Uno stop alla carne europea

Sergei Dankvert, presidente di Rosselkhoznadzor (Foto: PhotoXPress)

Sergei Dankvert, presidente di Rosselkhoznadzor (Foto: PhotoXPress)

La decisione di non importare prodotti dalla Lituania condiziona anche le forniture dall'Ue

Alla fine di gennaio, Mosca ha interrotto le importazioni di carne suina proveniente dalla Lituania. Una decisione che ha causato, di fatto, una sospensione delle forniture di questo tipo di carne anche dal resto dell'Unione Europea. Il presidente di Rosselkhoznadzor, Sergei Dankvert, ha spiegato a Russia Oggi come mai si sia venuta a creare questa situazione e quali siano le concessioni che Mosca è disposta a fare ai suinicoltori europei.

Che cosa ha spinto la Russia a introdurre delle restrizioni sulla carne suina europea?

A livello formale la Russia non ha introdotto nessuna restrizione sulle importazioni di carne suina proveniente dall’Europa. Rosselkhoznadzor ha solo reagito ai casi di peste suina africana (Psa) registrati in Lituania interrompendo le importazioni provenienti da questo Paese. Tuttavia, visto che il territorio dell'UE è considerato un territorio unitario, si è verificato un piccolo incidente di natura giuridica. Una delle condizioni del Trattato di Lisbona dice che tanto le carni crude quanto i prodotti semilavorati, per essere importati in Russia dall’Ue, devono essere prodotti in aziende o territori amministrativi dove, negli ultimi tre anni, non sono stati riscontrati casi di malattie contagiose, tra cui anche la Psa.

Pertanto, abbiamo solo avvertito formalmente i colleghi europei e la Commissione europea di aver interrotto le importazioni dalla Lituania e abbiamo richiesto al resto dei territori dell'Ue di rispettare i requisiti stabiliti negli accordi precedentemente firmati.

Di fatto, però, tutte le importazioni si sono interrotte?

Gli europei sono caduti in un default tecnico, nonostante già 5-6 anni fa li avessimo avvertiti che l'epidemia di peste suina africana avrebbe raggiunto anche l'Unione Europea. Tuttavia, l’aver mantenuto questa condizione nei documenti ufficiali, dopo la creazione dell’Unione doganale da parte della Russia, del Kazakhstan e della Bielorussia, ha spinto gli europei stessi ad attivare il freno di allarme. A metà febbraio è arrivato a Mosca un gruppo di rappresentanti di associazioni commerciali e di esperti veterinari provenienti da Francia, Italia, Paesi Bassi, Danimarca e Lituania.

La prima cosa che hanno riconosciuto è la legittimità delle misure intraprese dalla Russia e si sono dimostrati inclini a trovare una via di uscita. Durante i negoziati, tuttavia, è arrivata una telefonata della direttrice generale della Commissione europea per la salute e i consumatori, Paola Testori Coggi, nel corso della quale sono emerse le solite accuse di misure sproporzionate e illecite da parte della Russia e la minaccia di portare il caso davanti al Wto. Non temiamo nessuna indagine del Wto e abbiamo infatti deciso di organizzare un incontro e di avviare una consultazione.

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In che cosa si differenziano le posizioni di Russia e Unione Europea?

La Commissione europea propone di interrompere le importazioni di carne suina solo dalle zone infette, corrispondenti a sei distretti della Lituania. Ciononostante, adesso, questo tipo di decisioni non possono più essere prese solo dalla Russia, ma vanno considerate nel quadro dell'intera Unione doganale. L’Unione europea può rivolgere la sua proposta alla Commissione economica eurasiatica, e la Russia può prendere in esame tale iniziativa solo nell’ambito dell’Unione. In ogni caso, il problema non sono tanto i sei distretti della Lituania. Non abbiamo intenzione di accettare la proposta europea alla luce del fatto che anche in Polonia si sono già registrati alcuni casi di contagio. Inoltre, secondo i nostri dati, lungo il confine tra la Polonia e la Repubblica Ceca, sono stati trovati i cadaveri di alcuni cinghiali, e non è arrivata nessuna smentita né conferma sul fatto che siano morti a causa della Psa.

Considerando che l’epidemia ha avuto origine in Europa, gli approcci alla soluzione del problema dovrebbero essere diversi. La nostra posizione è che andrebbe condotta una seria regionalizzazione dell'Ue prima di procedere con le esportazioni verso la Russia, in modo che sia possibile stabilire chiaramente il Paese esatto d'origine e determinare se l’animale è nato, cresciuto ed è stato macellato in un Paese dove non si sono registrati casi di contagio. Per inciso, l'Unione europea ha già avviato un processo di regionalizzazione con la Cina. La Repubblica popolare cinese ha firmato con ciascun Paese dell’Europa accordi separati, che le permettono di avere la garanzia che l'animale è nato, cresciuto ed è stato macellato nel territorio di un determinato Paese. Per qualche motivo, con la Russia gli approcci sono stati diversi. Bisogna capire perché.

Quali risultati hanno prodotto le consultazioni con la commissaria europea Paola Testori Coggi?

Ci aspettavamo che i nostri colleghi europei avrebbero avanzato nuove proposte di regionalizzazione. Ma non è stato così. Ho invitato la signora Coggi a inviare i suoi esperti nel nostro Istituto per la salute degli animali, a Vladimir, in modo che i colleghi europei possano, in compagnia dei nostri specialisti esperti, analizzare, dal punto di vista scientifico, la situazione che si sta verificando nell'Ue e identificarne gli eventuali rischi. L’Ue ha accolto volentieri questa iniziativa. I nostri esperti si recheranno presto in Lituania e in Polonia per valutare la situazione sul posto. Le consultazioni continueranno.

Che percentuale occupa la carne suina europea sul totale delle importazioni di questo prodotto in Russia?

Circa il 50%. Delle 1,1-1,2 milioni di tonnellate di carne suina che dall’estero vengono importate in Russia, circa 600 mila tonnellate provengono dall’Europa.

Alcuni esperti prevedono un possibile aumento dei prezzi e una carenza di carne suina sul mercato a seguito di questa controversia. Avevate considerato anche ciò al momento della vostra decisione?

Il mercato della carne è intercambiabile. Se non c’è carne di maiale, ciò non significa che non ci sia nulla. Ad esempio ora in Russia vi è una gran abbondanza di carne tritata di pollo. Siamo inoltre in trattative anche con altri fornitori. Ad esempio, il 24 febbraio, abbiamo intenzione di aprire il mercato russo alla carne di tacchino proveniente dagli Stati Uniti. Siamo in trattative anche con i produttori di carne suina di Stati Uniti e Brasile.La peste suina africana è un grosso problema. Credo che nel giro di 3-5 anni, l'Europa sarà costretta ad aprire completamente il proprio mercato a carni suine provenienti da altri Paesi, giacché non potrà più fare affidamento solo sulla sua produzione. Paesi come Bulgaria, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, dove l’allevamento del bestiame è affidato a piccole imprese, perlopiù di conduzione privata e incapaci di fornire un elevato livello di tutela biologica, saranno costretti ad adottare misure rigorose e di fatto a smantellare la produzione famigliare. Altre vie possibili per affrontare questa malattia, oggigiorno, non ci sono.

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