Il Parlamento ha nominato come facente funzioni Valery Bganba, portavoce del supremo organo legislativo della Repubblica (Foto: Mikhail Mokrushin / RIA Novosti)
Domenica scorsa, su pressione dell’opposizione, il presidente dell’Abcasia Alexander Ankvab ha rassegnato le proprie dimissioni. In attesa delle nuove elezioni, che si terranno il 24 agosto, il Parlamento ha nominato come facente funzioni Valery Bganba, portavoce del supremo organo legislativo della Repubblica.
Un colpo di Stato repentino
In Abcasia, la cui sovranità non è universalmente riconosciuta, la crisi è cominciata all’inizio della scorsa settimana. Il Consiglio di coordinamento, che è stato creato un anno fa e comprende undici leader di diversi partiti e movimenti, ha annunciato un raduno nazionale - una consuetudine democratica nata in epoca remota, quando fu deciso che l’Abcasia avrebbe cercato di risolvere i propri problemi con la partecipazione del maggior numero possibile di cittadini. È stato proprio in occasione del raduno che Ankvab ha annunciato ufficialmente le proprie dimissioni, dopo aver espletato meno di tre anni dei suoi cinque anni di mandato. Solo chi ignora completamente il passato di Ankvab poteva pensare che il suo gesto potesse tradursi in una facile vittoria dell’opposizione.
Leader inflessibile durante l’ultima guerra tra Georgia e Abcasia, Ankvab è sfuggito a sei tentativi di uccisione, meritandosi l’appellativo di “Iron”. Non è certo un personaggio che si lascia mettere da parte facilmente. A tutta prima, Ankvab ha reagito secondo il suo stile caratteristico: interrompendo le trattative con l’opposizione e abbandonando la capitale Sukhumi non appena i sostenitori dell’opposizione hanno occupato la sede del governo. Poche ore più tardi, però, si è rivolto alla nazione con un discorso televisivo nel quale ha parlato di tentativo di golpe e ha invitato l’opposizione ha utilizzare mezzi legittimi. Dopo di che è intervenuta Mosca. Pur riconoscendo la sovranità dell’Abcasia, la Russia (che si fa garante della pace e della sicurezza all’interno della Repubblica, alla quale fornisce i tre quarti del bilancio nazionale) non poteva certo restare indifferente di fronte agli eventi. Inoltre, la crisi ucraina ha intensificato il livello di allerta di Mosca verso tutto ciò che accade oltre i suoi confini.
Vladislav Surkov, consulente presidenziale, è stato inviato in Abcasia per risolvere la situazione. Accolto con favore a Sukhumi, Surkov ha subito riscontrato nella Repubblica una situazione di impasse nella quale i partiti si rifiutavano di negoziare, la tensione continuava ad acuirsi e molti sostenitori di Ankvab si erano pericolosamente accampati nei pressi della sede del raduno nazionale. Smorzare i toni dell’opposizione non è stato facile: Surkov infatti ha dovuto fare la staffetta tra Sukhumi, dove si era raccolta l’opposizione, e Gudauta, dove si era trasferito il presidente. I suoi sforzi diplomatici hanno contribuito alla risoluzione pacifica del conflitto, e domenica “Iron” Ankvab ha rassegnato le proprie dimissioni.
Secondo Inal Khashig, esperto abcaso di politica, Surkov si è attenuto a una linea pragmatica, cercando innanzitutto di stabilire l’eventuale presenza di forze esterne intenzionate e in grado di controllare o appoggiare il processo in corso in Abcasia. “Simili forze non esistono”, spiega Khashig. “L’élite politica abcasa è completamente filo-russa, né potrebbe essere altrimenti se si pensa che il destino dell’Abcasia - a cominciare dalla sicurezza, per finire con il sostegno finanziario di cui il Paese non può fare a meno - dipende in grandissima parte da Mosca. All’interno dell’Abcasia non esistono forze filo-occidentali, filo-americane o simpatizzanti di un Paese che non sia la Russia”. Dopo essersi accertato del fatto che la Repubblica e tutta la sua élite politica fossero più che leali a Mosca, Surkov ha ritenuto che non avesse senso sostenere Ankvab, la cui popolarità è in declino. Dopo tutto, chiunque prenderà il suo posto non cambierà l’orientamento filorusso dell’Abcasia.
Incapace di soddisfare le aspettative
La storia del terzo presidente dell’Abcasia dimostra ancora una volta quanto in politica la linea che separa l’accettazione dal rifiuto sia labile. Uomo politico audace e di forti principi, nonché buon dirigente delle agenzie di sicurezza, Surkov si è tuttavia dimostrato un governante debole. I sui oppositori lo accusano di aver reso la Repubblica, in poco più di due anni di mandato, totalmente dipendente dagli aiuti economici di Mosca, e di averli in parte sperperati. Khashig imputa inoltre ad Ankvab un’altra responsabilità: “Durante il suo mandato non è stata formata nessuna idea nazionale. Il primo presidente dell’Abcasia, Vyacheslav Ardzinba, vinse la guerra di indipendenza dalla Georgia. Durante il mandato di Sergey Bagapsh, il secondo presidente abcaso, la Russia e diversi altri Paesi hanno riconosciuto la sovranità della Repubblica. La crisi è iniziata molto tempo fa, ma adesso ci troviamo di fronte a un bivio.
È tipico dell’Abcasia: dopo anni di immobilismo in pochi giorni tutto viene stravolto”, conclude Khashig. Verso la fine di agosto l’Abcasia eleggerà il suo quarto presidente. Ad oggi, nessun politico ha proposto la propria candidatura, ma a giudicare dall’attività registrata nei giorni delle dimissioni di Ankvab è legittimo supporre che i principali aspiranti alla carica saranno l’ex vicepresidente Raul Khajimba e l’ex primo ministro Sergei Shamba. Il nuovo eletto avrà il compito di riformare le istituzioni e ridistribuire i poteri tra i diversi rami del governo, al fine di assicurare una governance efficace e promuovere la riforma economica. L’Abcasia è stanca di dipendere economicamente dalla Russia.
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