Nonostante la contrarietà della Russia, il presidente americano Barack Obama insiste per un intervento militare in Siria (Foto: Reuters)
Il vertice del G20 che si è svolto a San Pietroburgo ha dimostrato come i leader delle economie mondiali siano più inclini a raggiungere un accordo sulle questioni economiche globali che a superare l’impasse politica relativa alle possibili rappresaglie militari contro il governo siriano.
La comunità internazionale ha atteso con grande apprensione l’incontro tra il Presidente russo e quello americano. Nella conferenza stampa di chiusura dell’evento, tuttavia, il capo del Cremlino Vladimir Putin ha reso noto come, in realtà, nessun compromesso sia stato raggiunto.
Parlando del breve incontro con Obama, durato solamente 20 minuti, Putin ha detto che ognuno di loro è rimasto ancorato alle proprie posizioni. “C'è comunque dialogo tra di noi: ci ascoltiamo e comprendiamo le nostre rispettive argomentazioni”, ha dichiarato Putin.
Il Presidente russo ha ribadito la sua posizione, secondo cui il presunto attacco chimico a Damasco alla fine di agosto 2013 non sarebbe stato che “una provocazione” dei ribelli, i quali desiderano ricevere l’appoggio internazionale per rovesciare il leader siriano Bashar al Assad.
La Russia, alleato siriano di lunga data, sostiene e continuerà a sostenere Assad, anche qualora egli venga attaccato dalla coalizione militare guidata dagli Usa, ha detto Putin.
“Aiuteremo il governo siriano come stiamo facendo ora, con la fornitura di armi e collaborando nella sfera economica”, ha dichiarato davanti ai giornalisti.
Obama, che sostiene invece un intervento militare in Siria, anche bypassando l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha detto che il regime siriano costituisce una minaccia per il mondo e i Paesi vicini. “Se non reagiamo a questa violazione del diritto internazionale, gli Stati canaglia, i regimi autoritari e le organizzazioni terroristiche penseranno di poter usare armi chimiche di distruzione di massa senza poi pagarne le conseguenze”, ha avvertito.
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Il presidente degli Stati Uniti ha descritto la sua conversazione con Putin in termini più ottimisti, affermando di aver raggiunto un accordo sul fatto che la crisi vada risolta attraverso una transizione politica, così come previsto nel piano di Ginevra.
Tuttavia, alcune ore dopo il discorso di Obama, la Casa Bianca ha diffuso una dichiarazione, firmata da undici Paesi (Australia, Gran Bretagna, Canada, Francia, Italia, Giappone, Arabia Saudita, Corea del Sud, Spagna, Turchia e Stati Uniti), in cui si condanna con forza l’uso di armi chimiche, si riconosce il regime Assad come responsabile e si chiede una risposta forte. Più tardi la Germania ha reso noto che anche il suo leader, la cancelliera Angela Merkel, aveva firmato il documento.
Considerando il fatto che, in seno al G20, il gruppo di capi di Stato che si è riunito attorno a Obama nella condanna ad Assad supera l’opposizione capeggiata da Putin, le probabilità di un intervento aereo sono alte. Washington deve ancora comunque superare un ostacolo finale, ovvero la decisione del Congresso, che è stato chiamato a votare sulla necessità reale di un intervento militare.
Obama non ha rivelato che cosa farà qualora il Congresso voti contro la campagna militare.
Sullo sfondo delle tensioni diplomatiche, i membri del G20 si sono dimostrati di gran lunga più collaborativi per quanto riguarda la sfera economica e commerciale. Al vertice di San Pietroburgo, i leader mondiali si sono lasciati alle spalle le misure anti-crisi e d’emergenza che dominavano l’agenda del G20 dal 2009, per concentrarsi su tematiche più attuali quali la creazione di posti di lavoro, la lotta contro la corruzione e l’evasione fiscale, il recupero e la crescita economica.
Secondo il ministro russo delle Finanze, Anton Siluanov, l’attuale situazione economica mondiale è migliore rispetto a quella del 2012, pertanto il compito dei leader del G20, ora, è quello di garantire una crescita sostenibile delle economie mondiali. Tra le misure volte a stimolare l'economia, si è proposta la creazione di un quadro internazionale per contrastare l’elusione fiscale ed evitare così che le aziende eludano il pagamento delle tasse nei Paesi in cui operano. Si è deciso di elaborare un metodo congiunto in modo da poter attuare questo piano nei prossimi due anni.
I leader del G20 hanno anche discusso l’ordinamento finanziario e appoggiato l’idea di disciplinare le attività delle grandi banche, considerate “troppo grandi per fallire”. Attualmente in questa categoria rientrano 28 banche e 9 compagnie assicurative.
I leader del G20 hanno discusso misure strutturali sia a livello dei singoli Stati, per favorire lo sviluppo delle infrastrutture, l’elaborazione di una nuova legislazione e la creazione di posti di lavoro, sia a livello globale, per prevenire il protezionismo e promuovere il libero commercio.
Con la sua presidenza del G20, nel 2013, la Russia ha dimostrato l’importanza di incontri tra i ministri del Lavoro e delle Finanze finalizzati a conciliare le richieste del mondo del business e dei sindacati.
La Russia è anche il primo Paese ospitante del G20 ad aver istituito un meccanismo volto a controllare l’implementazione delle raccomandazioni adottate nella dichiarazione finale, ha dichiarato Aleksandr Shokhin, capo dell'Unione Russa degli industriali e degli imprenditori.
Il G20 per il lavoro e la lotta all'evasione fiscale
“Al vertice sono state firmate pile su pile di documenti. La maggior parte di questi documenti costituiscono impegni cosiddetti soft, che non prevedono obbligatoriamente di essere implementati. Tuttavia, più impegni rigorosi ci sono nella dichiarazione finale, meglio è”, ha detto Shokhin.
Il 6 settembre 2013 i membri del G20 hanno elaborato una dichiarazione di 114 punti, che affronta le questioni discusse e concordate nel corso dell’evento. Il prossimo vertice del G20, previsto per novembre 2014 nella città di Brisbane (Australia), sarà dedicato a “portare avanti gli impegni esistenti e a considerare ulteriori azioni che il G20 possa intraprendere nella lotta globale contro la corruzione”.
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