Sergei Lavrov, ministro russo degli Esteri (Foto: Photoshot / Vostock Photo)
Signor ministro, si vanno facendo molteplici congetture, soprattutto da parte dei media occidentali, sul fatto che le truppe russe potrebbero essere dispiegate in Ucraina, e che anzi avrebbero già varcato la frontiera entrando in territorio ucraino. Dal suo punto di vista, un intervento di questo tipo sarebbe possibile?
Purtroppo, i mass media continuano a mettere in giro voci, a distorcere l’informazione e si spingono addirittura a propagare menzogne vere e proprie. Di recente è stato detto dall’Ucraina che la sua artiglieria aveva distrutto una colonna di mezzi corazzati che si presumeva avesse passato la frontiera dalla Russia entrando in Ucraina, e due quotidiani britannici hanno addirittura affermato di aver assistito a questa presunta incursione. Ciò nonostante, non sono state presentate prove attendibili al riguardo, e perfino il Dipartimento di Stato americano non ha potuto confermare l’incidente. Noi consideriamo tutte queste voci alla stregua di elementi della guerra dell’informazione.
Ma sul terreno è in corso una vera e propria guerra. Che cosa può fare la Russia per risolvere questa crisi?
La nostra posizione è cristallina: noi vogliamo la pace in Ucraina, che può essere ottenuta soltanto tramite un colloquio a tutto campo tra le varie nazioni, al quale devono prendere parte tutte le regioni e tutte le forze politiche del paese. Questo è quanto Russia, Usa, Ue e Ucraina hanno concordato a Ginevra il 17 aprile. Al recente summit di Berlino dei ministri degli Esteri di Russia, Germania, Francia, e Ucraina nessuno ha mosso obiezioni al riguardo, e gli accordi di Ginevra sono stati confermati. Il fatto è che Kiev deve porre fine a questi giochi di guerra e abbandonare l’illusione che la profonda crisi ucraina possa essere risolta vincendo una guerra contro il suo stesso popolo. È profondamente sconfortante vedere che gli Stati Uniti e l’Unione europea continuano ciecamente ad appoggiare tutto ciò che fa Kiev. Ricordiamo anche un altro documento che Kiev e l’Occidente cercano di dimenticare: il 21 febbraio Viktor Yanukovich, Arsenij Yacenyuk, Vitalij Klichko e Oleg Tyagnibok hanno firmato un’intesa su come risolvere la crisi davanti a testimoni, i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Polonia. Adesso invece dicono che quell’accordo “è stato scavalcato dagli eventi”, perché l’ex presidente ucraino Yanukovich ha lasciato il paese. Permettetemi però di rammentare ai miei colleghi che l’accordo del 21 febbraio elencava come priorità assoluta l’impegno nei confronti di un governo di unità nazionale.
Questo obbiettivo dipende forse dalla persona di Yanukovich? L’unità nazionale non è forse un principio universale per ogni paese che voglia restare unito? Invece di rispettare questo impegno, i leader dell’opposizione hanno inscenato un colpo di stato e hanno dichiarato pubblicamente di aver dato vita a “un governo di vincitori”. Purtroppo, la logica del “chi vince piglia tutto” continua a essere la vera ambizione, la motivazione dell’operato di Kiev, e tutto ciò provoca migliaia di vittime tra i civili, centinaia di migliaia di sfollati e di profughi, e oltretutto alla prova dei fatti ha distrutto completamente l’infrastruttura sociale di molte città e cittadine dell’Ucraina orientale.
Si è parlato molto di una nuova Guerra Fredda nei rapporti tra Occidente e Russia, mentre Stati Uniti ed Unione europea hanno imposto sanzioni economiche. Come potrà reagire la Russia qualora si inasprissero tali sanzioni?
I tentativi di porre rimedio alla crisi con sanzioni unilaterali fuori dal contesto delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite mettono a repentaglio la pace e la stabilità internazionali. Questi tentativi sono controproducenti e contravvengono alle norme e ai principi del diritto internazionale. È assolutamente inaccettabile parlare alla Russia – o a chiunque, per quel che conta – in termini di ultimatum e di misure coercitive. La nostra risposta alle azioni unilaterali di Stati Uniti, Unione europea e altri paesi è ponderata e in linea con i diritti e i doveri della Russia in base ai trattati internazionali, compresa l’Organizzazione mondiale del commercio.
