Bagno di sangue in Egitto, dove gli scontri hanno fatto centinaia e centinaia di vittime (Foto: Reuters)
La situazione in Egitto sta degenerando, e il Ministero degli Affari Esteri della Federazione ha esortato i connazionali a evitare viaggi nel Paese nordafricano. La protezione civile ha inoltre fatto sapere di essere pronta ad evacuare i cittadini russi che si trovano attualmente in Egitto, non appena riceverà l’ordine di intervenire.
Stando agli ultimi dati, durante la repressione delle proteste antigovernative al Cairo e in altre città, sono morte più di 500 persone. In Egitto è stato dichiarato lo stato di emergenza e in 11 provincie è entrato in vigore il coprifuoco.
I recenti scontri verificatisi al Cairo e in tutto il Paese hanno avuto proporzioni e violenza tali da far temere l’inizio di una vera e propria guerra civile. Gli esperti russi, pur ammettendo che il rischio di un tale scenario sia effettivamente molto alto, fanno affidamento sulla saggezza dei vertici egiziani e sulla loro capacità di trovare un accordo in estremo.
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Dove sta andando l'Egitto? |
Marina Sapronova, ordinaria della cattedra di orientalistica dell’Università statale di Mosca per le relazioni internazionali (Mgimo), ritiene che gli avvenimenti degli ultimi giorni non facciano sperare in una soluzione a breve termine del conflitto. “La situazione è estremamente complicata, il Paese è enorme e la società è spaccata”, ha dichiarato.
Tuttavia la studiosa è convinta che in Egitto non si arriverà alla guerra civile: “Uno scenario come quello della Libia o della Siria in Egitto è impensabile. Innanzitutto perché il potenziale sovversivo è molto inferiore. Agli insorti egiziani manca inoltre il supporto esterno. Nessuna delle forze interne ha interesse a destabilizzare il Paese”.
La professoressa Sapronova ritiene che l’Egitto tornerà infine al vecchio sistema, visto che le forze politiche reali del Paese sono di fatto soltanto tre: gli islamisti, i rappresentanti del vecchio regime e l’esercito. “Tutto viene deciso dal consesso di queste tre forze. Non esistono altre forze in grado di influenzare la situazione”, ha spiegato la docente.
Il ruolo decisivo spetta all’esercito. “In tempi abbastanza brevi si dovrebbe arrivare a un piano per una regolazione politica del conflitto, una sorta di mappa, elaborata dai vertici militari. Verrà modificata la Costituzione per ciò che riguarda i poteri del presidente, che verranno ridotti, mentre verrà accresciuto il potere delle forze armate. La nuova Costituzione sarà alla base del nuovo corso politico, verrà formato un governo, ci saranno le elezioni”, questa la previsione della Sapronova.
La studiosa ha inoltre affermato che la soluzione della crisi egiziana dipenderà anche dai provvedimenti che i vertici sapranno attuare per risolvere i problemi economici. “In questo senso un ruolo importante potrebbe essere rivestito anche da elementi esterni, come ad esempio l’Arabia Saudita”, ha concluso.
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L'oriente arabo rischia un'altra ondata di rivoluzioni |
Grigory Kosach, professore dell’Università Statale di Discipline Umanistiche, ritiene che gli ultimi sviluppi della crisi egiziana non siano altro che il secondo e conclusivo atto di un colpo di stato: “Nel Paese convivevano ormai due centri di potere, e c’era da aspettarsi che prima o poi uno dei due avrebbe tentato di eliminare l’altro”. Lo studioso avverte inoltre che in Egitto esistono diversi presupposti per una guerra civile: “In questo momento si sta cercando di escludere i Fratelli Musulmani dal processo politico. Questo porterà a una radicalizzazione del movimento che sarà costretto alla clandestinità con tutte le conseguenze che ne verranno. Il conflitto si giocherà tra gli estremisti musulmani ridotti all’illegalità e i vertici del potere”.
Kosach ritiene inoltre che la recente ondata di violenza porterà a una spaccatura all’interno delle stesse forze armate, dal momento che esistono sicuramente cellule islamiste sia all’interno dell’esercito, che della polizia, che dei servizi segreti. Senza dubbio ci saranno elementi che passeranno dalla parte dei Fratelli Musulmani. Il docente sostiene che un ulteriore fattore di inasprimento della crisi è l’assoluta mancanza di stabilità delle autorità egiziane attualmente esistenti. “Nel governo erano presenti opinioni molto discordanti su come comportarsi con gli insorti, come dimostrano le dimissioni del ministro El Baradei. Altri personaggi politici potrebbero seguire il suo esempio”, ha detto il professore.
A proposito del futuro politico dell’Egitto, Kosach ha sottolineato che se persisterà il contesto di debolezza delle autorità amministrative civili, l’esercito potrebbe arrivare a instaurare una dittatura, anche se per un periodo relativamente breve, dato che si troverebbe contro l’opinione pubblica del mondo intero. “I generali non vogliono perdere il sostegno dell’estero. Quindi si troveranno costretti a stabilire un governo parlamentare e a scrivere una nuova Costituzione”, ha spiegato.
Vasily Kuznetsov, docente della facoltà di politica globale dell’Università statale di Mosca, nell’intervista rilasciata ai microfoni di Russia Oggi, ha dichiarato che in Egitto c’è da “aspettarsi l’inizio di un lungo periodo di violenza politica” come avvenne in Algeria negli anni ‘90, piuttosto che una guerra civile come quella in atto in Siria.
I fattori che destabilizzano la situazione secondo Kuznetsov sono diversi. In primo luogo, la società egiziana è spaccata in due parti più o meno uguali. Secondariamente, ci sono pesanti problemi economici che è impossibile risolvere nel breve periodo. Il terzo fattore è la presenza massiccia di armi in mano alla popolazione, e il continuo afflusso di guerriglieri da Siria e Libia.
“Ci sono due possibili scenari di sviluppo della situazione. Uno è quello in cui i vertici politici, dimostrando maggiore saggezza della popolazione, trovano un compromesso e riappacificano le masse. Questo però può verificarsi solo quando la popolazione non è armata. Il secondo scenario è invece quello del conflitto armato”, afferma Kuznetsov.
Come ha fatto notare l’esperto, per risolvere il conflitto i militari dovrebbero prima di tutto togliere le armi alla popolazione e cercare di trovare un accordo con i Fratelli Musulmani. “Bisognerebbe poi creare un governo tecnico. Ed evitare qualsiasi tipo di democrazia parlamentare per i prossimi due anni. Le autorità non devono restare in balia della piazza. Si potrebbe inoltre creare un organo consultivo con la partecipazione delle correnti islamiste. E sarebbe opportuno coinvolgere anche la diaspora egiziana all’estero”, ha concluso Kuznetsov.
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