Il leader iraniano Hassan Rohani, vincitore delle elezioni presidenziali nel Paese (Foto: Hassan Rohani)
Il 14 giugno 2013 si sono svolte le elezioni presidenziali in Iran. È stato il conservatore moderato Hassan Rohani ad aver vinto al primo turno. Nonostante le previsioni di molti analisti russi, le votazioni sono state caratterizzate da un alto tasso di affluenza. La vittoria, dovuta in gran parte al sostegno di Mohammad Khatami e Ali Akbar Hachemi Rafsandjani, lascia intravedere cambiamenti importanti nella politica interna ed estera del Paese.
Non si può escludere, però, che si stia sopravvalutando situazione: compromessi tra l’Iran e l’Occidente, in particolar modo in materia di nucleare, sembrano essere possibili. Per questo, ad esempio, potrebbe essere sufficiente sospendere il processo di arricchimento dell’uranio in cambio di un alleggerimento delle sanzioni da parte dell’Unione Europea. Tuttavia il programma nucleare iraniano è direttamente controllato dal leader spirituale del Paese, l'ayatollah Ali Khamenei, che nomina il direttore del gruppo di negoziatori con i sei mediatori internazionali per risolvere la crisi nucleare iraniana. A svolgere questa funzione è Said Jalili, segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale e, a quanto pare, sarà difficile trovare un vero compromesso con l’Occidente.
Sarebbe un po’ ingenuo comunque aspettarsi risultati rapidi da Hassan Rohani. Il suo insediamento si terrà ad agosto 2013, e il futuro Consiglio dei Ministri sarà approvato solamente tra qualche mese. Il nuovo governo, quindi, inizierà a lavorare non prima della fine del 2013.
L’unica cosa possibile è prendere atto della volontà dell’Iran di evitare tensioni inutili con l’Occidente e le monarchie arabe. Ma questa politica è ben lontana dall’essere sostenuta dal resto del Paese.
Questa situazione interessa anche le relazioni tra la Russia e l’Iran. Relazioni che in questo periodo vivono un momento di grande incertezza.
L’Iran in realtà sembra essere alla ricerca di compromessi: compromessi che in Occidente sono visti come semplici concessioni, in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Gli iraniani sono comunque troppo fieri per accettare certi tipi di accordi. Inoltre, la possibilità per l’Occidente di ridurre le esportazioni di petrolio sono pressoché inesistenti, a causa del rifiuto da parte di Cina, India, Giappone, Corea del Sud e Turchia. Il budget dell’Iran inoltre dipende più da altre forme di reddito.
Non c’è alcun dubbio che i rapporti tra la Russia e l’Iran dipendano fortemente dalla cooperazione dei due Paesi con Washington. Tuttavia se l’Iran arrivasse a ottenere dei compromessi con l’Occidente e la Russia non trovasse un terreno comune sul problema della difesa missilistica, ogni negoziato sulla riduzione degli arsenali diventerebbe impossibile.
La cooperazione tra l’Iran e la Federazione, già resa difficile dall’accordo “anti-iraniano Gore-Tchernomyrdine” della metà degli anni Novanta, potrebbe complicarsi ulteriormente.
L’Iran non ha ancora perdonato alla Russia il suo rifiuto di fornire un sistema di missili terra-aria S-300. Le attuali autorità iraniane hanno inoltre sollevato a Mosca diversi problemi, per esempio il fatto di non aver assunto i propri obblighi nel settore nucleare. Da qui la nascita di una partnership “sospetta” tra le due nazioni.
Al giorno d’oggi risulta particolarmente difficile prevedere come si svilupperanno le relazioni tra la Russia e l’Iran, anche a breve termine. La loro fragilità è evidente a causa dei risultati delle elezioni presidenziali in Iran, ma anche a causa del basso volume delle relazioni commerciali ed economiche tra i due Paesi e i diversi interessi in Afghanistan, in Siria e in molti altri Paesi.
Vladimir Evseev è direttore del Centro di Studi socio-politici
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