Si continua però a minacciare sanzioni e ad applicarle. La Russia reagirà ai nuovi provvedimenti presi contro di lei?
Non è una nostra scelta. Ma non ci dovrebbero essere dubbi in proposito: noi faremo tutto ciò che sarà necessario per tutelare i nostri legittimi interessi, compresi quelli della sicurezza nazionale, sotto ogni punto di vista. Questa è stata la premessa, per esempio, della nostra decisione di limitare, per la durata di un anno, le importazioni di prodotti agricoli e alimentari da parecchi paesi che hanno adottato sanzioni economiche contro la Russia. Non per questo la Russia intende procedere lungo la strada dell’escalation: noi speriamo che Usa, Ue e gli altri paesi prestino ascolto alla voce della ragione e mettano fine a questo insulso circolo vizioso di ritorsioni al quale loro stessi hanno dato inizio.
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Che cosa ne pensa la Russia dell’inchiesta sullo schianto del volo MH17 in Ucraina orientale?
L’abbattimento dell’aereo malese è una tragedia sconvolgente. Da quando è accaduto, il 17 luglio, stiamo chiedendo un’inchiesta internazionale sull’accaduto, trasparente e obiettiva. È impossibile spiegare per quale motivo le autorità ucraine, responsabili in tutto e per tutto della sicurezza dei voli internazionali sul territorio del loro paese, non abbiamo chiuso lo spazio aereo sovrastante la zona dei combattimenti. La Risoluzione 2166 adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 21 luglio impone di condurre un’inchiesta a tutto campo, esaustiva e indipendente sull’incidente, con modalità conformi alle linee guida internazionali dell’aviazione civile. Purtroppo, fin dall’inizio abbiamo assistito a molteplici tentativi di nascondere l’evidenza e di procrastinare l’entrata in vigore di quella risoluzione. La domanda di un cessate-il-fuoco per l’area dei combattimenti è stata ignorata dalle autorità ucraine per oltre dieci giorni, e la nostra proposta di esigere la totale applicazione della Risoluzione 2166 è stata bocciata al Consiglio di Sicurezza da Stati Uniti, Regno Unito e Lituania. Al tempo stesso, però, proprio questi paesi e altri ancora hanno iniziato a mettere in giro accuse infondate contro la Russia. Lasciate che lo ripeta: la Russia vuole davvero che sia condotta un’inchiesta internazionale come previsto dalla Risoluzione 2166. Vorremmo anche che l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (Icao, International Civil Aviation Organisation) assumesse un ruolo più attivo in questa faccenda, e crediamo che l’Onu e l’Icao debbano coordinare tutti gli sforzi internazionali miranti a garantire subito risultati concreti e convincenti sull’inchiesta. La Russia è l’unico paese ad aver presentato ufficialmente alla comunità internazionale i dati relativi all’incidente così come li ha ricevuti dalle sue strumentazioni di monitoraggio dello spazio aereo. Altri paesi, invece, devono ancora fornire le prove di cui sono in possesso.
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Pensa che tutte le prove relative all’incidente saranno rese disponibili, così che gli inquirenti potranno stabilire che cosa è accaduto di preciso?
Da parte nostra noi abbiamo formalmente presentato una serie di interrogativi rimasti senza risposta. Per esempio, dove sono le trascrizioni delle comunicazioni intercorse tra i piloti dell’MH17 e i controllori di volo ucraini? E perché non sono state ancora presentate alla comunità internazionale? Perché i controllori di volo hanno disposto che quell’aereo sorvolasse la zona dei combattimenti? Che cosa stava facendo un aereo militare ucraino in prossimità del Boeing malese, poco prima che si verificasse l’incidente? Che cosa è successo ai rottami nel sito dove è stato abbattuto? Perché non sono stati accuratamente esaminati dalle autorità internazionali, incaricate ufficialmente di fare luce sulla vicenda? Fino a che punto è possibile garantire la conduzione di un’inchiesta oggettiva e indipendente se si impedisce un accesso sicuro e senza restrizioni agli esperti al luogo dove sono precipitati i rottami, dove Kiev continua le sue attività belliche in aperta violazione della Risoluzione 1266? E dove sono le prove documentate delle lamentele delle autorità statunitensi al riguardo delle cause dell’abbattimento dell’aereo di linea? Noi speriamo che tutte queste nostre domande ottengano una risposta e così pure gli altri interrogativi formulati sia dagli stati che hanno assunto un ruolo autorevole nella conduzione dell’inchiesta internazionale sia da chi ha fatto dichiarazioni ufficiali prive di fondamento. È indispensabile portare alla luce la verità. Questo è quanto abbiamo chiesto con forza alla recente riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre alcuni stati membri hanno dato prova di scarso entusiasmo all’idea di proseguire l’inchiesta in modo trasparente e responsabile. Non dobbiamo permettere che l’inchiesta sull’abbattimento del Boeing MH17 sia manipolata e scivoli nell’oblio, come per altro è accaduto alle indagini su molte altre tragedie avvenute in Ucraina, tra le quali l’assalto da parte dei cecchini ai civili a Kiev a febbraio, i massacri a Odessa e Marioupol a maggio e altri ancora. Siamo determinati a chiedere che sia fatta giustizia e che i responsabili di questi crimini paghino
Il costo di questo conflitto in termini di vite umane è già molto alto e a causa dei combattimenti ci sono già decine di migliaia di sfollati. Come vede la situazione umanitaria in Ucraina?
