Dopo lo scandalo della carne equina in Ue e Russia aumentano i controlli a tutela dei consumatori (Foto: Itar-Tass)
Il 6 maggio 2013 Tonio Borg, commissario dell’Ue per la Salute e la politica dei consumatori, ha reso noto un pacchetto di provvedimenti volti a migliorare gli standard di sanità e di sicurezza dell’intera catena agroalimentare.
All’inizio del 2013 in Europa è scoppiato il cosiddetto “scandalo della carne”, quando negli hamburger venduti da AhooraMas in Spagna e da Silvercrest Foods in Irlanda è stata accertata la presenza di carne equina. Ad aprile 2013 la Commissione Europea ha annunciato che il cinque per cento di tutta la carne consumata nell’Ue altro non è che carne di cavallo di bassa qualità.
In seguito a un’indagine su vasta scala, carne di cavallo etichettata come bovina è stata scoperta anche in prodotti commercializzati da aziende francesi, tedesche, svedesi e di altri Paesi ancora. Complessivamente, lo scandalo della carne ha coinvolto 27 Paesi, compresa la Russia, dove la carne equina è stata identificata non soltanto in prodotti di importazione, ma anche in salsicce di produzione nazionale.
Gli esperti russi credono che, seppur con qualche riserva, l’Ue abbia così ammesso l’inadeguatezza dei suoi sistemi di sicurezza alimentare. “La Commissione Europea ha riconosciuto di non disporre di un sistema che consenta il controllo degli alimenti a partire dagli ingredienti di base fino alla vendita del prodotto lavorato finito”, ha detto German Zverev, responsabile della commissione per la pesca e l’acquicoltura del Sindacato russo degli industriali e degli imprenditori.
In precedenza, alcune fonti dell’osservatorio veterinario russo più volte avevano spiegato che la loro mancanza di fiducia nei certificati europei nasceva proprio da questo problema. “L’etichettatura inaffidabile di alcuni prodotti è soltanto la punta dell’iceberg. La più grave omissione delle leggi europee è che i produttori possono utilizzare ingredienti di base di origine sconosciuta”, ha spiegato Alexei Alexeyenko, portavoce dell’organizzazione russa di controllo veterinario Rosselkhoznadzor. Gli esperti di questa associazione di vigilanza seguono da vicino i provvedimenti presi dalle più importanti agenzie dell’Ue, ha continuato. “Dobbiamo mettere in piedi un sistema funzionale che renda possibile verificare e documentare l’intera filiera di un alimento, dai campi alla tavola dei consumatori. Problemi di questo tipo esistono non soltanto in Europa, ma anche negli Stati Uniti. In tali circostanze, dovremo essere quanto più pragmatici possibile, e ispirarci ai provvedimenti migliori di ciascun sistema”, ha concluso.
Dal canto suo il vice direttore di Rosselkhoznadzor, Nikolai Vlasov, ha proposto di introdurre una certificazione veterinaria elettronica dei fornitori e dei produttori: tale sistema renderebbe possibile non soltanto monitorare da vicino l’intera catena agroalimentare, ma anche controllare l’origine degli ingredienti, oltre a fondere sinergicamente i servizi veterinari federali e regionali (che attualmente sono sotto la supervisione di governatori regionali).
“Per il momento è difficile dire in che modo gli europei realizzeranno tutto ciò. Per noi è abbastanza semplice convertire i documenti veterinari in formato elettronico, così che ogni controllore o consumatore possa accertare di persona dove è stata acquistata la carne presente nelle lasagne o dove è stato pescato un determinato pesce, in quali acque e da qualche peschereccio. L’Ue dovrà riuscire a mettere a punto un meccanismo simile, e in effetti potrebbe benissimo decidere di installare un sistema elettronico, dato che ha già avuto modo di rendersi conto che il suo sistema, basato su pesanti sanzioni, non funziona”, ha dichiarato il capo del Sindacato russo per la pesca Sergei Gudkov.
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