La Russia scongiura l'intervento in Siria

Secondo gli esperti russi, il vero scopo del possibile attacco da parte degli Stati Uniti in Siria servirebbe per indebolire le forze armate del governo locale e consentire la vittoria dell'opposizione armata (Foto: Reuters / Bassam Khabieh)

Secondo gli esperti russi, il vero scopo del possibile attacco da parte degli Stati Uniti in Siria servirebbe per indebolire le forze armate del governo locale e consentire la vittoria dell'opposizione armata (Foto: Reuters / Bassam Khabieh)

Si alza il “no” di Mosca davanti al possibile attacco da parte degli Stati Uniti. E mentre gli esperti denunciano il rischio di gravi errori strategici e il peggioramento della situazione, la Federazione lavora su più fronti per evitare i bombardamenti

È probabile che da un momento all'altro gli Stati Uniti e i loro alleati diano il via ai bombardamenti in Siria. Gli esperti russi ritengono che il vero scopo non sia l'eliminazione del potenziale chimico, quanto piuttosto l'indebolimento delle forze armate del governo per consentire la vittoria dell'opposizione armata. Fanno anche notare che Mosca molto probabilmente non farà più in tempo a fornire armi a Damasco e si dovrà concentrare sull'appoggio diplomatico e sulla contro-informazione.

“L'azione militare sarà simile all'operazione in codice El Dorado Canyon, lanciata nel 1986 contro Muammar Gheddafi. Non sarà né troppo lunga, né troppo costosa”, prevede Sergei Demidenko, esperto dell'Istituto di valutazioni strategiche e analisi. Demidenko è certo che l'Occidente non vorrà prolungare l'operazione aerea e tanto meno rischiare con un’incursione di terra in Siria, perché i costi sarebbero troppo elevati.

Secondo Demidenko, gli Stati Uniti non vogliono intromettersi nel conflitto siriano perché è una guerra che non li riguarda: sono l'Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia che li vogliono coinvolgere. Per questi Paesi, il rovesciamento del regime di Bashar al-Assad è diventata una questione di principio, ma da soli non hanno forze sufficienti per raggiungere il loro obiettivo.

Sorge un dubbio: cosa ne sarà degli obiettivi siriani che corrispondono agli stabilimenti di produzione e ai depositi di armi chimiche se l'operazione militare in Siria avrà lo scopo di prevenire l'uso di armi chimiche in futuro? “Non si parla di bombardare i depositi o gli stabilimenti di produzione di armi chimiche. Se si sferrasse un attacco contro un deposito di armi chimiche, il risultato sarebbe di gran lunga peggiore di quello dell'ultimo attacco nei dintorni di Damasco”, spiega un esperto del Centro di ricerca politica della Russia, Andrei Baklizkij. Secondo Baklizkij, verranno attaccati gli obiettivi che appartengono all'esercito: i punti di comando e le linee di comunicazione.

Anche il politologo Sergei Markov ritiene che in un certo senso le truppe occidentali in Siria saranno una sorta di mercenari, al servizio delle monarchie arabe.

“È opinione diffusa che il braccio esecutivo degli Stati Uniti in Siria siano Francia e Regno Unito. In realtà, mi pare vero il contrario: sono piuttosto Parigi e Londra a decidere, mentre Washington li segue, in alcuni casi opponendo resistenza. La situazione è simile al caso della Libia. D'altra parte, se la Francia aveva interessi mercantili in Libia (ottenere il controllo dei giacimenti petroliferi), nel caso della Siria credo si tratti di pura subornazione del governo inglese e francese da parte di Arabia Saudita e Qatar. Le tangenti si pagano allo Stato, sotto forma di contratti, ma anche ai singoli individui”.

Inoltre, i Paesi occidentali in Siria, cercando di ottenere vantaggi tattici, commettono grandi errori strategici, osserva Markov. “Purtroppo siamo costretti a vivere in un mondo in cui il caos aumenta di continuo e aumenta anche l'uso della forza militare”, afferma il politologo. I nostri partner a Washington, Londra e Parigi commettono gli errori più grossolani e vanno contro i propri interessi”. Markov invita a fare mente locale: “Cosa hanno ottenuto gli Stati Uniti dalla guerra in Iraq? Niente. Cosa hanno ottenuto dal rovesciamento di Mubarak? Ci hanno solo rimesso. E dal rovesciamento di Gheddafi? Un ambasciatore fatto a pezzi?”

Vista l'attuale situazione, la domanda sorge spontanea: cosa può fare Mosca nei giorni o nelle settimane che mancano all'intervento militare? Gli esperti ritengono che si possa solo continuare la politica adottata in campo diplomatico e d'informazione, rivolgendosi non più tanto ai governi, quanto all'opinione pubblica occidentale.

“La Russia deve concentrarsi sulla missione degli ispettori Onu. I risultati del lavoro svolto dagli ispettori potranno fornire la giustificazione per un intervento armato in Siria, oppure l'opportunità di levare un grido di protesta”, afferma Sergei Markov. Dobbiamo poi condurre un'accanita campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica mondiale, visto che la stragrande maggioranza dei cittadini in Occidente è malinformata: da mattina a sera gli viene ripetuto che Bashar al-Assad ha utilizzato armi chimiche. Noi dobbiamo testimoniare, in forma orale e scritta, che si tratta di una palese provocazione e che l'attacco chimico è stato sferrato dall'opposizione”.

Alcuni politici russi ritengono che Mosca non debba limitarsi solo agli sforzi diplomatici. Il leader del partito liberal-democratico Vladimir Zhirinovsky, ad esempio, ha esortato a inviare immediatamente massicce quantità di armi in Siria.

In effetti, spedizioni urgenti di missili antinave e sistemi di difesa contraerea possono teoricamente ritardare o far saltare l'intervento militare in Siria. In primo luogo, la Russia potrebbe rafforzare i sistemi Yachont di missili da crociera antinave già installati in Siria, che hanno un raggio d'azione di circa 400 chilometri e possono ostacolare le operazioni della flotta degli alleati. Per quanto riguarda i sistemi di difesa contraerea aggiuntivi, secondo gli esperti i siriani non riusciranno al allestirli prima dell'attacco e richiedere l'intervento dell'esercito russo equivarrebbe per questi ultimi a entrare in guerra schierandosi con Damasco. Inoltre va considerato che invitare aiuti militari d'emergenza porterebbe a un ulteriore inasprimento dei rapporti con l'Occidente.

D'altra parte, finché non cominciano i bombardamenti, resta la speranza che prevalga il buon senso. Il Presidente Barack Obama e David Cameron devono ancora ricevere l'appoggio dei rispettivi parlamenti. Inoltre, al vertice di San Pietroburgo, Vladimir Putin cercherà molto probabilmente di spiegare un'ultima volta agli “amici della Siria” la pericolosità dei loro piani.

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