Nelle regioni ucraine di Lugansk e Donetsk la situazione umanitaria è catastrofica. Quel che è peggio è che continua ad aggravarsi, e non siamo gli unici a pensarla così. Questa opinione è ampiamente condivisa dalle Nazioni Unite, per esempio – tra gli altri – anche dall’Ufficio dell’Onu per il coordinamento delle questioni umanitarie, dalla Commissione internazionale della Croce Rossa (Icrc, International Committee of the Red Cross) e dal Consiglio d’Europa. Finora sono rimaste uccise oltre duemila persone. I feriti sono oltre cinquemila, e molti di loro sono bambini. C’è una grave penuria di generi alimentari e medicine, e aumenta sempre più il rischio che scoppi qualche malattia infettiva. A Lugansk duecentomila persone non hanno elettricità, acqua da bere e mezzi di trasporto. Molte persone sono scappate dalla zona degli scontri. Dal primo aprile, sono circa 775mila gli ucraini entrati in territorio russo, e 190mila quelli che hanno chiesto a Mosca lo status di rifugiati. Nel nostro territorio sono state approntate soluzioni temporanee per alloggiare questa massa di decine di migliaia di profughi. In tali circostanze, è di vitale importanza garantire la fornitura immediata di aiuti umanitari alla popolazione dell’Ucraina sud-orientale. Le questioni umanitarie dovrebbero far sentire uniti i popoli che agiscono in buona fede per cercare di alleviare le sofferenze delle popolazioni in grande difficoltà, specialmente quelle di donne, bambini e anziani.
Ma la Russia sta inviando aiuti: che cosa è accaduto al convoglio umanitario partito da Mosca?
La Russia in collaborazione con l’Icrc ha inviato un convoglio di circa trecento camion, che trasportavano duemila tonnellate di medicine, generi alimentari, sacchi a pelo, generatori di elettricità, e altri beni di prima necessità. Il convoglio era pronto a partire già il 17 agosto, ma la partenza è stata rinviata prima di tutto per le tattiche dilatorie delle autorità di Kiev che, anche se hanno riconosciuto che il convoglio era di aiuti umanitari e godeva del patrocinio dell’Icrc, hanno inviato guardie e agenti di frontiera per monitorare tutte le procedure al checkpoint russo nei pressi di Donetsk. Noi chiediamo al governo ucraino di rispettare le sue promesse e di facilitare la creazione di un passaggio sicuro e senza ostacoli per assicurare questa operazione umanitaria e quelle che ci saranno in futuro. Noi speriamo anche che i nostri partner in Occidente e le organizzazioni internazionali capiscano fino in fondo la portata di questo disastro e vogliano collaborare in modo pragmatico per far fronte alle necessità più immediate della popolazione civile dell’Ucraina sud-orientale. Ma naturalmente, il compito più importante di tutti questi sforzi finalizzati ad alleviare le sofferenze dei civili in Ucraina è raggiungere al più presto un cessate-il-fuoco. Ogni giorno, invece, ci sono nuovi morti e si distruggono le infrastrutture civili. Noi crediamo fermamente che sia indispensabile una tregua senza condizioni, e che da lì si debba procedere con il dialogo politico e un processo di riforme costituzionali che veda coinvolte tutte le regioni e l’intero arco politico ucraino, come già concordato il 17 aprile di quest’anno a Ginevra da Ue, Russia, Ucraina e Stati Uniti”.
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