La strada della pace passa da Minsk

Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier e il collega russo Sergei Lavrov (Foto: Eduard Pesov / Ministero degli Affari Esteri)

Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier e il collega russo Sergei Lavrov (Foto: Eduard Pesov / Ministero degli Affari Esteri)

A conclusione della visita a Mosca del ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, le parti hanno convenuto che gli accordi di Minsk sono l'unico piano di pace esistente. Il parere degli esperti

Il capo del Ministero degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, prima di giungere a Mosca, ha visitato Kiev, dove ha condotto le trattative con le autorità locali sulle prospettive di risoluzione della crisi nelle regioni del sud-est. Steinmeier ha espresso la volontà dell'UE di fornire appoggio economico e politico all'Ucraina e di definire un format accettabile per i futuri colloqui volti alla stabilizzazione della situazione. Jacenjuk ha dichiarato che Kiev è per il rinnovo del modello di Ginevra. In occasione dell'incontro a Mosca fra Steinmeier, Vladimir Putin e Sergej Larov, le parti hanno concluso che il formato di Minsk è il più adatto e che pertanto non occorre allontanarsi da esso.

Timofej Bordachev, direttore del Centro per lericerche europee ed internazionali NIU-VSHE

“Il formato di Minsk prevede trattative dirette fra le parti in causa nel conflitto ucraino, questo il punto forte del modello. Mentre il formato di Ginevra ha già esaurito le sue prospettive dal momento che la Russia non è uno dei soggetti coinvolti nello scontro e non ha nulla da trattare con le altre due parti”.

Andrej Kortunov, direttore generale del Consiglio Russo per gli Affari Internazionali

“La trattative secondo lo schema di Minsk sono più effettive. Ma per poter condurre trattative sul sud-est del paese, Kiev deve risolvere alcuni problemi economici e sociali. Sullo sfondo della crescente competizione politica fra Petro Poroshenko e Arsenij Jacenjuk, affermare che i nuovi colloqui porteranno a risultati concreti è assolutamente prematuro”.

Jurij Fedorov, politologo, membro del Consiglio del Centro PIR

“Mosca insiste sul formato di Minsk per costringere Kiev a riconoscere de facto i risultati delle elezioni del 2 novembre e la legittimità delle autorità del Donbass oltre che per imporre, a Europa e Ucraina, di farsi carico dei problemi sociali della regione. Il compito strategico del Cremlino è quello di esercitare il controllo sulle aree ribelli mantenendole all'interno dello stato ucraino. In questo modo, prima o poi, le autorità del Donbass entrerebbero nell'establishment ucraino e questa mossa concederebbe a Mosca di fare leva sull'Ucraina in vista anche del futuro progetto di federalizzazione. L'UE è concorde a qualsiasi formato dei colloqui che sia in grado di porre fine agli scontri armati e ad ulteriori sanzioni contro la Russia. La questione dello status del Donbass è di second'ordine per gli europei.

Più complessa è invece la posizione delle autorità ucraine. Queste si rendono infatti conto che il mantenimento del Donbass nella composizione dell'Ucraina non è fattibile per via della popolazione ostile e della necessità di investire risorse per il recupero e il rinnovamento dell'industria e delle infrastrutture. Kiev però non può rinunciare apertamente al Donbass e al contempo non ha neppure la forza per sopprimere le agitazioni separatiste. Da qui, la posizione di Jacenjuk: ricondurre i negoziati, secondo il formato di Ginevra, alla questione del ritiro delle truppe russe, alla delimitazione dell'aeroporto di Doneck, all'allontanamento dei mezzi pesanti dalla zona cuscinetto. Di fatto, questo significherebbe la rinuncia al Donbass e alla responsabilità di prendersi cura della popolazione delle regioni non controllate.

Le trattative si terranno in un formato Minsk rivisto. Kiev insisterà sull'adempimento degli accordi precedenti e sull'annullamento delle elezioni del 2 novembre. Mosca potrebbe, dal canto suo, potrebbe anche scendere al compromesso su questo punto, ma per i leader del Donbass ciò sarebbe inaccettabile. La questione sta nel fatto se Mosca voglia o no il controllo pieno dei capi delle regioni del sud-est. Questo dipenderà da quali forze risulteranno più influenti al Cremlino”.

Nikita Mendkovich, esperto dell'agenzia analitica “Politica Estera”

Il difetto principale degli accordi di Minsk è il mancato rispetto della propria zona militare, è questo che i miliziani non accettano. Ora le operazioni belliche stanno di nuovo assumendo dimensioni enormi. I combattenti dichiarano che ogni giorno avvengono circa 10-12 infrazioni. La cosa principale per le repubbliche autoproclamate di Doneck e Lugansk è il riconoscimento da parte di Kiev dei loro territori ai confini con gli oblast amministrativi e il ritiro delle truppe dalla zona delineata. In quale formato dei colloqui questo punto verrà raggiunto, se in quello di Minsk o di Ginevra, ai miliziani non fa differenza. Le repubbliche del sud-est non sono soggetti della politica mondiale, ed è per questo che sono interessate al risultato concreto delle trattative che potrebbe confermare la loro esistenza. Ma anche se i negoziati dovessero tenersi, Kiev difficilmente le accontenterà”. 

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