Dopo una lunga discussione a porte chiuse, i paesi partecipanti si sono assunti l’impegno di fornire aiuti militari all’Iraq. Anche se nella relazione finale non sono stati chiariti i dettagli delle modalità con cui verranno forniti (Foto: Reuters)
I rappresentanti delle potenze mondiali si sono riuniti lunedì scorso a Parigi per trovare soluzioni congiunte al fine di contrastare i combattenti dello “Stato islamico dell’Iraq e del Levante”. I paesi partecipanti, dopo una discussione di ore a porte chiuse, si sono assunti l’impegno di fornire “aiuti militari all’Iraq tempestivamente”. Tuttavia, nella relazione finale non sono stati chiariti i dettagli delle modalità in cui verranno forniti gli aiuti.
In un appello rivolto alla nazione il presidente americano Barack Obama aveva precedentemente dichiarato che gli Stati Uniti avrebbero colpito con attacchi mirati le postazioni dei combattenti dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Lo scopo della strategia di Washington è quello di indebolire i centri dell’organizzazione jihadista, limitare il flusso dei finanziamenti diretti ai suoi militanti e individuare dei metodi per prevenire l’arruolamento di combattenti stranieri nelle file della centrale terroristica. Australia, Gran Bretagna e Norvegia hanno già espresso la volontà di far parte della coalizione, mentre la Corea del Sud si è detta pronta a sostenere gli alleati con mezzi pacifici, fornendo aiuti umanitari alle vittime dei combattenti islamici.
La posizione e il ruolo della Russia nella guerra contro l’Isis
Il capo del Ministero degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha dichiarato nel corso dell’incontro di Parigi che qualunque attacco diretto contro le postazioni dello “Stato islamico” in Siria, senza la cooperazione di Damasco, verrà ritenuto una violazione del diritto internazionale.
“Non può che suscitare la nostra preoccupazione la volontà espressa pubblicamente di attaccare le postazioni dell’Isis nel territorio della Siria senza la cooperazione del governo siriano” ha detto Lavrov. “Intendo sottolineare che quella del terrorismo è una minaccia troppo seria perché la reazione possa fondarsi su considerazioni di tipo ideologico e sull’inosservanza delle norme del diritto internazionale”.
Lavrov ha poi dichiarato che la Russia si schiera a favore dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Iraq e che Mosca sta già offrendo il suo aiuto militare per la lotta contro i terroristi a Iraq, Siria e ad altri paesi della regione.
“Noi e l’Occidente ci troviamo dalla stessa parte della barricata e ciò porterà a un allentamento della tensione. È la vita stessa che ci impone di collaborare per fronteggiare sfide e minacce comuni. È opportuno accantonare la logica politica per trovare una soluzione comune a quello che appare oggi il nostro obiettivo principale: il rafforzamento della sicurezza internazionale” ha spiegato a Rbth Aleksandr Vavilov, professore dell’Accademia Diplomatica del Ministero degli Esteri della Federazione Russa.
I metodi militari da soli non saranno sufficienti
“Nella lotta contro l’Isis il ricorso alla forza militare non basterà poiché quest’organizzazione è riuscita a elaborare un’ideologia che fa presa sulle masse e che ottiene un ampio consenso tra i giovani non soltanto in Medio Oriente, ma anche all’estero”, ha detto a Rbth Irina Zviagelskaya, ricercatrice in Scienze storiche presso l’Istituto di Orientalistica dell’Accademia delle Scienze russa, aggiungendo che l’Isis in certa misura ha ripristinato l’ordine nei territori sotto il suo controllo, il che è un altro dei fattori della crescita del numero dei suoi sostenitori.
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“Gli attacchi aerei provocheranno inevitabilmente delle vittime tra la popolazione civile ed è incauto ritenere che i bombardamenti possano liquidare il problema. Questa misura unilaterale non farà che esasperare le persone e si continuerà a infoltire le file dell’Isis”, osserva Irina Zviagelskaya.
A detta della Zviagelskaya, insieme alle operazioni militari vanno compiuti degli sforzi per ripristinare una normale vita economica nei territori liberati per evitare che si formi un terreno favorevole alla proliferazione dell’ideologia jihadista. Un altro fattore importante nella soluzione del problema Isis, soprattutto in Iraq, è quello della definizione di una politica statale che consenta una convivenza pacifica tra sciiti e sunniti.
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