Presidente Putin.
Con il supporto politico e mediatico di Mosca, il rating dei socialisti prese a salire. Se all'inizio dell'autunno i sondaggi mostravano che i socialisti raccoglievano a malapena il 4% senza superare la soglia elettorale del 6%, la recente indagine condotta dal “Barometro dell'opinione pubblica” (BOM) ha dimostrato che la percentuale degli intervistati a loro sostegno è salita al 7%.
Giocatore escluso
La terza forza più misteriosa in Moldavia è il partito Patria. Il primo personaggio più importante al suo interno è l'imprenditore Renato Usatyj, i cui attivi, incluso il business, gli immobili e più di mezzo milione di azioni Gazprom si trovano nella Federazione Russa. A parte questo, continua a ricoprire l'incarico di vice-presidente dell'Unione dei costruttori delle ferrovie della Federazione Russa.
Ma Usatyj sostiene che nessuno al Cremlino sia coinvolto e che stia conducendo la campagna elettorale con le sue sole forze. Fonti del partito Patria affermano che Usatyj sia stato chiamato dall'amministrazione del Presidente russo, ma che egli stesso abbia rifiutato.
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La popolarità di Usatij tra la popolazione stanca dell'eurointegrazione si è diffusa rapidamente: per lui sono pronti a votare tanto gli uomini d'affari, quanto le commesse dei chioschi di tabacco. Il suddetto sondaggio BOM ha messo in evidenza che per lui simpatizzano l'8% degli intervistati, oltre il 12% di quelli che hanno già deciso chi votare. Ma il 27 novembre, la camera d'appello moldava ha escluso il partito di Usatij dalla partecipazione alle elezioni parlamentari.
Conclusioni
Fonti informate sul lavoro dell'amministrazione sostengono che Mosca conti sulla coalizione di centro-sinistra di comunisti, socialisti e altri provenienti dal partito di Usatij. A condizione che i tre ricevano il necessario di posti in parlamento per la formazione di una coalizione – non meno di 51 su 101. La creazione di tale coalizione è resa difficile anche dal fatto che i comunisti considerano i socialisti traditori (Igor Dodon era deputato del partito comunista, salvo poi unirsi ai socialisti), d'altro canto non hanno mai detto che non si sarebbero mai uniti.
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