La prima volta di Putin al Club Valdai

Al tavolo dei relatori del Forum Club Valdai, il Presidente russo Vladimir Putin è al centro, in ascolto dell'ex presidente del Consiglio italiano Romano Prodi, a destra, di spalle (Foto: Michael Klimentyev / Ria Novosti)

Al tavolo dei relatori del Forum Club Valdai, il Presidente russo Vladimir Putin è al centro, in ascolto dell'ex presidente del Consiglio italiano Romano Prodi, a destra, di spalle (Foto: Michael Klimentyev / Ria Novosti)

Il Presidente russo è stato ospite nell'ultimo giorno del forum degli intellettuali e ha parlato di Siria, opposizione, amministrative e della possibilità di ricandidarsi nel 2018

Il 19 settembre 2013 il Presidente russo Vladimir Putin ha chiuso i lavori della decima edizione del Club Valdai, il forum di dibattito internazionale dedicato al tema “Molteplicità della Russia per il mondo di oggi”. Il Presidente, nell’ultimo giorno del forum, ha illustrato le sue posizioni sulla situazione in Siria, sugli esiti delle elezioni regionali in Russia e ha per la prima volta ammesso la possibilità di una sua ricandidatura alle elezioni presidenziali.

Alle sessioni di dibattito hanno partecipato circa 200 esperti e giornalisti provenienti da Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Cina, ma l’evento principale è stato costituito dall’intervento del Presidente Putin.

Nei dieci anni di storia del Club Valdai era questa la prima volta che il leader russo incontrava i membri del Club Valdai in un regime di massima libertà per la stampa. Gran parte del suo intervento è stato dedicato al tema dell’autoderminazione nazionale russa. “Sempre più spesso nella nostra società risuonano le domande: Chi siamo?, Chi vogliamo essere?; domande che i russi e la Russia continuano a porsi. Abbiamo abbandonato l’ideologia sovietica. È evidente che senza conseguire un’identità spirituale, culturale e nazionale, non potremo mai rispondere alle sfide esterne ed interne e non riusciremo a progredire in un contesto di concorrenza globale”, ha dichiarato il capo dello Stato. 

Putin ha aspramente criticato le politiche che pongono sullo stesso piano i valori etici e la famiglia e le unioni tra persone dello stesso sesso. “La crisi che la società umana attraversa si rispecchia in primo luogo nella perdita della sua capacità di riprodursi”, ha spiegato.

Putin si è visto costretto ad ammettere la sua intenzione di rivestire la carica di Presidente ancora a lungo, forse anche oltre il 2018. “Non lo escludo”, ha detto in risposta alla domanda sollevata dal ministro francese François Fillon, presente all’incontro. Più tardi il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha definito la sua una risposta retorica, ma i politologi ritengono realistica l’eventualità di una sua partecipazione alle elezioni presidenziali del 2018. “Ritengo che si stia valutando davvero questa eventualità e non l’ho interpretata come uno scherzo”, ha affermato il politologo Evgenij Minchenko. Dello stesso avviso è anche il presidente dell’Istituto di strategia nazionale Mikhail Remizov. 

Gli esponenti dell’opposizione presenti al forum hanno rivolto a Putin una domanda sulla sorte delle persone coinvolte in procedimenti penali in seguito alle manifestazioni di massa avvenute a Mosca nel maggio 2012. A quanto sembra, il capo dello Stato non esclude la possibilità di un’amnistia per le parti coinvolte nel procedimento giudiziario, ma, come ha tenuto a sottolineare, solo dopo la conclusione di tutte le inchieste e dei procedimenti giudiziari in corso.   

Quanto alle elezioni dell’8 settembre 2013, Putin ha ammesso che in alcune zone del Paese potrebbero essere state commesse delle violazioni, dichiarando però che a Mosca le votazioni si sono svolte in modo corretto.

Gli esperti che hanno partecipato al forum non hanno potuto esimersi dal rivolgere al Presidente russo delle domande sulla questione siriana. Putin ha osservato che “la situazione attuale indurrebbe a ritenere che la Siria abbia accolto la proposta e sia pronta ad agire secondo il piano già praticamente messo a punto”, che potrebbe contemplare in futuro un rifiuto, da parte di Damasco, delle armi chimiche.

“La Siria ritiene di avere ormai aderito alla Convenzione sul divieto dell’uso di armi chimiche - ha spiegato Putin. – Non posso dire se si riuscirà ad arrivare fino in fondo, ma ciò a cui assistiamo ci induce a essere fiduciosi”.

Soffermandosi sulla questione del dissenso tra la Russia e l’Occidente riguardo alla crisi siriana, Putin ha puntualizzato: “Non facciamo che parlare di responsabilità del governo di Assad rispetto all’utilizzo delle armi chimiche. E se invece a essere responsabile fosse l’opposizione? Nessuno si esprime su questo punto, ma come ci comporteremmo allora con l’opposizione? Questa non è certo una domanda lieve. Vi sono motivi fondati per ritenere che si tratti di una provocazione”.

La maggior parte delle questioni nodali sono state dibattute dai partecipanti al forum dietro le quinte. In particolare, l’ex ministro delle Finanze della Federazione Russa, Alexei Kudrin, presidente del Comitato per le iniziative civili, ha dichiarato: “Se la crisi (economica) ci sarà, avrà ripercussioni anche politiche”. Tuttavia, si è astenuto dal fare pronostici sui tempi eventuali di questa crisi. Per scongiurarla, l’ex ministro ha inoltre esortato a creare in Russia un clima investitivo normale. “Dobbiamo lottare per favorire gli investimenti, innanzi tutto quelli russi”, ha spiegato.

Il ministro della Difesa della Federazione Russa, Sergei Shojgu, al Forum del Club Valdai ha ammesso di non conoscere le cause del recente incidente occorso al missile balistico Bulava e ha comunicato la sua volontà di ritirarsi in pensione tra due anni e l’intenzione di sviluppare le centrali idroelettriche siberiane.  

Come è stato sottolineato dagli esperti, nel corso delle conclusioni dei lavori del forum, il ruolo della Russia nel mondo è cresciuto e ciò è risultato evidente nel caso del conflitto siriano.

Sulla questione si è espresso il mufti di Mosca e della regione centrale della Russia, nonché rappresentante dell’amministrazione centrale spirituale dei musulmani di Russia, Albir Krganov. Al contempo, come ha sottolineato il presidente del Presidium del Consiglio sulla politica estera e di difesa, Fedor Lukyanov, “si assiste a un ritorno della grande diplomazia sulle principali questioni dei rapporti internazionali, incluse la guerra e la pace, ma non sul problema dei rapporti doganali e tariffari. Ricorrendo solo alla forza e alle pressioni non si risolve nulla. L’esperienza degli Stati Uniti, tuttora la maggiore potenza del mondo, dimostra che il ricorso alla forza, anche se riveste un ruolo importante, non porta comunque a risolvere le crisi internazionali. Né tantomeno a risolvere le crisi a favore dell’uno o dell’altro Paese”, conclude Lukyanov.

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