La Russia “rispetta” il voto nell’est dell’Ucraina

Gli abitanti delle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk sono stati chiamati alle urne il 2 novembre 2014 (Foto: Tass)

Gli abitanti delle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk sono stati chiamati alle urne il 2 novembre 2014 (Foto: Tass)

Pur rispettando la scelta delle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk, il Cremlino non conferma il riconoscimento delle elezioni: “La posizione ufficiale della Russia è espressa nel breve ma esauriente comunicato del Ministero”, dove è stato utilizzato un termine diverso, “con un significato ben preciso”

La Russia rispetta le elezioni nelle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk, nel Sud dell’Ucraina. Ma non ne riconosce la legittimità. Lo ha dichiarato l’assistente del Presidente russo, Yuri Ushakov. “La posizione ufficiale della Russia è espressa nel breve ma esauriente comunicato del ministero riguardante gli esiti delle votazioni, ove è utilizzata l'espressione rispettiamo”, ha spiegato. Ushakov ha infatti sottolineato che tra le espressioni ripettiamo e riconosciamo non vi è un simbolo di equivalenza. “Sono parole diverse e il termine rispettiamo è stato scelto appositamente. Noi, per principio, rispettiamo la volontà degli elettori”, ha aggiunto Ushakov.

Secondo l'opinione degli esperti russi, Mosca persegue i suoi interessi strategici e non è intenzionata a legittimare i risultati delle votazioni, che sfrutterà tuttavia in un secondo momento per la realizzazione dei suoi interessi geopolitici.

Prima dell'inizio delle votazioni nelle regioni ucraine di Donetsk e Lugansk, il ministro russo degli Esteri, Sergei Lavrov aveva dichiarato che “noi, certamente, riconosciamo i risultati”. Tuttavia, dopo le elezioni del 2 novembre la retorica della diplomazia estera russa è cambiata.

 
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“Noi rispettiamo la volontà dei residenti del sud-est. I rappresentanti eletti hanno ottenuto il mandato per la risoluzione delle questioni pratiche legate al processo di normalizzazione della vita nelle regioni. Tenendo conto delle elezioni svolte è estremamente importante intraprendere misure efficaci atte a favorire un dialogo fra i poteri centrali di Kiev e le autorità del Donbass sulla linea degli accordi raggiunti a Minsk”, si legge nella dichiarazione del Ministero degli Esteri.

La posizione ucraina sulle elezioni nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk

Il presidente dell'Ucraina, Petro Poroshenko, è intervenuto con la proposta di cancellazione della legge sull'autonomia speciale nelle oblast di Donetsk e Lugansk. Attualmente, il documento sul cambiamento dello status si trova ancora in fase di discussione presso il parlamento ucraino.

La legge sull'autonomia speciale delle regioni era oggetto di scontri sin dai colloqui di Minsk. Ciascuna parte in conflitto interpretava l'accordo a modo suo. Secondo la dichiarazione di Kiev, le elezioni nella regione si sono svolte con un mese di anticipo, in spregio dei patti sottoscritti al momento dei negoziati.

“La Russia non collaborerà con le repubbliche popolari del Donbass, ma le aiuterà, non solo con aiuti materiali e umanitari”, ha detto a RBTH il direttore del Centro di sicurezza internazionale dell'Istituto di economia mondiale e relazioni internazionali RAN, Alexei Arbatov.

Secondo l'opinione dell'analista, Mosca formalmente non riconoscerà l'autonomia delle repubbliche, dal momento che simile passo sarebbe in contrasto con gli accordi di Minsk, unica base solida del processo di pace in Ucraina, nonché via d'uscita dalla “guerra fredda” e di ritorno alla collaborazione fra Russia, UE e USA.

“Le elezioni si sono svolte sotto lo slogan dell'indipendenza, di cui parlano senza mezze misure i leader delle due repubbliche. Nel testo degli accordi di Minsk è scritto a chiare lettere che entrambe le regioni dell'Ucraina devono essere considerate come parte del paese, sia pure con diritti speciali e una certa autonomia”, fa notare Arbatov.

L'accademico sottolinea che le condizioni di integrità dello stato e dello speciale status delle regioni sono state esposte ai punti tre e nove degli accordi di Minsk, esse dovevano essere in seguito legittimate dalla legge sullo status speciale del Donbass (il 18 ottobre, il parlamento dell'Ucraina ha varato il progetto di legge sull'attribuzione dello status speciale alle regioni di Donetsk e Lugansk).

“E pertanto, rispettare le elezioni è una cosa, mentre riconoscere i vincitori capi legittimi delle repubbliche è ben altra. La Russia non andrà in questa direzione. Questo passo significherebbe la rottura definitiva dei rapporti con l'Ucraina”, sostiene l'esperto.

Secondo la sua opinione, la Russia non desidera separare Donetsk e Lugansk dall'Ucraina, nondimeno, vorrebbe avere il controllo politico sulle due regioni. “L'obiettivo sarebbe quello di mantenere queste due enclavi all'interno dell'Ucraina, ma sotto la protezione e l'influenza di Mosca. Questa la leva attraverso la quale il Cremlino terrebbe Kiev lontana dalla NATO o dall'UE. Da ciò consegue dunque la posizione più che logica: noi rispettiamo gli esiti delle elezioni, ma non riconosciamo la legittimità di queste autorità”, afferma Arbatov.

Come ha detto a RBTH il presidente emerito del Consiglio per la politica estera e la difesa, Sergei Karaganov, la Russia si rapporta alla situazione in Ucraina secondo l'orientamento dei propri interessi strategici, fra i quali vi è quello di porre fine a venticinque anni di continua invasione dell'Occidente nelle sfere di importanza vitale per Mosca.

“Il Cremlino si servirà di tutti i metodi di lotta che riterrà necessari. Tutti i passi compiuti da Mosca, compresi gli accordi di Minsk e il “rispetto”, non il “riconoscimento”, delle elezioni sono parte di questa strategia. Mosca non riconoscerà le elezioni, perché questo significherebbe sancire l'indipendenza delle repubbliche di Donetsk e di Lugansk dall'Ucraina”, evidenzia l'analista.

Come suppone Karaganov, Mosca vuole tenere le proprie mani libere e legare invece i partner esteri con quante più norme, piuttosto che giocare a un “gioco senza regole”. “I nostri partner occidentali faranno di tutto per trovare contromosse ai passi del Cremlino. Ora tocca alla Russia dare le carte, l'Occidente reagirà. Prima la situazione era all'opposto”, conclude l'esperto.

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