L'arrivo di alcuni rifugiati (Foto: AFP/East News)
I luoghi di Lugansk dove vengono accolti i profughi. Il lavoro dei volontari. L'impegno per fornire cibo, assistenza e medicine. Rbth ha incontrato il presidente della comunità di Lugansk a Rostov-na-Donu, Aleksej Zotev.
Presidente, quanti profughi hanno già oltrepassato il confine?
Contarli è difficile, la gente si sposta ma non si ferma a lungo. I flussi sono diversi, da 1,5 a 8 mila al giorno, a seconda della situazione. Adesso si può persino parlare di un milione di persone. Inizialmente i rifugiati restano in attesa nei campi di permanenza temporanea dell’Oblast di Rostov, dove possono un poco sostare, riprendersi, e capire che cosa fare poi, dove sia possibile trovare sostegno. Le condizioni nei campi temporanei sono buone. C’è tutto quanto occorre per la prima accoglienza. Da lì poi ripartono e la geografia della ridistribuzione è ampia: personalmente io ho inviato dei gruppi ad Astrakhan, a Perm, a Kostroma.
La gente è d’accordo con quanto le viene offerto o chiede di scegliere fra più opzioni?
Ci sono diverse reazioni, ma nella maggior parte dei casi, tutti comprendono che si sta cercando di fare il possibile e accettano l’aiuto con riconoscenza. Certo, la maggior parte dei rifugiati vuole andare in Crimea, ma la città non è di gomma, non può ospitare tutti. Ci coordiniamo in base alle possibilità, se vi siano cioè possibilità di riceverli e provvedere a loro oppure no. Aiutiamo a nostre spese, dove possiamo lì li sistemiamo. Le condizioni di vita le teniamo sotto controllo. In ogni luogo selezionato, la gente ci và a vivere con dignità.
I cittadini di Rostov non restano indifferenti?
I residenti di Rostov dove sono distribuiti i punti di blocco capiscono molto bene la gente che fugge dalle sparatorie. Nei territori di confine volano costantemente proiettili e schegge. Ci sono morti e feriti. Per questo motivo assolutamente tutti cercano di aiutare, chi con dei soldi, chi con alimenti e altre cose. Adesso per esempio abbiamo raccolto talmente tante cose che non sappiamo neppure dove metterle. Gli imprenditori aiutano molto. Un senatore di Samara per esempio ha acquistato acqua in bottiglia che ogni giorno noi trasportiamo nei due campi appena oltre il confine, 4 tonnellate d’acqua per ciascuno.
La maggior parte della gente spera di tornare di tornare a casa o vuole stabilirsi in Russia in maniera permanente?
Non tutti vogliono ricevere lo status di rifugiati. Molti pianificano di tornare, anche se la situazione non è incoraggiante. Se prima si sparava solo nelle periferie, ora bombardano persino nel centro. All’inizio mettevano in salvo solo i bambini, poi hanno cominciato a partire intere famiglie, quindi anche gli anziani. Se il flusso diminuirà io non lo posso dire e neppure se aumenterà. In Russia è più calmo, qui invece si vive come sul vulcano, è tutto molto teso e instabile.
Ma nel tempo che trascorre in attesa in Russia, la gente va a lavorare?
Ci va, anche se non molto volentieri. Molti arrivano qui con i bambini. Prendiamo ad esempio una mamma con due bambini, per lei è praticamente impossibile andare a lavorare. L’asilo nido non c’è, sistemare i bambini da qualche parte è difficile. Complessa è la situazione, anche se il lavoro in linea di pincipio c’è. Spesso sono gli stessi gli abitanti locali o provenienti dalle regioni limitrofe a proporre il lavoro, sostanzialmente agricolo. E ci sono così famiglie che sono d’accordo e si trasferiscono.
Inviate aiuti umanitari in Ucraina?
Sì. Anche se a dire il vero, recapitarlo sta diventando di giorno in giorno più difficile. Lo trasportiamo passando per strade non dirette e giorno dopo giorno con crescenti difficoltà e rischi per la nostra vita. Corridoi umanitari non ne esistono. Le missioni internazionali della Croce Rossa non passano dalle nostre parti, a loro non interessa di trasmettere i soccorsi all’Ucraina. La Croce Rossa russa non ha l’accesso, mentre sulla Croce Rossa ucraina non c’è proprio nulla da dire, e per noi l’ingresso da quella parte è negato. Per poter introdurre qualcosa, bisogna prima accordarsi con il Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina. Ma dai suoi abitanti, il Gabinetto dei Ministri non ha ricevuto alcuna richiesta e qui si chiude tutto il discorso. Passano solo le macchine del posto in possesso del permesso, per questo motivo noi trasportiamo la merce al confine, da dove altri poi la ritirano.
In quali quantità trasportate merce e a chi?
Ne abbiamo già consegnato non meno di 300 tonnellate, considerando che i medicamenti sono molto leggeri. Alla settimana inviamo carichi umanitari del valore di 2 milioni di rubli. In sostanza, si tratta di cibo e medicine. In primo luogo, cerchiamo di assicurare gli ospedali, gli orfanotrofi, gli asili e di fornire assistenza sanitaria a domicilio. A Lisičansk, dopo l’esplosione della miniera, ce l’abbiamo fatta ad arrivare in tempo con i soccorsi e abbiamo salvato la vita di molte persone. Ad Alčevsk, nella casa-internato sono rimasti senza cibo 300 anziani invalidi e 150 bambini invalidi. Di recente, si sono rivolti a noi dagli ospedali dell’Oblast: troppi feriti in conseguenza delle sparatorie in centro a Lugansk. E così noi ora ci occupiamo di inviare a loro i farmaci. Non molto tempo fa abbiamo spedito una partita di aiuti umanitari a 500 bambini di tre asili di Zugres. Là non c’è assolutamente niente, né alimenti, né farmaci. Abbiamo portato aiuti a Izarvino, Kramatorsk, Lugansk, Slavjansk. Ogni consegna è importante e significativa. Purtroppo, la situazione è precipitata a un punto tale che non ci sono persone che non necessitino o che non abbiano sofferto.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email