Mosca e la situazione critica in Corea

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Pyongyang ha annunciato lo stato di guerra con la Corea del Sud. La Russia segue la situazione con apprensione

Durante la notte tra il 29 e il 30 marzo 2013 la situazione sulla penisola coreana si è decisamente surriscaldata. Pyongyang ha annunciato lo stato di guerra con la Corea del Sud. Gli esperti ritengono che l’annuncio sia arrivato in conseguenza delle esercitazioni militari congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud, che si sono svolte vicino al confine con la Corea del Nord e sperano che la situazione non degeneri in azioni militari vere e proprie.

La Russia, che condivide con la Corea del Nord un confine terrestre di 17 chilometri, segue gli sviluppi con estrema apprensione.

Secondo quanto fatto sapere dalle agenzie di stampa occidentali, la Corea del Nord ha dichiarato di trovarsi già in stato di guerra con la Corea del Sud e di essere  pronta a reagire alle provocazioni messe in atto da Washington e Seul, senza escludere l’eventualità di vedersi costretta a ricorrere agli armamenti nucleari.

Gli esperti tuttavia ci tengono a precisare che si tratta per ora di minacce di natura politica e non dell’inizio effettivo di attività belliche. “Personalmente ritengo che l’annuncio non debba essere valutato come una vera dichiarazione di guerra. Indica piuttosto che Pyongyang da parte sua considera, a partire da oggi, infranti gli accordi di tregua. Non si parla dell’intenzione di dare il via a un’azione bellica, ma della determinazione a intraprenderla come risposta ad eventuali provocazioni”. Questa è l’opinione di Aleksandr Vorontsov, capo del Dipartimento di studi sulla Corea e sulla Mongolia dell’Istituto di Orientalistica dell’Accademia Russa delle Scienze.

Tuttavia Vorontsov sottolinea anche che è la prima volta che le dichiarazioni di ostilità si spingono fino a questi livelli. L’ultima volta che si è raggiunta una tensione paragonabile a quella degli ultimi giorni è stata negli anni ’60, quando la Corea del Nord catturò una nave militare americana nelle proprie acque territoriali. All’epoca si riuscì a risolvere il contenzioso per via diplomatica, ma ci volle un anno intero, come ricorda il rappresentante dell’Accademia delle Scienze.

Il peggiore degli scenari possibili sarebbe invece l’escalation di un conflitto armato in piena regola, dagli sviluppi imprevedibili. “Non ci sono garanzie che si riesca a neutralizzare il conflitto a livello locale impedendone l’allargamento”, continua Vorontsov, sottolineando che in questo caso anche il confine russo con la Corea del Nord, una striscia di terra di 17 chilometri di lunghezza, si troverebbe minacciato. 

Tutta la regione del Primorskij Kraj (l’estremità orientale della Siberia di fronte al Giappone, che confina a Sud con la penisola coreana) si troverebbe in una situazione di serio rischio. Prima di tutto il rischio di una catastrofe ecologica, visto che vicino al confine settentrionale, come a quello meridionale, della Corea del Nord si trovano dislocati 30 reattori nucleari, in grado di scatenare una potenza pari a “10 Chernobyl e Fukushima”, avverte Vorontsov. Il flusso di rifugiati si riverserebbe prima sulla Cina per poi arrivare in Russia.

“Spero che il buon senso predomini e che la Corea del Nord non arrivi a lanciare il primo colpo se non ci saranno chiare provocazioni, anche se si è parlato della possibilità di un attacco preventivo. Seul e Washington  stanno affrontando la situazione in modo responsabile e mi auguro che non arrivino a superare i limiti di allerta”, conclude Vorontsov.

Alexei Chesnakov, direttore del Centro per lo Studio delle Congiunture politiche, fa notare che nei prossimi giorni dovrebbe già essere chiaro se il conflitto va verso un inasprimento, che avrebbe conseguenze tragiche, o se invece la Corea del Nord riuscirà a trovare delle soluzioni alternative.

“In ogni caso questa volta non sarà possibile mettere da parte i problemi tanto facilmente, e non saranno solo le due Coree ad avere la responsabilità della questione coreana, ma tutte le potenze che prendono parte al processo di mediazione su sei fronti”, ha detto il politologo.

Secondo Chesnakov la Russia, da parte sua, farebbe bene a inserirsi per tempo nel processo di allentamento delle tensioni.

Alexei Pushkov, capo della Commissione Parlamentare per gli Affari esteri, afferma che la miccia che ha infiammato le dichiarazioni del governo della Corea del Nord sia da ricercare nelle esercitazioni militari che la Corea del Sud ha organizzato di recente insieme alle forze armate statunitensi presso il confine col suo vicino settentrionale.

Pushkov ritiene, inoltre, che le dichiarazioni del governo di Pyongyang siano soprattutto un segnale per gli Usa. “Hanno tratto una lezione molto utile dalla guerra in Iraq, quando Saddam Hussein si è trovato impreparato e non è riuscito a rispondere all’attacco colpendo il territorio nemico. La Corea del Nord con le sue minacce rivolte agli Usa, alle basi americane e ai loro alleati, sta avvertendo l’America che non le permetterà di comportarsi come ha fatto con l’Iraq: non ci toccate o noi non risponderemo delle conseguenze. E il potenziale per reagire, la Corea ce l’ha”, ha continuato il deputato.

E anche se la comunità internazionale considera le dichiarazioni coreane come un attacco isterico, il governo di Pyongyang è riuscito ad ottenere quello che voleva: gli Usa hanno preso tali dichiarazioni sul serio, secondo Pushkov. Adesso l’America dovrà tenere conto delle presa di posizione di Pyongyang prima di decidere come andare avanti.

“La Russia segue gli sviluppi della situazione con grande apprensione. Una cosa è lanciare un messaggio o esercitare pressioni politiche, ma pensare di risolvere la situazione facendo ricorso alle armi è assurdo e inaccettabile”, ha concluso il capo della Commissione Parlamentare per gli Affari esteri.

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