Un operaio davanti al reattore della centrale nucleare di Bushehr, in Iran (Foto: AP / Mehr News Agency / Majid Asgaripour)
Sono iniziate a Ginevra il 15 ottobre 2013 le trattative che coinvolgono le sei potenze internazionali e i rappresentanti dell’Iran in merito al programma nucleare iraniano. Pur mantenendo segreti alcuni dettagli, Teheran ha presentato il piano per regolarizzare la questione: si tratta della prima relazione diplomatica di questo tipo, dopo la salita al potere in Iran del presidente riformatore Hassan Rouhani.
Alla due giorni di Ginevra hanno partecipato i cosiddetti "5+1" (ovvero i rappresentanti dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania), e la delegazione iraniana, guidata dal ministro degli Affari Esteri Javad Zarif.
Il fatto che l’Iran in questa sede fosse rappresentato dal Ministero degli Affari Esteri non è passato inosservato: prima, infatti, a queste stesse trattative con l’Occidente partecipava il Consiglio di sicurezza nazionale.
Nella prima parte della giornata del 15 ottobre 2013 i rappresentanti iraniani hanno presentato ai propri interlocutori il piano di regolamentazione del programma nucleare, il cui contenuto però non è stato rivelato pubblicamente.
Così come era stato in precedenza riferito ai giornalisti iraniani dal vice ministro degli Affari Esteri Abbas Aragchi, qualsiasi tipo di accordo avrebbe dovuto prevedere l’eliminazione di tutte le sanzioni e il riconoscimento della possibilità di arricchire l’uranio.
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Inoltre, secondo le parole del funzionario, il provvedimento dell’ayatollah Ali Khamenei sul divieto delle armi nucleari deve essere interpretato come “il passo più importante per il consolidamento della fiducia”. La fatwa del leader supremo secondo la quale la produzione, la conservazione e l’utilizzo delle armi nucleari non sono ammessi sulla base delle leggi islamiche, era stata promulgata sette anni fa.
Le trattative sul programma nucleare iraniano, infatti, vanno avanti dal 2003. L’ultimo incontro si era tenuto nell’aprile 2013, senza però portare ad alcun risultato concreto.
Dai colloqui di Ginevra non ci si aspetta grandi risultati. Così come ha dichiarato il capo dell'Organizzazione per l'Energia Atomica dell'Iran Ali Akbar Salehi, le discussioni di Ginevra ruoteranno attorno ai principi comuni di regolamentazione dei problemi.
Inoltre, così come lasciano intendere i mezzi di comunicazione occidentali, l’incontro di Ginevra servirà per capire quanto sarà possibile il dialogo con il nuovo presidente iraniano che, secondo l’Occidente, ha posizioni ben più moderate rispetto al suo predecessore Mahmud Ahmadinejad.
Il presidente Hassan Rouhani, infatti, ha già compiuto alcuni passi che possono essere interpretati come il tentativo per aprire un dialogo politico con l’Occidente: è stato il primo presidente iraniano a parlare al telefono con il capo degli Stati Uniti Barack Obama. Il colloquio, il primo tra i due leader dal 1979, si è tenuto in occasione del recente incontro dell’assemblea generale dell’Onu.
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L’atomo pacifico ha vinto la battaglia in Europa |
Nonostante l’Iran abbia più volte ribadito che il suo programma nucleare persegue scopi pacifici, gli Stati Uniti, convinti che l’uranio possa essere arricchito al fine di costruire armi nucleari, vorrebbero che venisse concessa l’autorizzazione nei siti atomici agli ispettori dell’Agenzia internazionale per l'energia atomica.
Secondo gli esperti, nel territorio iraniano si troverebbero migliaia di centrifughe che potrebbero potenzialmente essere utilizzate per avviare un processo di arricchimento dell’uranio allo scopo di creare armi nucleari.
Durante il briefing del 14 ottrobre 2013, il collaboratore del dipartimento di Stato degli Usa ha affermato che gli Stati Uniti non sono contrari a un “programma nucleare pacifico” iraniano, insistendo però sulla necessità di una maggiore trasparenza nei confronti degli ispettori internazionali. Ha quindi aggiunto che il governo americano non è intenzionato ad abolire le sanzioni contro l’Iran.
“Siamo convinti che sia proprio a causa di queste tensioni che siamo giunti a una simile situazione”, ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano.
Le sanzioni contro l’Iran, che prevedono l’embargo sulle esportazioni del petrolio iraniano verso gli Stati Uniti e i Paesi europei, hanno causato un duro colpo all’economia locale, causando una caduta della valuta nazionale.
Il vice direttore dell’Istituto dei problemi internazionali dell’Accademia diplomatica del Ministero russo degli Affari Esteri, Ivan Safranchuk, ha dichiarato a Gazeta.ru che Usa e Iran “hanno intenzione di distendere la situazione, anche se sarà difficile elaborare un metodo nei dettagli”.
“L’Iran non rinuncerà all’arricchimento dell’uranio, ma potrebbe acconsentire al suo controllo. Si tratta di ragionevole compromesso”, ha detto l’esperto.
Nel cercare la soluzione al problema iraniano, Obama non può dare segni di debolezza, giacché la decisione in questo caso “sarebbe difficile da vendere in casa propria”, ha aggiunto Safranchuk.
Secondo l’analista capo del Centro di analisi politica e militare Inegma a Dubai, Teodor Karasik, l’ipotesi di una rottura dei negoziati dipende da entrambi gli schieramenti. Egli ha infatti fatto notare come qualche giorno fa le due parti “avessero dimostrato alcune indecisioni, come pugili che devono ancora salire sul ring”.
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