Le radici del conflitto ucraino

Il politologo Fedor Lukyanov durante il suo intervento alla biblioteca di letterature straniere di Mosca (Foto: Vladimir Stakheev)

Il politologo Fedor Lukyanov durante il suo intervento alla biblioteca di letterature straniere di Mosca (Foto: Vladimir Stakheev)

I rapporti tra Russia e Occidente. La debolezza dello Stato ucraino e le azioni del governo post-Yanukovich. Il politologo Fedor Lukyanov traccia un disegno della situazione attuale. Ipotizzando un ulteriore allontanamento di Mosca nella collaborazione con l’Europa

Il conflitto nell'Ucraina dell'Est e le sue drammatiche conseguenze internazionali sono state il tema principale dell'intervento di Fedor Lukyanov, autorevole politologo russo, direttore capo della rivista Rossija v globalnoj politike (La Russia nella politica globale), il 6 settembre a Mosca, alla biblioteca di letterature straniere.

Lukyanov ha espresso la speranza che l'accordo raggiunto alla vigilia della tregua fra miliziani e forze armate ucraine sia durevole. Nonostante le molteplici difficoltà da affrontare, la soluzione del conflitto sarà d'ora in avanti politica, non militare, ha evidenziato lui. Mentre la situazione stessa, di quando Russia e Ucraina si sono trovate sull'orlo della guerra ha messo in luce, sempre a detta di Lukyanov, il fallimento pieno della politica russa, di quella occidentale e infine ucraina.

 
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Lo stato inesistente: il motivo della guerra civile

Lukyanov sostiene che dopo oltre vent'anni di indipendenza, lo stato ucraino non è riuscito a realizzarsi come comunità forte e che proprio questo sia il vero motivo che ha portato all'esplosione della situzione, mentre la scintilla che ha innescato la bomba sarebbe potuta essere in verità una qualsiasi. A suo avviso, l'unica ragione autentica di quanto è avvenuto sono le crescenti contraddizioni interne alla società ucraina. Con questo, non si tratta solamente dell'opposizione fra la parte occidentale filoeuropea e quella orientale filorussa. Il tutto è molto più complesso: la società ucraina era e rimarrà spaccata in molte sfere, compresa quella sociale. “In Ucraina il potere degli oligarchi si è tramutato in fondamenta di governo”, così ha esposto il suo pensiero Lukyanov. “La cosa più sorprendente è che il Majdan e la rivoluzione hanno abbattuto tutto ad eccezione dell'oligarchia, che è rimasta salda al suo posto e di tutte quelle facce ora protagoniste della politica ucraina: le medesime che hanno fatto precipitare il paese in questo stato pietoso durante lo scorso ventennio”, ha evidenziato l'esperto.

Parallelamente a questo, secondo le parole di Lukyanov, sono cambiati i rapporti fra Russia e Occidente. Per lungo tempo la Russia ha cercato la collaborazione e l'unione con il mondo occidentale e lo stesso Putin, noto ora come il peggior nemico dell'Occidente, aveva iniziato il suo percorso politico puntando assolutamente alla cooperazione con gli Stati Uniti e l'Europa. Ma è successo così che in fine dei conti Russia e Occidente non sono riusciti a trovare una lingua comune. L'Occidente proponeva alla Russia di attenersi al proprio modello, ma ciò non piaceva ai leader russi, sia per l'ambizione da un lato, che per il fatto che la Russia è troppo specifica per svilupparsi come uno stato europeo medio. La reciproca incomprensione ha portato al fallimento dei tentativi di avvicinamento e ad un raffreddamento dei rapporti fra Russia e Occidente al momento dell'inizio della crisi in Ucraina. Abbiamo assistito a una sorta di tiro alla fune tra Europa e Russia: ciascuno tendeva a coinvolgere l'Ucraina nella propria sfera di influenza.

Lukyanov considera che l'unione della Crimea alla Russia sia un passo pragmatico delle autorità russe. In caso di rafforzamento a Kiev di un regime apertamente anti-russo (come era e resta il regime che ha spodestato Yanukovich), la questione del ritiro della flotta del mar Nero da Sebastopoli diverrebbe molto urgente. “Per vari motivi, non connessi con l'Ucraina, la Russia valuta impossibile un abbandono della Crimea perdendo così la possibilità di proiettare le proprie forze al sud”, sostiene l'analista. In seguito alla Crimea è partito un effetto domino innescato dalle autorità stesse di Kiev: invece di occuparsi gradatamente della riunione del paese, hanno agito in maniera per nulla costruttiva, secondo la logica “il Majdan ha vinto dunque tutti quelli che gli si oppongono devono piegarsi”, cosa che ha suscitato indignazione nell'est del paese. Indignazione che è si è trasformata in resistenza, ove il coinvolgimento della Russia era inevitabile. In conclusione è scoppiato un conflitto.

La scelta della Russia: ritorno all'Unione Sovietica?

L'esperto ritiene che la situazione in Ucraina non poteva essere in nessun modo pianificata dalle autorità russe in anticipo: sono stati costretti a reagire ad una situazione improvvisamente precipitata e in costante imprevedibile cambiamento. La Russia è giunta ad un momento di scelta esistenziale, dice Lukyanov: “Si tratta del tentativo di tornare mentalmente al bivio innanzi al quale ci siamo trovati negli anni Ottanta, quando Gorbachev scelse la linea della cooperazione con l'Occidente. E dal momento che questo modello ha portato a risultati molto strani, c'è il desiderio (in primo luogo nella leadership russa) di tornare a quel bivio e provare a seguire un'altra strada: quella del rafforzamento dello stato, del prestigio e via dicendo". Lukyanov dubita della durata di tale approccio. Secondo la sua opinione, tornare al passato è in ogni caso impossibile. Il politologo è convinto che sarà il tempo a mostrare se il paese si sia mosso effettivamente per quest'altra via, e che ad ogni modo, ci sarà da aspettarsi molte scosse.

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